lunedì 28 marzo 2022

ANNA VINCITORIO: "DA DOMESTIC VIOLENCE- 2007"

 

Da Domestic Violence – 2007 – In over own country – Nella nostra stessa terra.

 

 

Stanno creando una Irlanda nuova

al finire della nostra strada

proprio sotto i nostri occhi,

sotto le lampade ad arco che colpiscono

             le superfici che irradiano,

 

 

negli spazi dove una volta abbiamo vissuto,

negli sfondi per noi ora irriconoscibili.

 

 

Presenti qui coi nostri sguardi

siamo ora alla ricerca di nuove conoscenze.

 

 

In ogni stagione, sono stati lì a lavorare

distruggendo la strada che portava al nostro villaggio,

ponte, sentiero, fiume,

tutto quello che ci apparteneva, perduto

sotto l’assalto distruttivo dell’acciaio.

 

 

Una vecchia Europa

è giunta a noi come uno straniero nella nostra città,

ha dimenticato la sua musica tradizionale, guerre,

                                               trattati,

è ora soltanto una macchina dall’Olanda e dal Belgio

 

 

che trascina, scuote, spacca in più parti la terra argillosa

nella quale, la nostra trepida primavera era solita mostrarsi

con le sue giunchiglie in una sola fila ricurva.

 

 

Ricordi il battello dei migranti?

Il loro sembiante sperso che si consumava in un ultimo bagliore?

 

L’aria nel suo lento dissolversi: nel nulla, nel nulla, nel nulla.

 

Noi tiriamo strettamente il bavero intorno al collo

ma il vento, rigido e rapace, scopre la nostra gola.

 

Noi ce ne andiamo a casa. E questo è tutto ciò che sappiamo.

Noi ora siamo e saremo sempre da ora nel futuro.

 

E per quello che ne so, lo siamo sempre stati

esuli nella nostra stessa terra.

Da The lost land – 1998 – Mother Ireland – Madre Irlanda

 

 

All’inizio

terra sdraiata sul dorso divenuto campi

e quando mi volsi sul fianco

                           divenni collina.

 

 

Sotto stelle di gelo

             Io non vedevo

                           ma ero vista.

 

 

Sia di notte che di giorno

             le parole cadevano su di me.

                           Sementi. Stille di pioggia.

 

 

Scaglie di brina

             Da una di queste

                           seppi il mio nome.

                                        Mi alzai in piedi e ricordai.

 

 

Ora potrei raccontare la mia storia

Era diversa

da quello che si raccontava su di me.

 

 

E ora

       al primo nascere della primavera

       potrei vedere la ferita lasciata in me,

nella terra al momento dell’abbandono.

                    Me ne andai verso l’ovest.

 

                           Giunta là

       Ho volto lo sguardo colmo d’amore

                           ad ogni campo come lo stesso si allungava,

la sua ruota arrugginita e lo chassis della carrozzina

                           e presso la ginestra spinosa

 

spazi ricolmi di luce

 

Io sono stata tutto questo.

             Loro non compresero.

             Torna indietro da noi

             mi dissero.

 

 

abbiate fiducia in me, sussurrai.

Domestic Violence 2007 – In coming days – (Nei giorni che verranno)

 

 

Quanto prima

Io sarò vecchia come la Sham Van Vocht[1]

 

 

Quanto prima

Io chiederò d’incontrarla al lembo estremo di Kildare.

 

 

Freddo nell’aria

Il salice sarà bruciato dal gelo

ai bordi della strada.

 

I senza nome della nostra storia

marceranno con noi.

 

 

Difficilmente sapranno di due donne lungo la strada.

 

 

Io parlerò con lei anche nel convincimento

che lei parli soltanto con parole non sue.

 

 

Io le dirò: Ti hanno ingannato

Riesci a capirlo?

 

 

Lei guarderà la logora bandiera dietro di me

le lance di fortuna, i piedi illividiti, le sue labbra profferiranno:

 

 

Nel Currach di Kildare

I ragazzi si rifugeranno[2].

 

C’è ancora tempo le dirò. Noi

potremo ancora crescere d’età insieme.

E l’Irlanda sarà poi libera?

E l’Irlanda sarà poi libera?

 

 

Abbiamo amato le stesse cose, Dirò –

e soltanto una di queste. Ne parlammo una volta.

 

 

Si! L’Irlanda sarà libera,

dal centro al mare.

 

Ti ho quasi amata.

Da The Journey – 1987 – Suburban woman A detail – Donna di periferia. Un dettaglio

 

 

 

I camini sono stati puliti

I giardini hanno il loro taglio invernale

Gli arbusti alleggeriti delle fronde, le siepi mutilate.

 

 

L’oscurità dilagante diffonde la luce

delle auto che calano dalle montagne di Dublino.

 

 

Le nostre bambine le credevano stelle.

 

 

Non è questa la stagione

di quando la dea spuntò dal seme, dal grano,

dall’acqua al suo sgelarsi

e confusa e spersa

andò a trovare le figlie.

 

 

L’inverno è prossimo,

spente gocce di pioggia,

rossastre e confuse distanze,

inverni con sfumature garofano

e penetrante olezzo di tappeto erboso

quando porto dentro il latte

avviandomi verso la casa di una vicina

con una gonna di cotone,

una bluse che prende i colori

dell’ultima luce.

 

 

Io sono determinata

a iniziare così

ma la luce è declinante,

si sfumano i contorni della siepe,

lo stesso sentiero, i suoi margini.

 

Guarda verso di me dice l’albero

sono una donna come te

con indosso una gonna ampia, umana.

 

 

All’improvviso mi viene il dubbio

del cammino intrapreso

e verso dove ritornerò

solo in qualcosa

che potrebbe essere soltanto oscurità

 

 

a indebolire le linee

del mio corpo, lasciando che

tutte le ansie, gli orrori

della carne mutino le arie

e le forme della quiete autunnale

gridando: “ricordati di noi”.

Da The lost land – 1998 – The lost land – La terra perduta.

 

 

Ho due figlie.

Loro sono tutto quello di cui ho sempre avuto bisogno

dalla terra

o quasi tutto

Ho avuto anche bisogno di una parte di terra.

Una città intrappolata dalle colline. Un fiume nella città.

Un’isola il suo elemento.

Potrei dire mia – proprio mia.

Cosa d’appoco. Io intendo questo.

Ora loro sono cresciute e andate via

e la stessa memoria

è diventata un migrante

che vaga in un luogo dove l’amore simula un paesaggio

Dove le colline

hanno il colore degli occhi dei bambini,

dove i miei figli sono lontananza, orizzonti.

A sera,

al limite del sonno,

posso vedere il lido della baia di Dublino,

la sua distesa rocciosa e la banchina di granito.

È questo, io dico

come loro devono averla vista

uscendo a ritroso sul postale al crepuscolo

al calare dell’ombra

su ogni cosa che hanno dovuto lasciare?

Avrebbero potuto amare per sempre?

Poi immagino me stessa

alla barra verso terra di questo battello

alla ricerca di una mano per l’ultima volta.

Io vedo me stessa

Sul lato di quell’acqua che non appartiene

                                        ai vivi

al calare veloce del buio, dire

tutti i nomi da me conosciuti per una terra perduta.

Irlanda, assenza, figlia.

Moths – Falene

 

 

Stasera l’aria profuma d’erba recisa.

Mele color ruggine sui rami. Ormai estate è

un luogo dimenticato tra attesa e ricordo.

Questa è una estate delle falene.

Attimo di verità si manifesta dopo il buio.

Poi compaiono nel bordo delle nostre finestre

e davanzali come punte di spillo. Un barlume.

I libri che leggo su di loro sono pieni di leggende:

falene, fluttuanti fantasmi che si assembrano al crepuscolo.

 

 

In qual modo alcune varietà si manifestano

allo spuntare della luna.

La luna è alta. Le finestre spalancate sul retro.

La luce a metà luglio si diffonde all’intorno.

                    Io sono accanto alla siepe.

 

 

Ancora una volta sono prossime al davanzale,

fluttuanti oltre la fuxia e la lavanda

Che arriva fino al ginocchio e troppo blu

per allontanarle;

cadranno senza rendersene conto;

il loro muoversi improvvisamente,

quello che avrebbero voluto evitare avveniva,

un crepitare e un bruciare da ogni parte.

 

 

Loro periranno.

 

 

E io sto morendo – sullo spigolo e sulla soglia del

momento che tutta la natura teme e tende verso

la privazione della luce. Ingegnoso faxsimile

 

 

E la lampadina della cucina che le attira,

allunga l’ombra di mio figlio che è più lunga della mia.



[1]     In irlandese la povera vecchia è l’Irlanda fin dal XVIII sec. e cantata nelle ballate e raccontata nella leggenda.

[2]     Currach of Kildare è anche una canzone legata a eventi storici.

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