CARMEN
YÁÑEZ
Senza
Ritorno
Quaderni
della Fenice – Guanda editore
Anna Vincitorio,
collaboratrice di Lèucade
“Si
sazia il mare del suo vivaio blu e come
una
balena in calore si ribella fino a rompere
i suoi
argini?…
Si
placa, si concede una tregua e torna con le sue
onde
dolci a lambire le ferite che ha lasciato aperte”.
Asturie
– Spagna settentrionale sull’Atlantico. Gijon – paesaggio spoglio, duro, come
può esserlo solo il ricordo del paese perduto.
I
piedi sono ancora agganciati al Cile della ormai lontana giovinezza.
L’esilio
è una situazione crudele che il tempo non lenisce. È la morte di una realtà
d’amore, di fame, di tortura, di orrori. Ma è soprattutto realtà
d’appartenenza.
Gli
esiliati vivono più vite in paesi, realtà diverse, ma restano
indissolubilmente
uniti tra loro. È stato apolide per lunghissimi anni Luìs Sepulveda. Condizione
che lo ha tenuto fortemente legato alla sua Carmen anche dopo il distacco
forzoso nel 1971. Si sono ritrovati e l’amore, mai sopito, li ha tenuti uniti
per sempre.
“Buona
notte, amore mio”. Le sue ultime parole.
Ho
davanti agli occhi Senza Ritorno; è un libro intenso di scrittura di chi
ha sentito la necessità di scolpire i ricordi, il dolore, con la parola. Parola
necessaria a volte scabra, sanguigna. Esilio e lontananza da una passata realtà
che attraversi col ricordo. Realtà trasparente nella sua crudezza. Una crudezza
che rivive nella “tristezza di una estate decadente,/ la morte di una rosa
condannata./ Un silenzio pattuito,/ Tra vivere e morire era la scelta,
abbracciare la volontà del sale…/ Era la tristezza una sorta di echi spezzati”.
Compostezza
nella stesura del verso. L’essenzialità rende le parole
lapidarie,
nella perdita di una irrinunciabile parte della sua vita e di un popolo. “Gli
uomini fecero la guerra/ Si uccidevano per un nonnulla,/ loro./ Spopolavano le
regioni/ costruite nei nidi della terra/ Portavano il fuoco e le ceneri, loro./
E noi aspettavamo…” La terra è importante; in lei ogni inizio e da lei sono
nati gli uomini e gli uomini inventarono la guerra perdendo l’ancestrale innocenza.
La guerra distrugge. Gli sconfitti hanno vita grama ma sono loro che insegnano
“a riporre la spada e consolare il bambino”. Vivo in Carmen, quanto ha visto e
sofferto nella Villa Grimaldi: luogo di torture, di abusi, di morte: “il dolore
atroce di un grido nella notte,/ smarriti nell’ombra ermetica dell’assassino”.
C’è una poesia, Farfalle eteree – sono donne che hanno vissuto la vita
breve delle farfalle. “Cecilia nel blu, Carmen la ricerca. Dove gli ultimi
passi di Reinalda? Cosa ne è stato del bambino che portavi in grembo,
farfalla?… Che retrogusto amaro aveva il sale/ della tua ferita da proiettile
Elisabeth?… Mi dicono che ormai ora di dimenticarti,/ che di questo passo
esaurirà le lacrime/ Ma come dimenticarti Michelle!…:/ Vado incontro alla vita
e inciampo inevitabilmente nella tua morte, bambina./ Bambina, tutta/ con il
tuo eterno grembo abusato”.
Sono
poesie che vanno dritte al cuore per la loro durezza. Ma Carmen che Luìs
chiamava la sua Pelusa, ha scritto questi versi di denuncia con negli occhi la
visione del randello e del corvo[1].
Ha
tuttavia Carmen col suo Lucho, costruito una vita intensa per l’amore che li ha
legati fino alla morte, amara perché ricolma di passi perduti di “segni che
lasciammo un tempo sulla pietra,/ l’albero, la parete vicino al cuore?”. Cosa
appaga la lontananza da un passato in cui tutto fu perduto? Il mare. Domina
l’acqua. L’acqua è vita che scorre e può lambire le ferite mai chiuse. Carmen
si domanda: y donde perdi el poema, donde?”
“Le
parole non vogliono venire alla luce e nude/ nell’ombra si godano l’ellissi/
Accidenti alla repubblica senile dell’oblio!”. Compagna dei suoi versi la
nostalgia. Il Cile è nel cuore. Rivede con gli occhi del ricordo un cortile,
una vita selvatica, un uomo che parla col suo cane “il cane piscia e caga
nell’angolo/ e lì resterà impressa la sua immagine”. La piazza del quartiere
piena di liceali. Strade, ancora piazze che un giorno ti appartenevano. “Qui la
nostalgia si raggomitola come un gatto/ al calduccio di queste parole”. Ma tutto
ciò che lei credeva suo non c’è più. La nazione usurpata, le morti… “Mi lasciai
alle spalle tutti gli inni/ e m’incamminai scalza per i canali/ apolidi”. E
tutto per un amore tanto forte da poter sopportare un lontano addio.
Come
tutti gli autentici artisti, Carmen è sensibile alla bellezza. Una bellezza che
è acqua che scorre tra i sassi e il muschio. Il fiume (quello di Eraclito?)
“che precipita in cascate/ sul palato della terra assetata./ Torrenziale la
pioggia/ che spegne le braci della morte./…” Dunque, nell’acqua morire per poi
rivivere eternamente. Un cammino arduo che attraverso la morte conduce alla
vita. Ma per vivere o rivivere in una realtà diversa e lontana, deve vincere la
paura: “le pareti che mi nascondono,/ il telo oscuro che mi copre,/ il bustino
che m’imprigiona”.
La
salvezza del poeta è la scrittura e leggere piano, piano, i versi sotto la luce.
La vita è destinata a concludersi ma le parole del poeta resteranno e saranno
luce nel buio dell’esistenza.
“Ignoranti
della luce che circondava l’innocenza/ eravamo così felici amore mio,/ con il
calore delle nostre mani unite/ attraversando tutte le strade/ e ridendo degli
ostacoli di pietra o grandine/ che volevano fermare quella nostra corsa/
irresponsabile di felicità./ Eravamo così felici/ e non ci accorgevamo della
dimensione della vita…” L’amore sopravvive alla morte e i ricordi in noi. Mia
cara Carmen Yáñez nel tuo Senza Ritorno ti accompagni anche la voce di
Pablo Neruda: “continente di anfore che cantano/ le ha sempre fatte il popolo./
Ho sempre voluto che nella poesia/ si vedessero le mani dell’uomo/ una poesia
di pane perché potessero mangiarlo tutti./ Poesia che deve passare di mano in
mano/ reca cicatrici sul volto allegro e amaro…/ Se l’amore è come il vino/ sei
tu la mia predilezione dalle mani sino ai piedi…”. Per lui il ritorno c’è stato
ancora in vita a Isla Negra dove il mare inventa la poesia e dove il cavallo
blu scodato della sua infanzia (la cosa di era bruciata in un incendio), è
custodito. Il poeta dal cuore bambino chiese una coda e gliene fecero tre.
Tutte conservate.
I
poeti si comprendono tra loro e vivono rivivendo le loro realtà anche se
remote nella sacralità dei ricordi.
Anna Vincitorio
20 gennaio 2021 – Firenze
[1] Coltello ricurvo simile alla roncola e tipico cileno – arma in dotazione dell’esercito nazionale.vo simile alla roncola e tipico cileno – arma in dotazione dell’esercito nazionale.
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