DOMENICO ANTONIO TRIPODI IN
VIAGGIO VERSO IL CIELO, CON IN ANIMA LE BELLEZZE DELL’UNIVERSO
DUE
LIBRI DI RARA FATTURA EDITORIALE DA MANTENERE IN BELLA VISTA IN BIBLIOTECA…
Domenico Antonio Tripodi nel suo viaggio verso
l’infinito ancoraggio del Cielo, si porta dietro le bellezze della terra,
quelle che la sua anima già conteneva in nuce, e che il Cielo stesso gli raccomandava,
con piena libertà, di trasferire in pittura, in musica, in poesia. E la Natura
aiuta il pittore nella sua missione estetica, donandogli i colori, le
forme, i movimenti per la vita dei suoi esseri. E’ così che nascono le opere
di Domenico: non sono altro che volatili, montagne, pianure, che prendono posto
su tele, dopo essere state a sedimentare nella sua anima. Lì hanno bevuto e
mangiato le sostanze per nutrirsi a livello artistico. Sembra proprio che la
Natura l’abbia preso in consegna e l’abbia portato con sé nei posti più arcani
del suo esistere; e che gli abbia indicato i luoghi, gli ambienti e i movimenti
da reificare. Il pittore, per un tempo giusto, li ha lasciati dentro a ché si
contornassero di quelle sfumature da riportare nei dipinti: Mela e uva, Germano
reale e Colino della Virginia, Asina curiosa, Gufo Reale, Lotta per la vita, Capriccio,
La strada, Figura antica, Il Filosofo
(un vero capolavoro), Giovani cormorani, Rapaci nel cielo dell’Aspromonte,
Cormorano, Gallo cedrone, fino a L’Ulisse del 1998. Le figure non sono più le
stesse che la Natura ha offerte, che la Natura gli ha indicate; sono passate
dall’anima del pittore, si sono intinte nei suoi misteri, nei suoi strati
esistenziali, nei suoi colori terrestri e celesti. Ibi omnia sunt: gli esseri
rappresentati sono in movimento continuo, non c’è staticità, né isolamento.
Tutto si pianifica in un insieme che è vita, che è sentimento e filosofia dell’uomo-pittore,
di colui che crea, rinnovando con l’apporto dell’anima, il reale dandogli il
succo dell’arte. Quella che gli suggerisce di sfumare, di toccare e fuggire, di
cogliere l’essenza con i tocchi dell’inventiva e della creatività. Scrive Domenico
Defelice nel suo elegante e polisemico saggio (cogliamo una pericope dell’intera
narrazione critica): “… Il pittore si mette dalla parte degli animali, insomma,
si immedesima in loro, li fa pensare e parlare. O, meglio, è lui che presta
loro il pensiero e la voce….”. E’ proprio vero Tripodi vola in alto, par-dessus
le toit direbbe Verlaine, per annotare i movimenti dei volatili, per coglierli
nei loro moti, e riprodurli anche quando sono senza vita. Il linguaggio del pittore è quello che la
Natura gli presta con le sue immagini. E
con esse Tripodi parla e dipinge, dipinge e parla in continuo contatto spirituale
e fattivo.
Nazario Pardini
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