Gianni Rodari: i bambini e gli adulti nella sua “Gondola fantasma”.
“ …una
gondola costeggiava la riva e stava infilando il celebre rio in cui vi si
specchia, tremando di paura il Ponte dei Sospiri. Una gondola, a Venezia, non è
uno spettacolo strano. Ce ne sono a migliaia, tutte con il loro bravo
gondoliere piantato a poppa come un albero senza vela. Ma quella gondola non
aveva gondoliere, era vuota come una cassa da morto senza cadavere, eppure
scivolava sull’acqua, mossa da una forza invisibile e silenziosa”.
Compare
subito il protagonista principe del racconto: la gondola fantasma che guiderà
con strani percorsi e souspences varie la nostra lettura curiosa.
Arlecchino
osserva stranito lo strano viaggio,
quando un uomo mascherato, che si scoprirà poi essere il signor Pantalone,
improvvisamente lo induce a inseguirla, promettendo come ricompensa ben
mille ducati.
Anche
nelle raccolte di racconti più fantasiosi G. Rodari non cessa di parlare, oltre
che al suo naturale pubblico di bambini, agli adulti. Conferma a ogni lettore
avvertito la sua ampia e trasversale
vocazione narrativa. Esaminiamo pertanto uno di questi racconti,
dall’aspetto apparentemente disimpegnato, giocoso, La gondola fantasma ,
che è un racconto di Gianni Rodari, apparso nel 1953 sul settimanale per
ragazzi “Il pioniere”; nel 1974, Rodari lo ripubblicò in un'altra
rivista: “Il Giornale dei Genitori”. Fu poi pubblicato in volume per la prima
volta nel 1978 da Einaudi nella collana "Gli struzzi Ragazzi",
assieme a Gli affari del signor Gatto ed alle filastrocche I viaggi
di Giovannino Perdigiorno. È chiara
la voluta trasmigrazione del testo che
sempre più va pur indirettamente proponendosi agli adulti, confermando ancora
una volta la più coltivata ambizione di
Rodari: quella di far pensare un pubblico adulto! Come si avvierà a fare
decisamente con Novelle scritte a macchina, 1973, La grammatica della
fantasia, 1973, C’era due volte il barone Lamberto, 1979, e
soprattutto Il gioco dei quattro cantoni…
Per
“La gondola fantasma” porrei in primis l’attenzione sul titolo, che
sinteticamente diventa la chiave interpretativa del messaggio di Rodari,
facendone, al di là dei molteplici personaggi, la protagonista della storia
misteriosa ed intrigante.
Si
tratta infatti di una gondola vuota, che solitaria e senza gondolieri né
ospiti…si aggira tra i canali veneziani, apparentemente senza una meta ….e che ricomparirà anche alla fine della storia,
a vicenda felicemente e umoristicamente conclusa:
“Si
vedrà una gondola che si allontana e prende il largo…Non c’è gondoliere a
bordo, non si vede nessuno ai remi…Che sia di nuovo la gondola fantasma? È lui,
Pulcinella Che ripiglia il suo viaggio…è abbastanza maleducato per tenersi la
libertà senza dir grazie a nessuno”.
È il
disvelamento esplicito di un messaggio che vale per tutti: la libertà non ha
baratti di sorta.
Poi
naturalmente i protagonisti della
vicenda compaiono. Sono “un gruppetto di
maschere veneziane, Arlecchino, il Signor Pantalone, Colombina, Pulcinella e
Capitan Tartaglia, tutti coinvolti in una trama di equivoci, di inganni volta
alla ricerca del profitto e della libertà.”
La maschera storica col suo valore metaforico,
la tematica della vita e della libertà
sulla quale Rodari lavora, si uniscono calandosi nella tradizione italiana del mondo
carnascialesco, quello delle maschere, che a loro volta hanno per sé una storia corposa e un’alta carica
simbolica.
Durante
il Carnevale infatti i Veneziani si concedevano trasgressioni di ogni tipo e la
Bauta, la maschera per eccellenza, era
utilizzata per mantenere l’anonimato e consentire qualsiasi gioco proibito, sia
da parte di uomini che da parte di donne.
Infatti
fra le maschere veneziane per eccellenza si può annoverare quella di
Arlecchino, facilmente riconoscibile per il suo costume multicolore e per i
suoi continui movimenti alternati a salti e a capriole. Pantalone è un
personaggio anziano, astuto e avaro. Tipica tra le maschere veneziane della
Commedia dell'Arte, la figura di Pantalone rappresenta in forma farsesca il
carattere storico del mercante di Venezia che tanto ha contribuito con i suoi
commerci alla ricchezza della sua città. Spesso sopraffatto dall'avvenenza
femminile delle maschere veneziane di Colombina e Franceschina, veniva anche
chiamato Pantalon de' Bisognosi. Anche
la maschera di Pulcinella , “ napoletano dalla testa ai piedi e viceversa” è
risorta nel ‘500 con la Commedia dell’Arte. Pure la maschera di Colombina è
molto antica, come testimoniano le commedie di Plauto, dove non manca mai
l’ancella furba e maliziosa pronta ad aiutare la sua padrona.
E veniamo
al racconto.
Per i
canali di Venezia scivola una gondola vuota. Su richiesta di un misterioso
individuo, Arlecchino si getta all'inseguimento, scoprendo così un piano
progettato da Pantalone de' Bisognosi per liberare dai Piombi Mustafà, il figlio del Califfo di Bagdad,
piano messo in opera su commissione del pirata Alí Badalúc, che incrocia al
largo, sulla sua Barba del sultano,
che sfida la marina veneta, in attesa di notizie. La gondola però viene trovata
vuota, causando la furia del deluso Pantalone, ma l'intraprendente Arlecchino
riesce a mettere le mani sul nobile passeggero grazie a Colombina e al nipote
di Pantalone che decidono di riportarlo personalmente dal Califfo per
guadagnarsi la ricompensa, tenendolo nascosto nella cassa, dove Colombina l'ha
rinchiuso per non farlo scoprire dall'avaro padrone di casa. Si imbarcano
quindi sul San Marco, il vascello di Capitan Tartaglia, che
sfortunatamente viene avvistato e abbordato dalla nave del pirata Badalúc. Per
salvarsi, Arlecchino gli consegna la cassa con il prigioniero,…. quella cassa
che, una volta aperta, si rivela però
contenere lo spiantato Pulcinella, evaso
al posto del suo nobile e cortese compagno di cella, il nobile Mustafà. Arlecchino
escogita quindi un nuovo piano, rapendo Pantalone per conto del pirata turco,
allo scopo di ottenere il rilascio del figlio del Califfo attraverso uno
scambio di prigionieri.
Ma
Mustafà da principe di alto lignaggio
non ritiene degno del proprio rango uno scambio di quel basso livello: “-Io
tengo molto alla libertà; ma non accetterò mai di essere scambiato con un
mercantuccio sconosciuto. Credete forse che io valga tanto poco? Ci
vogliono mille Pantaloni per pagare
soltanto il mio dito mignolo.. ne sarei disonorato per sempre. Non accetto.”
E ogni
tentativo di convincerlo fallisce. Il nobile prigioniero accetterebbe di essere
scambiato solo con il campanile di S. Marco, pretesa inaccettabile dal
Consiglio dei Dieci veneziano.
Per
ripicca, Arlecchino viene abbandonato in mare dal pirata, ed assieme a
Pulcinella, pure fuggito dalla nave, raggiungono Rimini, dove ritrovano Capitan
Tartaglia. Decidono tutti insieme di prelevare il prigioniero dai Piombi per
salvare nave ed ostaggi rimasti in mano al pirata. Il quale però nel frattempo
ha avuto la stessa idea… , ma quando giungono tutti insieme sul tetto delle
carceri, scoprono che la cella è vuota. Il
Governatore della prigione, stufo dei grattacapi causati da quell'ostinato
personaggio, se ne era già liberato, facendolo cacciare a forza e abbandonandolo
al largo su una gondola, che il caso fa incontrare con la nave pirata.
Offeso
dal trattamento ricevuto, il nobile Mustafà decide di vendicarsi restituendo la
nave con il carico e gli ostaggi senza pretendere alcun riscatto, annunciando
personalmente a tutti i veneziani la sua "vendetta". Per gli allibiti
spettatori dell’evolversi degli eventi, appollaiati sul tetto delle carceri più
famose di Venezia la sorpresa è tale da provocare un rovinoso tuffo nel canale
sottostante, a cui segue un analogo bagno del figlio del Sultano. Tutti i
partecipanti della buffa avventura scoppiano in una fragorosa risata; tutti
tranne Pulcinella, che ne approfitta per riguadagnare l'amata libertà.
Venezia
e la sua storia è il secondo tema sul quale Rodari lavora in questo racconto.
La
Gondola fantasma trasporta il lettore nel XVII° secolo, in una Venezia di fine potenza
e splendore, fatta da ponti dei Sospiri, Piombi, consiglio dei Dieci, barche
che trasportano merci da est, gondole e maschere…per vivere un'avventura straordinaria
e salvare il figlio di un califfo arabo
che è in carcere. I protagonisti (i
personaggi tratti dalla commedia dell'arte) si mescolano alla pari in
un'avventura con pirati e mercanti che intrattengono relazioni commerciali con
l'Oriente, trasformando la vicenda storica in una storia mista di
investigazioni avventurose, un genere
con scene che sembrano presi dalle Mille e una notte, e l’Autore sviluppa in
tal modo una storia giocosa, picaresca, popolare, dell'arte della commedia
italiana, ma non priva di suggerimenti meditativi. Il tema è infatti quello del contrasto di culture, quella
veneziano-europea e quella medio-orientale, che Rodari sapientemente sottolinea
descrivendo il bizzarro comportamento del figlio del Califfo di Baghdad, fatto
ingiustamente prigioniero dalla Serenissima, di cui si cerca, invano, di
organizzare l’evasione.
Il
figlio del Califfo, però, è troppo nobile d’animo per poter evadere eludendo la
sorveglianza ed è, altresì, troppo nobile d’animo per essere scambiato a basso
prezzo. Così, per non disonorare il nome della propria famiglia, preferisce
rimanere in prigione, anche quando le autorità veneziane gli accordano la
libertà. Il comportamento è in netto
contrasto con l’altro carcerato della vicenda, Pulcinella, il quale non si fa
scrupoli nell’approfittare degli altri (anche dello stesso figlio del Califfo)
per ottenere la sua privatissima libertà.
La
caratterizzazione di questi personaggi in tipi indicati dalla tradizione sfugge
la tematica moralistica e ci porta all'umorismo di una lettura coinvolgente
superando la focalizzazione su un
argomento: "le lotte tra padroni e servi, tra vecchi e giovani, tra
potenti e miserabili tra uomini saggi e stupidi " che è tipicamente rodariana.
In
questa storia i cattivi sono così cattivi da farci ridere, come il famoso pirata Alì Badalùc che fa tagliare
le mani al suo astrologo- un dito per volta-
quando le previsioni degli astri non gli sono favorevoli e si sente
felice solo per causare la sofferenza dei suoi prigionieri e l'aristocratico figlio del Califfo è così
educato che non può lasciare la cella senza ringraziare il carceriere per le
attenzioni ricevute, né accetterà mai la sua libertà attraverso lo scambio di
un semplice mercante, considerandosi degno solo del campanile di San Marco.
Il
narratore Rodari, nello stile dei vecchi
narratori orali o dei presentatori della Commedia dell’ Arte, invita i suoi
lettori a lasciare una scena per un'altra, senza troppo pathos, e presenta i
nuovi personaggi, portandoli a nuove azioni che faranno avanzare il trama. Da un gruppo di personaggi agli altri, da una
scena all'altra, la narrazione avanza tra lotte, intrecci, rapimenti e
inseguimenti comici. Alla fine tutto si risolve felicemente, più per l'intervento
del caso che per gli sforzi dei personaggi.
Questi
racconti, in apparenza svagati e anarchici, mostrano l’eredità appassionata
lasciata dagli anni di surrealismo giovanile, e della abilità raggiunta
dai suoi strumenti letterari che Rodari conduce alle sue conseguenze massime.
Anima il linguaggio della sintassi
tradizionale, con la creazione in una sovrapposizione di immagini, che
rispondono alla libera associazione,
alla liberazione dell'inconscio filtrato
attraverso immagini surreali, quasi oniriche, pur non attenendosi alla trascrizione
di un sogno o all’abbandono totale all'
immaginazione – bensì deliberatamente, con volontà creativa, costruisce storie
divertenti, esplosive che producono nel lettore, oltre a un sorriso divertito,
la sensazione di guardare situazioni totalmente nuove che ci mettono su un
piano diverso dalla realtà e dalla consapevolezza creativa, liberata da tutti i
"doveri" ai quali li aveva sottoposti
sia la pedagogia che le leggi della tradizione letteraria.
Abbiamo
a che fare con un vero e proprio outsider della letteratura dell’infanzia che
ha vissuto le inquietudini del suo tempo e che ha lasciato una traccia
indelebile nella memoria di tante generazioni di bambini. E Rodari riesce ad
essere rivoluzionario, forse molto più che nei suoi libri di denuncia sociale. Il
linguaggio è sempre in bilico tra logico e illogico, tra reale e assurdo, tra
senso e non senso. Non rivoluziona solo gli usi tradizionali del linguaggio,
come discepolo fedele del avanguardie europee, come seguace ed allievo dei
surrealisti, ma con gli occhi nuovi che affrontano il bambino, non gli mostra
più le ingiustizie commesse, ma gli mostra soprattutto un mondo in cui tutti i
cambiamenti sono possibili. Seguendo il flusso ricchissimo della sua fantasia,
Rodari sa legarsi al mondo reale, quello toccato quotidianamente dalla sua
penna di cronista, che come
favolista egli vede con nuovi occhi, un
mondo completamente rinnovato.
Le
prime prove narrative: Le avventure di Cipollino e Gelsomino nel paese dei
bugiardi si sviluppavan in ambiente
contadino e costituivano un tentativo
talvolta un poco forzato di rivendicare
alcuni principi sociali fondamentali per l’autore, con una marcata distinzione
tra i cattivi, sempre ricchi e padroni sfruttatori, e poveri buoni e
sfortunati. Da questo modo nuovo di
avvicinare la realtà si comprende l’altra importante novità di Rodari: i suoi
bambini non giudicano, vedono candidamente la realtà da un punto di vista più
pulito, meno condizionato.
Il
grande traguardo raggiunto da Rodari è l’alchimia della semplificazione
letteraria, che apre nuovi orizzonti ai linguaggi narrativi: da autore, si
rivolge al suo pubblico, destrutturando il linguaggio e ricomponendolo a
partire da un modulo di base elementare. Il risultato non è quello di
banalizzare o semplificare, ma è la creazione di un nuovo registro
linguistico-letterario, comprensibile a tutti.
Il suo
linguaggio ha il potere di comunicare emozioni, suggerire sentimenti e
stimolare sogni: Rodari insomma raggiunge, partendo dal basso e cercando di
essere sempre compreso dal maggior numero possibile di persone, quella funzione
poetica spesso riservata alle forme di alta letteratura e, fino ad allora,
quasi sconosciuta nella produzione ai ragazzi del nostro Paese.
Maria
Grazia Ferraris, febbraio 2021
Straordinaria lettura di uno dei testi meno famosi di Gianni Rodari da parte della nostra superba Maria Grazia Ferraris. Per puro caso l'insegnante di liceo di uno dei miei figli al ginnasio gli diede da leggere proprio "La gondola fantasma", in quanto asseriva che è uno dei libri più esaustivi al fine di comprendere le dinamiche della scrittura poetica e visionario di questo Autore. Lo lessi anch'io, rapita dall'entusiasmo del ragazzo e nell'inciampare in questa pagina di studio profondo e di raso ho riprovato emozioni rimosse e le ho viste amplificarsi grazie al talento della mia amica. Maria Grazia, con intelligenza creativa, parte dalla struttura del romanzo, per introdurre i lettori nel mondo di questo particolare, inimitabile scrittore. Ella,infatti, asserisce che "il grande traguardo raggiunto da Rodari è l’alchimia della semplificazione letteraria, che apre nuovi orizzonti ai linguaggi narrativi: da autore, si rivolge al suo pubblico, destrutturando il linguaggio e ricomponendolo a partire da un modulo di base elementare." E non poteva illustrare meglio la magia dadaista dell'Autore di Omegna, che è stato definito da molti critici come lo scrittore che offre grande libertà ai suoi personaggi, in quanto possiede la rara capacità di giocare con le parole e le situazioni. La nostra Maria Grazia nella sua esegesi precisa quanto si possa arrivare a più fasce di lettori 'partendo dal basso' e rendendosi fruibile a tutti. "La gondola fantasma" si potrebbe paragonare a un lungo sogno, all'unione di elementi che consentono ai ragazzi di sentirsi liberi, nel leggere da tutti 'i doveri' - cito la nostra illustre esponente della critica letteraria italiana -, e di tuffarsi in quello che oserei inserire nel realismo magico tipico degli scrittori latino - americani nel quale gli avvenimenti strani, assurdi vengono raccontati come fossero eventi comuni, e allo stesso tempo l’elemento fantastico è percepito dai personaggi come normale. Un mondo capovolto, nel quale la dimensione sensoriale è amplificata. Pagina incantevole. Diamante incastonato nell'Isola che concede a noi tutti viaggi di arricchimento inatteso. Ringrazio Maria Grazia per la sua competenza e per la nuova vena intensa, commovente e la stringo forte al cuore, insieme al nostro Condottiero, che permette tante malie.
RispondiEliminaCara Maria, anche la tua è una imperdibile pagina critica di cui ti ringrazio e spero facciano tesoro i lettori; tu sai di quanto io ami Rodari e quanto tempo di studio e di scrittura gli ho dedicato e lo sa anche Nazario che mi ha inviato privatamente una pagina di affettuoso consenso critico di cui, come sempre, lo ringrazio dal profondo.
RispondiEliminaSi dice che si diventa insegnanti per passione e si rimane tali in pectore per sempre.
RispondiEliminaPenso a questo detto quando leggo i lavori di critica letteraria della nota scrittrice e saggista Maria Grazia Ferraris , la quale insieme con la passione per lo studio conserva l'attitudine del docente: la chiarezza dell'espressione così come l'acutezza del pensiero.
Amo la scrittura e le notevoli capacità analitiche della "straordinaria" Ferraris, e spesso approfitto della sua cortesia per conoscere il valore o meno dei miei racconti.
In questa occasione il piacere è doppio poiché l'argomento da lei trattato mi tocca nel cuore.
Ho amato lo scrittore Rodari fin dal tempo del mio primo lavoro di insegnante di Scuola Media, poiché lo sentivo vicino al "metodo" che usavo per ottenere il meglio dai miei alunni: insegnare col sorriso e fare imparare divertendo....
Niente avviene per caso. Oggi, dopo vari anni e varie vicende, mi trovo a scrivere racconti proprio con quel segreto intendimento del grande Gianni Rodari: parlare ai più giovani per far rflettere gli adulti.
Chiedo scusa per essermi lasciata andare a parlare di me e delle mie esperienze, ma ho voluto anch'io ricordare a mio modo il significato intimo e profondo del lavoro dello scrittore, quando sembra che scriva solo per divertire, così come quello dell'insegnante che non è solo una professione, perché sconfina nelle più vaste aere della conoscenza.
Desidero inoltre ringraziare l'amica Rizzi per la sua interessante lettura critica del saggio di Maria Grazia Ferraris , per la cultura e la partecipazione sincera nel puntualizzare il valore di questa notevole pagina di studio della nostra comune amica.
Con affetto e amicizia.
Edda Conte
Grazie Edda: hai colto bene nel tuo ricordo autobiografico il messaggio del grande favolista, come del resto sai dare prova anche tu nei tuoi racconti.
RispondiElimina