sabato 21 aprile 2018

N. PARDINI: "NON CHIEDERMI"


Non chiedermi


Non domandarmi cose a cui è impossibile
poter dare risposte; non ce n’è.
Che cade il sole oltre le colline,
che l’alba affaccia la sua veste
di fanciulla novizia, o che la luna
gironzola nel cielo per gli amanti,
è cosa certa. Ne conosci le leggi.
Ma non chiedermi del mare e dei confini,
non chiedermi il perché noi siamo nati,
né perché questa  morte ineluttabile
ci attenda fra le braccia. Io non so
che cosa vive in noi, quel mistero
che ci tiene nel pugno senza darci
motivo di speranza. Non chiedermi i perché
di questa vita tanto imperscrutabile,
di un cammino ridotto a brevi spazi,
di un sentimento che ci rende tristi,
di una solitudine che lega
il nostro magro essere all’esistere.
Non chiedermi perché davanti al mare
si soffre della nostra imperfezione,
di una indecifrata libertà
a cui invano aspiriamo, inappagati,
di non poter vedere fino in fondo
quell’isola lontana ed il suo approdo.
Ti posso dire solo delle cose
che mi sono vicine e che hanno un corpo,
ma non dei grandi spazi e dei tormenti
che provo innanzi a notti senza fine.
Nemmeno il gran segreto dell’amore
ti potrei svelare; all’improvviso
si impossessò di me; mi rese schiavo,
mi tramutò l’immagine di un volto
in qualcosa di eccelso, sovrumano;
il reale non ebbe più la forza
di farmi ragionare. Tutto fu
esageratamente trasformato.
Ti posso solo dire dell’inquieto
mio essere. Del suo bramare invano;
del suo microscopico restare
davanti a un mondo che non ha ragione
di essere tanto immenso e così estraneo
al pensiero di un uomo tropo umano.

17/04/2018




8 commenti:

  1. È dei poeti interrogarsi sul mistero della vita e della morte per una vita intera, spesso senza trovare la risposta, è dei poeti la solitudine, come pure “(…) un sentimento che ci rende tristi”. Appartiene ai poeti il senso di pochezza di fronte all’immensità del mare. Essere inappagati permette loro di continuare a sognare l’isola agognata, ne sostanzia il viaggio.
    Sfiorare - solo sfiorare- l’amore e il suo grande mistero è dato all’uomo e al poeta ma in cambio di una grande macerazione interiore.
    Solo la scienza, attraverso le sue leggi, saprebbe dare la risposta precisa sui moti regolari degli astri in cielo ma questo poco importa, il primato rimane alla poesia di cui l’uomo ha assoluto bisogno. È infatti lei a dire l’ultima parola:
    “Ti posso solo dire dell’inquieto
    mio essere. Del suo bramare invano;
    del suo microscopico restare
    davanti a un mondo che non ha ragione
    di essere tanto immenso e così estraneo
    al pensiero di un uomo troppo umano.”

    Quindi- per tornare al titolo- nulla ti chiedo, caro Nazario ma solo ti ringrazio!

    Annalisa Rodeghiero

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  2. Sono certo che questa poesia non può avere aggettivi per essere definita, se non uno solo: Bellissima!!! Pasqualino Cinnirella

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  3. Magnifico esempio di connubio tra parola poetica e speculazione filosofica. "Ti posso dire solo delle cose / che mi sono vicine e che hanno corpo, / ma non dei grandi spazi e dei tormenti / che provo innanzi a notti senza fine". Il paradosso struggente di questa poesia - come della vera poesia di ogni luogo e tempo - è tutto qui, in questo parlare di cose che si provano, si vivono, ma di cui nulla si sa, né si può sapere. Noi possiamo avere contezza dell'infinito e dell'eterno solo sperimentando l'amarezza della morte e dei confini. Viviamo nei limiti, ma se dessimo ai limiti valenze assolute, ne tradiremmo inesorabilmente la natura contingente e relativa. Di nulla possiamo avere certezza, neppure dell'incertezza, destinati come siamo a stare in bilico tra assoluto e relativo.
    Franco Campegiani

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  4. Immenso Poeta che interroghi l'universo, con l'armonia delle tue domande e della tua forza, tu offri le risposte che altri cuori cercano. Le onde del tuo animo inquieto sono musica, e portano sulle nostre rive la fantasia di un approdo, a noi che ascoltando il tuo canto, sogniamo!

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  5. Non chiedermi-dici- ma ugualmente hai tante risposte ai molti perché filosofici ed esistenziali. Risposte nascoste nei pensieri che pescano nel vissuto, nel sofferto , per un'esperienza che ha arricchito ma non saziato il sapere. Sono versi bellissimi e struggenti, perfetti nella risonanza armoniosa lessicale e prosodica. Versi malinconici ma non tristi, che sanno di sospiri e di rammarico per quanto il vivere ci dà e ci toglie senza preavvisi o spiegazioni. E' questo il grande mistero che impedisce all'uomo di godere fino in fondo il bene che dalla sorte gli è concesso, ma è anche ciò che suggerisce al Poeta sentimenti di una consapevole maturità. In fondo, ad un animo in pace con se stesso ed il proprio vissuto gli anni si fanno anche portatori di saggezza.
    C'è in questi versi tipicamente pardiniani un messaggio interessante e bello,una riflessione profonda che arricchisce e consola.
    Grazie anche per questo tuo sentirti "uomo troppo umano" .
    Edda Conte.

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  6. Il mistero della vita, quello della morte. La nostra inquietudine di uomini di fronte a tutta questa immensità così perfetta, ma nello stesso tempo estranea perché difficile da comprendere. Qual è il senso della vita? E quello della morte? Gli interrogativi sono molteplici. Risposte certe ahimè non ce ne sono. Queste domande che ci assillano vengono fuori attraverso la poesia, con la speranza di trovarne le risposte o almeno il senso.
    Grazie Nazario.
    Serenella Menichetti

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  7. Colpisce il ritmo (ripetitivo, simmetrico, eppur a suo modo meditante e gentilmente perentorio) dell’invito –non chiedermi-e l’espressività straordinariamente concisa, elegantemente drammatica nella inquietudine: ripetizioni insistite apparentemente semplici, asciutte, cui si contrappone nella seconda parte un - ti posso dire solo- che si sforza dubbiosamente di salvare, col medesimo stile, le poche certezze conservate.Stanno tutte in queste domande che assillano che non si rispondono le contraddizioni,le inquietudini e i sentimenti vitali, i silenzi. gli interrogativi della vita propria ed altrui, con la disperante rassegnata non-risposta: pensieri di un uomo troppo umano, …in un climax ascendente – dalla natura alla storia, dal privato al sociale, dal pieno al vuoto, dall’amore al dire poetico, dal passato alla mancanza di futuro- che, senza invocazione d’aiuto, nessun sentimentalismo, nessuna enfasi retorica, nessuna consolazione conclude chinandosi su “ un mondo che non ha ragione/di essere tanto immenso e così estraneo”. Poesia di grande cultura e grandi emozioni. Un mondo di Melanconia, di sentimento, passioni, memorie che si disfano, quasi dimentico e quasi insensibile alla follia del mondo che P. ha rinunciato a capire, in un totale abbandono ai misteri del Bello, e al fascino della musicalità e della Poesia.

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  8. Grazie a Annalisa, a Pasqualino,a Franco, a Edda, a Serenella per i loro saporiti interventi. E grazie a te, carissima Maria Grazia, per la tua raffinata esegesi.
    L'amico Nazario

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