mercoledì 10 aprile 2019

FRANCESCO CASUSCELLI LEGGE: "POESIE" DI PINO BRAVIN

Francesco Casuscelli,
collaboratore di Lèucade








Mi accosto alla poesia di Pino Bravin con religioso silenzio, in quanto la sua cifra poetica è un tessuto lessicale che si lascia accarezzare come velluto e dona una percezione sensoriale profonda che traduce sul foglio e suggerisce nella lettura tutto un bouquet di sensazioni. Per assaporare tutto il climax trattenuto nell’interlinea poetica c’è bisogno di un ascolto sensoriale (non solo uditivo, ma anche visivo, tattile ed emozionale) per cercare di entrare in quei luoghi dove la partecipazione è una porta verso i dialoghi, dove i luoghi insegnano all’uomo la sua reale dimensione. Una poesia come fonte di meditazione che fa incontrare il silenzio della natura con il silenzio dell’uomo (poeta o lettore) per farli vibrare insieme, in un’assonanza che contamina l’uno con l’altro in uno scambio di alta resa simpatetica. 
Il Nostro esprime nell’introduzione il suo modo di essere poeta, “Il compito più difficile per chi scrive versi è denudare la parola e farla vivere della sua essenzialità.”
Infatti, questa è una poesia nuda ed essenziale in cui c’è tutto il paesaggio dei luoghi cari al cuore, la montagna, il lago il profumo dell’erba e della pioggia, e la capacità del poeta di trasmetterli e farli vivere sulla pagina.
D’altronde Bravin ha fatto del suo alentour una compagnia sincera, rimanendo con lui da sempre; mutandosi anche in questo empito d’amore; idealizzandosi per divenirne immagine. E’ a questo ambito che attinge: un pozzo di visioni  pregnanti del suo sentire che tornano a galla  con la voglia di fare la loro parte in questo giardino ricamato di memorie. Tutto si riassume in modo esemplare nella poesia iniziale:

Le narici del ricordo
portano il cuore
a sorgenti perdute.
Il cuore beve e batte,
come toro di velluto rosso.
Il cuore si disseta,
si accende
e muore ogni volta
nel ricordo.

Una poesia che regala immagini e induce ad una partecipazione sinestetica di grande impatto, e abbraccia i temi della natura, della società civile, del passato e del presente. I drammi di una società egoista che alimenta la povertà costringendo alla migrazione ad affrontare viaggi su rotte sconosciute con il coraggio della vita.
“...per non più avere negli occhi
lo sbattere dei sassi nelle culle...”

Ci sono molti martiri della guerra tra questi i più indifesi, quelli che non capiscono il perchè, quei bambini di Aleppo e quelli di Palestina, vittime innocenti di massacri decisi dai signori del male sorridenti nelle vetrine mediatiche e nelle parate dell’egoismo.

...Il mare è la scodella
del diluvio universale
è l’aldilà
gocciolato in terra...

Il mare solcato dai barconi che tracciano rotte verso l’eldorado che invece si trasforma in un cimitero, dove si cancellano le scie e s’annulla l’esistenza di corpi, che aggrappati ai frammenti di oggetti inutili, vivono l’abbandono di un dio che si assenta dal mare nostrum.
Nel susseguirsi delle poesie s’intersecano foto in bianco e nero di Daniele Levis Pelusi che ben richiamano le immagini dei versi e donano continuità alla parola.
Colpisce come la poesia scorre su queste pagine e ci porta verso un approdo sensibile fatto di verità, la stessa verità che accompagna la mano del poeta che cesella sotto dettatura dell’anima percorsi trasparenti che seducono per la limpida visione. Versi che sono fiammelle agitate dal soffio di un’esistenza umile che percorre una realtà come se fosse una notte profonda, ma sebbene siano piccole luci esse combattono contro l’oscurità e vincono senza fare tanto clamore:

Il tempo è un aratro
che apre le zolle dei nostri passi,
è un cavallo cieco
che si avvia
al limitare del campo.
Quando vi giunge
si riposa
e mangia e beve
nella grande stalla dell’eternità

Una raccolta di poesie ricca di suggestioni che, l’autore ha raccolto e lasciato sedimentare lungo tutta la sua vita nel profondo dell’animo. Ma la poesia non tace a lungo, quando giunge il momento propizio trova il varco ed erompe con impeto gentile per esprimersi in tutta la sua luminosità.
Dice Saramago: “Dentro di noi c’è una cosa che non ha nome e quella cosa e ciò che siamo”, in Pino Bravin quella cosa contiene la poesia ed è una forza gentile che affiora con la parola del cuore e ci conduce nel suo mondo pieno di armonie.
E cosi è stato per Pino Bravin che dopo una raccolta di racconti dal titolo “Di terra, di lago, di fieno” edizioni la memoria del mondo, eccolo approdare alla poesia con la sua nuova raccolta dal titolo Poesie pubblicata per i tipi Edizioni La mano di Legnano.



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