Maurizio Zanon
TUTTO FU BELLO QUI
Recensione di Nazario Pardini
Maurizio Zanon vola oltre
Entrare
nella poetica di Maurizio Zanon significa scoprire il suo messaggio, la sua
empatica visione della vita e del suo rapporto col tempo e con lo spazio. Qui
ci sono tutti gli input vitali, tutte le vicende che ci dicono del pensiero e
dei sentimenti che il poeta nutre e che si sono assestati col passare delle
stagioni. Molte le tematiche affrontate: la nostalgia dei tempi passati, le
memorie, l’amore, la saudade, il naturalismo esistenziale, dove, ricorrendo ad
una natura loquace, il poeta crea delle immagini che si fanno linguaggio. Non è facile trovare poeti che
facciano della vita un’opera d’arte. E Zanon ne è capace. I sentimenti si
concretizzano in visioni calde e brillanti, in oggettive sensazioni di metamorfiche
vertigini personali.
Non
è di sicuro arduo scoprire che nello stile del Nostro si affacciano invenzioni
e creazioni di largo respiro; impennate verbali, iuncturae lessico-foniche che
si staccano dal testo come il volo di un uccello dal blu del mare. Una crestomazia,
questa del poeta. Sì, un’antologia che si sviluppa su uno spartito ampio e
ontologico, epigrammatico e ermeneutico dove l’autore racconta una storia, la
sua, artistica e biografica, attraverso una ricerca spirituale che tocca i
punti focali del vivere e del pensare: dal mistero della vita agli affetti
familiari, alle radici, alla poesia dell’home. Ma mi piace iniziare da una poesia
che rende l’autore umano in un mondo dove provare incertezze, dubbi, nel
raffronto dell’essere coll’assoluto, non è raro; dove a dominare sul tutto c’è
un’inquietudine esistenziale, che rende l’opera più vicina ad ognuno di noi: “Siamo nulla
e siamo tutto / miliardi di persone vaganti / in frammenti di luce / ognuno con una storia da raccontare / fatta di
buona o cattiva sorte / siamo corpi danzanti su questo palcoscenico / con
sembianza forse di deportati / arrivati dal nulla in soggiorno obbligato. / Condannati
a morte / ritorniamo al nulla / nella speranza di non sentirci traditi / proprio
dalla speranza. / Ad accoglierci un salutare silenzio / unico a sopravvivere a
un tempo senza tempo.”: eros, thanatos, speranza, tutto, nulla, persone
vaganti, buona e cattiva sorte, tempo senza tempo. Viene da sé riportare il
pensiero di Blaise Pascal (1623-1662)
in cui tanto si rispecchia la storia poetica di Zanon: “Cos’è un uomo
nella Natura? / Un nulla davanti all’infinito, / un tutto davanti al nulla, /
qualcosa di mezzo tra il nulla e il tutto.” (da Pensées
di Blaise Pascal (1)).
È
naturale porci delle domande sul quando ed il dove, sul perché siamo qui
invece che là, insomma su tutte quelle questioni che, senza risposte certe, ci
condannano alla irrequietezza del fatto di esser-ci. Il titolo stesso dell’opera
(Tutto fu bello qui) richiama ad un sentimento di melanconica nostalgia per un
tempo che, trascorrendo veloce, lascia dietro sé ricordi che ci lasciano tristi
per cose non dette o non fatte; per cose che non tornano più, ormai sparite tra
i granelli della clessidra. Sicuramente una specie di saudade che ci coinvolge,
di scombussolamento interiore di fronte a quel “tornare al nulla” che ci
aspetta. Questa è la caratteristica dominante della poesia di Maurizio Zanon, partire dalle cose minime, semplici, per elevarsi al cielo
con un climax espositivo di elastica stesura verbale. La versificazione libera
e scorrevole, fluente e reificante, tiene nel verbo e nei suoi legami una certa
musicalità che avvolge e coinvolge.
Ma torniamo alle tematiche, plurali e polimorfiche, che compongono
l’opera: dalla considerazione su L’uomo narciso: “L’uomo narciso / si specchia sul lago / riposa la mente / s’immerge
nel buio / decompone l’idea / la sete di potere; / ragione che non ragiona /
genera i mostri della violenza / a noi che il cervello non ha paralizzato / non
resta che osservare e acclamare / l’arte ricca dei poveri / che narra le imprese.”,
dove una serie di senari e settenari in alternanza danno l’idea di una riposante
meditazione sul ruolo dell’umano e del suo agire; al sentimento di speranza a
cui il poeta sembra appigliarsi per il suo attaccamento all’esistenza: “Forse
pure domani / nel mezzo del gorgo / ritroveremo quel fragile e lento/nostro
andare di sempre” (Speranze); da Il sogno del poeta, dove attraverso il fluire di una metapoesia, si lascia andare ad
uno stato di onirica visione “…sognare: / sogna il suo mondo oltre i confini / dove
nulla è finito / e nebbia non c’è.”, un’aspirazione al volo, all’approdo all’isola
che non c’è, a superare il limen che ci tiene intrappolati: volare oltre la
siepe, oltre le aporie del quotidiano. Un’aspirazione che l’uomo sente dentro
sé forse per sopperire alle carenze della sua debolezza, del suo essere un fragile
mortale; alla Rivelazione dell’amore e dell’attaccamento al tempo passato: “Ebbene, lo
ammetto: / nella stagione fiorita, / irrequieto, ho tanto amato la vita. / Ora
l’inverno attendo, / i suoi bianchi silenzi aspetto: / sotto i portici canti di
neve vendo.”, dove il parallelismo tra le stagioni e il corso del vivere si fa
corposo e simbolico; dalla poesia dedicata alla madre: “È tutta racchiusa nel
silenzio la memoria di quella mano / pronta a intervenire, a coprirmi / nelle
sere dell’infanzia ormai lontana. /…/ Ricordo che a casa impaziente aspettavo /
guardando dalla finestra il crocevia dopo il cavalcavia / finché arrivavi col
pane ancor caldo. /…/ Ora è passato il tempo, ma è fortuna qui averti. / Per
questi vent’anni soltanto che ci separano/sai che a guardarci per strada sembriamo
fratelli?” (Poesia alla madre), dove il lirismo
sembra prendere il sopravvento in versi che richiamano crepuscolari abbandoni;
fino all’ultima poesia di valore eponimo, dal titolo Tutto fu bello qui: “Tutto fu bello qui / nel
turbinìo giornaliero degli affanni / nell’alternanza delle gioie e dei dolori. /
Quante cose imparammo in questa vita! / Gli amori poi / diedero luce anche alle
ore più oscure. / Ci siamo consumati fino a morire / sotto un cielo da cui ci
aspettiamo ancora / grandi cose.”, dove il poeta sembra tirare le somme, facendo
un riepilogo dei temi del suo “poema”: nostalgia, amori, vita turbolenta, movimentata
di altri tempi, attese, speranze.
Tutto era bello nel passato, ma ancora più bello nella memoria, e il tutto torna a vivere in un animo che sembra reificare le immagini in passioni che raccontano una storia. È in questo forte stato d’animo che Zanon racconta e si racconta, facendolo con una ispirazione talmente sentita da farsi trasportare da un lirismo cocente in mondi di penetrante azzurrità; di quando viveva una stagione, quella giovane, primaverile, prima che l’inverno silenzioso e solitario venisse a recare il freddo dell’anima. Silloge plurale, polimorfica, varia e articolata che con uno stile mansueto, elegante, e scorrevole riesce a suscitare emozioni in versi di ampio respiro lirico e umano
Nazario Pardini
NOTE
1)
Blaise Pascal, Pensées, di Jean Philippe
Marty, 2008
Maurizio
Zanon, TUTTO FU BELLO QUI, pref. di Enzo
Concardi, pp.90, Guido Miano Editore, Milano 2020, isbn 978-88-31497-24-4.
Nazario caro, affreschi con grande statura di critico e con la consueta passione di uomo una Silloge che mi ha trascinato in un vero e proprio vortice di emozioni. "Tutto fu bello qui" è un cantico alla vita, alle emozioni, alla malinconica nostalgia. Tu metti a fuoco il lirismo ardente del testo con parole inimitabili: "Tutto era bello nel passato, ma ancora più bello nella memoria, e il tutto torna a vivere in un animo che sembra reificare le immagini in passioni che raccontano una storia. È in questo forte stato d’animo che Zanon racconta e si racconta, facendolo con una ispirazione talmente sentita da farsi trasportare da un lirismo cocente in mondi di penetrante azzurrità" ... E, come l'Autore, lasci sperare che 'tutto sarà bello ancora'... Grazie per questa lezione magistrale. Ti ammiro sempre di più. Mi complimento ancora con Zanon e vi stringo forte entrambi.
RispondiEliminaSono onorato per la lettura critica di Nazario Pardini, professore, poeta e critico letterario sensibilissimo, felice che il mio "Tutto fu bello qui" non sia passato inosservato e di essere entrato leggero nell'animo di Maria Rizzi. Tutto ciò è ossigeno per un poeta che si sforza di acquisire sempre più estimatori e che ha dedicato tutta la sua vita alla scrittura con fatica ed in solitudine, perché si è sempre soli quando si compone, in quel magico passaggio, ove il pensiero si tramuta in parola.
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