sabato 30 dicembre 2017

ESTER CECERE LEGGE: "CRONACA DI UN SOGGIORNO" DI N. PARDINI


Ester Cecere,
collaboratrice di Lèucade


Già il titolo di questa nuova raccolta poetica di Nazario Pardini è emblematico: “Cronaca di un soggiorno”. E cos’è questo soggiorno se non la nostra vita terrena che, come un qualunque soggiorno, è transitorio? E l’Autore individua in questo suo vivere particolari momenti e stati d’animo. Ecco che quindi compare il rimpianto, costantemente in agguato, per occasioni perdute per sempre e irrecuperabili, per una “rosa che non si è colta” nel pieno del suo rigoglio, perché, si sa, la gioventù, a volte, rende superficiali:

“Quanto breve il profumo della rosa,
il suo bocciolo strinto da regina!
Dovevi respirarlo sorridente
quando sfidava il rosso dei tramonti.”


Ma egli non vuole fermarsi allo sterile rimpianto e, guardandosi intorno, intravede e recupera i momenti “veri” della sua vita, quelli per cui vale la pena averla vissuta! E dall’alto della sua maturità, della sua pienezza di vita scrive:

“E più ti riconosci,
non ti ritrovi più oltre gli affanni;
sei ospite di terre in mezzo al mare
lontano dai rumori della vita”


perché la vita non è solo affanno, alienante quotidianità, stressanti incombenze, la vita è “ luce, è sinfonia, è fragranze”; la vita è comunione con la Natura, per colui che ha occhi per vedere la sua magnificenza, e di conseguenza, con Colui di cui la Natura è immagine.
E dopo il lungo cammino percorso durante il suo “soggiorno, l’Autore approda alla sua “isola” e vi si stabilisce. E’ una piccola terra dove egli ritrova se stesso, dove è al riparo dagli affanni e dai rumori della vita, dove può godere di:

“Spiagge lucenti,
dune di mirti, cisti e di ginepri,
carezzati da mani trasparenti,
foci di fiumi puri e cristallini
dove si aggirano uomini cólti
di nudità di spirito con donne
amanti dell’amore”


dove “vive la tanto sospirata verità”.

Non è stato facile, per l’Autore, raggiungere questa “isola-verità”, ché la navigazione durante il soggiorno è per tutti ardua:

Come ci arrivai?
Sopra una barca effimera e precaria
contro venti nemici che la spinsero
su scogli crudi e aguzzi. Mi aggrappai
ad un asse scampato al naufragio:
una tavola rósa dai salmastri.”
 


Ma egli ci è giunto, alfine, e ce lo comunica con una splendida allegoria, gioiosa, che invita alla riflessione, alla speranza, a guardarci intorno e dentro, cercando quello per cui vale la pena di portare avanti il nostro “soggiorno” e giungere alla “nostra isola-verità”.
E’ un invito e un augurio al tempo stesso! E io ti ringrazio dal profondo del cuore! Quanto ancora mi insegni, non solo relativamente alla “poesia”, Nazario!

Ester Cecere



3 commenti:

  1. ho avuto modo di leggere "La mia isola" del Nostro Prof. Nazario Pardini. Una lirica meravigliosa che compendia l'esistenza stessa di chi ama la poesia! Non è solo viaggio onirico, è panismo, è esistenzialismo e rappresenta un valore inestimabile che l'uomo pensatore conserva e custodisce gelosamente nel suo vissuto quotidiano: la libertà. Ancora grazie al Nostro Nazario per averci donato questa meravigliosa poesia che è il racconto della sua missione.

    RispondiElimina
  2. Io purtroppo non ho letto 'La mia isola", ma Ester è stata un'ottima conduttrice nel guidarci lungo i versi e lungo i loro simbolismi. In quest'Opera il nostro Nazario approda. Abbandona il logorio, la saudade, le tristezze e rinasce nell'Isola dei sogni, in quel luogo che rappresenta l'Eden terreno per ognuno di noi. E' lirismo di grande speranza, di luminosità, di sogni nuovi, di fede nella vita, che può deludere, ma non tradire. E' un inno alla libertà, come asserisce Pasquale Marinelli, all'uomo di Rousseau, che non si lascia plasmare dalle pochezze di un'esistenza senza slanci, senza sogni, senza empatia. Io sono sulla rotta di Nazario da quando sono nata e non demordo. Ringrazio, quindi, in modo speciale, il mio Amico ed Ester, che si è rivelata magnifica interprete. Questi versi sono già tatuati nell'anima! Auguri a tutti i fortunati ospiti di Leucade.

    RispondiElimina
  3. Chiedo perdono. Il secondo commento l'ho scritto io.
    Maria Rizzi

    RispondiElimina