martedì 1 settembre 2020

NAZARIO PARDINI LEGGE: "LA POETICA DI MARCO RIGHI"


MARCO RIGHI

Nella semplicità del verso la maestosità del credo di Marco Righi


Da Dio ai suoi figli per meritare la vita eterna: fede, speranza e carità.

Crollano le nascite,/dei padri la Fe’ è smessa,/mi trovo in questa chiesa di mattina/e guardo, e lascio/che la luce irrompa/e compia i suoi prodigi./Di colpo sono bimbo/in questa chiesa, enorme, silenziosa/ma accogliente/che come allora/dall’alto il Sole filtra/e di colori caldi/il legno incendia/Silenzio e luce,/odori: cera e incenso/il rito ed il racconto/di un mistero…” (Chiesa). Luce, tanta  luce, prodigi, chiesa, tornare bambini con l’animo pulito, mistero, fede, speranza, passa la vita, carità. Sono i punti focali che fanno da  leitmotiv nel percorso ascensionale di questa silloge. Partire da terra, dalle cose umili, per elevarsi alla maestosità del Cielo, è quello che fa Marco Righi con la sua incrollabile ricerca verso la grazia di Dio. Opera fluente, scorrevole, trascinante, che dona tutto il suo ardore emotivo alla grazia di versi che proprio con la loro duttilità possono abbracciare la semplicità di un sentimento. Iniziare da questa  poesia significa penetrare fin da subito nella spiritualità profonda e coinvolgente di Marco Righi. Un autore che dà tutto se stesso allo slancio fecondo verso il Cielo. Verso la grandezza che la Chiesa contiene nella sua missione, volgendo agli uomini la mano per la loro salvezza, attraverso le tre virtù teologali. Il poeta cosa chiede al mondo, alla gente, ai fedeli? Chiede che si amino e che facciano dell’amore il ponte tramite cui si possa attraversare la palude dell’indifferenza. D’altronde è l’amore, il suo apporto, la sua contaminazione spirituale a fare degli uomini quella parte della terra più vicina al Signore: “…Cos’è la Fede/se non un dono arcano/che colma un’alma/e l’altra vuota lascia?/Perché mi è data?/a quali fin rivolti/sono i talenti/che albergo nel mio io…?”. Interrogativi di consistenza umana, di escatologica portata  universale, che ogni uomo si pone, magari senza trovare le giuste risposte. Ma l’autore le fa sue le risposte, le vive e le possiede, senza l’apporto della ragione, dacché la fede la speranza e la carità sono il terriccio fertile su cui nascono e si sviluppano i fiori della sua teologia.    “…Non c’è risposta,/soltanto una ricerca/continua, faticosa,/coinvolgente/che piano, piano/ti apre agli altri attorno/per viver la Speranza/insieme a loro…”. Sperare, fare di questo intenso input una scala verso l’alto, vale ad avvicinarsi agli altri; a fare di un insieme di persone una comunità, una società forte e stabile negli affetti e nella fede. Valori non solo religiosi ma anche etici, moralmente solidi per un mondo cha spesso sembra perdersi nei meandri di una società liquida, in preda alle aporie del quotidiano.   “…Passa la vita/passano le tue azioni/resta Fiducia/in chi tu incontrerai/e Vino nuovo aspetti/insieme a quelli/che han condiviso/Carità con te.”. Sì carità, un'altra virtù di cui l’uomo moderno scarseggia, tutto preso dai suoi affari, dai guadagni di una vita terrena, mentre  il tempo, nella sua inconsistenza e brevità, ci insegna  quanto ancora di più noi dovremmo affidarci allo spirito; agli insegnamenti ecclesiali. E’ cosciente il poeta della fragilità dell’esistere, del breve tratto che ci è dato per riflettere su noi ed il nostro ruolo. Fin dall’antichità gli scrittori si dolevano della inconsistenza dell’esistere, 1“Cotidie morimur”, scrive Seneca; o 2“dum loquimur fugerit invida aetas…”, Orazio. Lo stesso dolore o sperdimento di fronte al potere dissolutivo della morte si è tramandato fino ai nostri giorni. Allora cerchiamo di rimediare a questa carenza umana, affidandoci alla grandezza dei Cieli che dànno un senso di eterna elevazione alla nostra permanenza terrena. La silloge, di sette composizioni di ampia e libera stesura metrica, si distende su uno spartito di euritmica musicalità, valorizzato dal ricorso a rimiche combinazioni.

1)  Libro 3, lettera 24, Epistulae morales ad Lucilium
   2)  Carpe diem, Libro 1, Carmina (Odi)










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