Loredana D’Alfonso su “Il sentiero del mare” di Maria Rizzi
Loredana D'Alfonso,
collaboratrice di Lèucade
“Il
sentiero del mare” è il secondo romanzo giallo della trilogia scritta da Maria
Rizzi, che si chiude con “Il mare invisibile”. Questa seconda, ottima Opera
dell’Autrice, edita dalla Pegasus Edizioni nel 2016, riparte dal finale di
“Anime graffiate”, prima prova dell’Autrice come giallista, con la quale si è guadagnata
il prestigioso Premio “Garfagnana in giallo”.
Con “Il
sentiero del mare” la scrittrice, ancora una volta, sa condurci per mano dagli
abissi fino alle stelle con la sua capacità di scandagliare in profondità l’animo umano.
Il
commissario Segni, protagonista del primo romanzo, è diventato ispettore e non
è più “d’azione”, avendo subìto un trapianto cardiaco, ma conserva il carisma e
l’intuizione dei grandi investigatori.
Più
volte, nel corso delle presentazioni di “Anime graffiate”, l’Autrice ha
affermato che l’amato commissario, onesto,
infaticabile, capace di portare sulle spalle il mondo, assomiglia molto a Maria
Rizzi.
Questo
non deve sorprendere, i giallisti, alla pari di altri scrittori, amano le loro
creature a tal punto da generarle trasmettendo loro un tratto ereditario.
Nel
corso della storia il protagonista ci prende la mano, va da solo, ci sorprende,
non ci appartiene più, ma è del lettore che, a sua volta, ne dà una sua
personale interpretazione.
In
quest’Opera Segni è l’anima del distretto di polizia, che Maria dipinge come
una comunità affiatata, dove si condividono rispetto reciproco, lavoro di squadra, complicità, dove le
“vecchie volpi” di Segni, Tanzi, Del Noce hanno imparato “l’arte di resistere”.
Il
protagonista maschile è il commissario Severi.
“I colleghi sono al corrente della sua
situazione familiare. L’uomo è sposato da alcuni anni con una donna affetta da seri problemi
psichici”.
Il
commissario si è arreso a “trascorrere i fine settimana nell’alloggio
di servizio, da solo”.
Le
storie personali dei protagonisti si intrecciano e fanno da sfondo ad una serie
di omicidi seriali: le vittime sono ragazze giovanissime e molto belle.
La
protagonista femminile del romanzo è Luisa Martelli, l’ anatomopatologa, una
figura moderna, assolutamente credibile, intrisa di quella solitudine dignitosa
e insieme lacerante che hanno tante donne nel mondo attuale.
Luisa
ci riporta alla mente Kay Scarpetta della Cornwell, intelligente, capace di
grandi sentimenti, nonostante il suo lavoro la porti costantemente a contatto
con morti violente.
La
donna ha una relazione, o meglio, una serie di incontri con Roberto, un medico
di otto anni più giovane, una storia fatta di “patti” a senso unico, a uso e
consumo dell’uomo.
“Silenzio. Roberto non c’è. L’avranno
trattenuto in ospedale”.
La
relazione con il medico l’ha allenata a non fare domande, ma l’ha svuotata dai
sogni.
I
silenzi, le assenze prolungate, e quegli “accordi” mai firmati da Luisa fanno
emergere nel corso della vicenda l’inconsistenza di un’ intimità mai raggiunta
e di una storia di coppia mai decollata.
Luisa
e Roberto sono solo due “camici” che si incontrano di notte. Ma il commissario
Severi è sullo sfondo, cura Luisa con lo sguardo, non la perde mai di vista.
“Tra le trame degli sguardi tutto il non
detto”.
Gli
omicidi non danno tregua, le piccole ucraine dai visi di bambola di “Anime
graffiate” sono sostituite da ragazze stuprate e uccise evidentemente da un
maniaco che ha tutti i connotati del serial
killer, una figura tipica del romanzo americano moderno, di autori come
Patricia Cornwell o Michael Connelly.
Le
ragazze di questo secondo romanzo di Maria non sono le reiette della società
come le ragazzine dell’Est costrette alla prostituzione, ma sono ugualmente
vittime.
Perfette,
belle, giovani, di ottime famiglie.
Alle
loro spalle, muti testimoni delle loro morti, famiglie distanti e genitori
estranei.
Dagli
interrogatori emergono le non-famiglie,
dove l’assenza totale di dialogo permette al disagio psichico di annidarsi
nelle menti dei ragazzi più fragili.
Tecnica,
fiuto, conoscenza della psicologia umana.
Maria
Rizzi è sempre nella dimensione della pietas
ma la sa dosare “per chi la merita” e sa guardare ad occhi bene aperti i germi
della patologia psichica.
Nel
primo romanzo Maria Rizzi scendeva agli inferi con il suo adorato commissario
Stefano Segni, in questo indossa un’armatura, impugna la spada e accosta
l’umana perversione in modo più adulto e consapevole.
Non
possiamo procedere oltre perché non si
svela il segreto di un giallo, tra l’altro così ben congegnato, possiamo solo
affermare che si tratta di un romanzo giallo classico e, come tale, ha un
finale che risolve.
Alla
fine della vicenda c’è una soluzione anche per Luisa e il commissario Severi,
due anime provate dalla vita destinate ad incontrarsi e a percorrere un altro
tratto di vita “da scoprire insieme”.
“Perché esiste, Luisa, fuori e dentro di noi.
Ha ciottoli bianchi, profumo di ginestre e conduce sempre, inevitabilmente, al
mare”.
Il
mare di Maria Rizzi, cangiante, onnipresente, che non smette mai di stupirci e
di regalarci emozioni.
Loredana
D’Alfonso
Che meraviglia, Lory! Hai destinato una pagina indimenticabile al mio secondo libro giallo, che tu stessa hai presentato e che ci ha visto condividere una serata da fiaba all'isola tiberina. L'opera di scavo l'hai condotta in modo perfetto. Sembra che il romanzo lo abbia scritto tu. Dei tre 'gialli' "Il sentiero del mare" è senz'altro il più tecnico, ma non poteva esulare dagli aspetti sociologici. Non saprei concepire una vicenda di assassinii seriali, se non contestualizzati in storie di altro respiro. So che questo libro ti piacque molto. E trasmetti ogni sfumatura di quel trasporto e, soprattutto dell'affetto che ci lega indissolubilmente. Non ti ringrazio... sai il perchè... Ti strngo al cuore forte forte.
RispondiEliminaBellissima recensione, davvero. Viene sicuramente voglia di leggere questo ennesimo successo letterario di Maria. Luisa...conduce sempre e inevitabilmente al mare. Il mare della comunione, o delle partenze, chissà.
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