lunedì 7 marzo 2022

LOREDANA D'ALFONSO: "DENTRO L'URAGANO" DI FRANCO CAMPEGIANI

Loredana D'Alfonso,
collaboratrice di Lèucasde

 

Loredana D’Alfonso su_”Dentro l’uragano” di Franco Campegiani


Accostarsi alla lettura di quest’ ultima silloge poetica di Franco Campegiani dal titolo “Dentro l’uragano”, (edita dalla Pegasus Editori nel 2021) vuol dire addentrarsi realmente in una vera e propria tempesta dell’anima.

Come si legge nell’autorevole prefazione che porta la firma di Aldo Onorati, c’è in queste pagine una “Prorompente energia vitale, come un forza delle cose, un tutt’uno con la terra madre, rapitrice e rigeneratrice”.

Nella prima lirica “Lettera a Pier Paolo” “furono donne ad accorgersi/ che nella terra potevano/ piantarsi dei semi”.

Ma d’altra parte – e qui cominciano le prime gocce di pioggia che diventeranno uragano – si eleva chiara la condanna del Nostro, “il pianto muto, petroso, della verde innocenza contadina che ha visto annullare le vigne dei padri dalla piovra metropolitana”.

Nella poesia infatti si afferma, senza mezzi termini, che “ora si è spenta la terra/ e la donna non è più con noi/ S’è disseccato, Pier Paolo, per sempre/ il fiume del sacro primordiale”.

E la condanna, che si fonde con un “mea culpa”, continua in “Non avere pietà”, in cui l’Autore si rivolge ancora alla Terra, “luminosa dea”, che l’uomo ha deturpato, svilito, abbandonato.

Non avere pietà di questo tuo traditore/ Morirò straziato con tutti i miei simili”.

E ancora, nella stupenda lirica “Case nere lungo i viali asfaltati”, “il male d’oggi” è “una notte senza sbocchi/ che rifiuta l’impasto con le aurore” e nella “Stazione metro” solo anime perse, “viaggiatori di passaggio/ ombre, spettri, vuoti simulacri/ anime fuggenti alla deriva/, diaspora di corpi abbandonati”.

Ma nella realtà dualistica, tanto cara a Campegiani, c’è posto anche per la contemplazione di quel che resta di naturale e sacro.

L’uomo, d’altronde, e solo lui, deve scegliere se vivere o morire.

In “Concerto di primavera” l’uragano mostra una finestra di sole e uno spicchio di cielo sereno, un incanto “In quel lago di camomille e di taràssaco/ laggiù, in quella nuvola viola di borrana/ tuffare il mio volto rigato di lacrime” e “Senza peso potermi inginocchiare/ di fronte al padre ruvido ulivo”.

E la passione che ci trascina diventa l’Amore salvifico in “Con passi lievi ed alati” “Il tuo sorriso è un passaporto/per viaggiare dentro la vita/senza farsi invischiare dalla vita/senza cadere nelle trappole del male/nelle panie del dolore/nelle ferite della volgarità”.

Sentimento che tocca vette altissime in “Mi hai trovato infine”: “Mi hai trovato infine/infondo ai silenzi/ero torre solitaria/lungo i litorali deserti/bastione eretto a difesa del nulla/contro l’assalto delle onde e dei venti/hai spalancato ogni uscio/entrando con l’uragano/del tuo sorriso d’argento/delle tue mattine di spuma” e in “Frecce nel cuore”: “frecce nel cuore/allo spuntar del giorno/penso a te/al tumulto innocente/di fiori e d’albe/che il mistero mi regala/Non vederti/mi procura sofferenza/ma la gioia è più grande/perché so che ci sei”.

Il grido selvaggio di Campegiani ha tonalità di mistico e di primordiale in “Ho dentro un grido selvaggio”, “Ho dentro un grido selvaggio/una bomba inesplosa di vita/un tuono che si srotola da distanze sconosciute…/dai miei elementi invisibili m’invade/un’acqua impetuosa, sorgiva”.

E siamo nell’occhio del ciclone in “Tutto tornerà al suo posto”, dove il Nostro parla della nostra resurrezione in quanto esseri umani. “Seppure si sfaldasse un dì la terra/e si schiantasse il grembo antico di frescure/noi cadremmo dove non si può morire/là nel più segreto degli abissi/nel centro di pulsazione universale/Risorgeremmo dalla bufera cosmica/Rinasceremmo dal cuore di un lapillo/a respirare cieli selvaggi e limpidi/nel furore di rugiadose aurore”.

E infine, vorrei sottolineare la lirica “La mia fede”, testamento spirituale del poeta-filosofo Campegiani, dichiarazione dell’unione irrinunciabile di Bene e Male: il bianco esiste perché esiste il suo contrario, il nero, e allo stesso modo esiste il dualismo vita/morte.

“”Sii sempre franco, disse/sul letto di morte a me bambino/Sii forte, fiero e fermo/questa la lezione che appresi da lui/Credi in te stesso e non alle mie parole/Per questo adesso ho un fiume di preghiere/comandamenti che solo io conosco/e mi nascono dentro/come polla d’acqua sorgiva”.

E ancora, a sottolineare il suo credo, l’Autore aggiunge versi di fuoco: “Mi danno il voltastomaco/Caino e Abele/spregevoli plagiari/ dissacratori dell’unione/del Bene e del Male”. 

LoredanaD’Alfonso                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                     

 

 

 

 

2 commenti:

  1. Grazie Loredana, sei sorprendente...Chiarisci anche a me, parlando di "tempesta dell'anima", che l'uragano è strettamente connesso con la visione dicotomica del mondo che investe le mie poesie: la notte ed il giorno, il bianco ed il nero, l'estate e l'inverno, il bene ed il male, la vita e la morte, il maschile e il femminile, eccetera. Coppie di opposti, Armonia di contrari. Altro modo, questo, per nominare l'Amore, la legge di attrazione che tiene unito l'universo intero. Hai detto tutto questo, oltre che con grande acume, con l'entusiasmo che caratterizza da sempre ogni tua scrittura. Ti sono davvero grato, come lo sono per il blog che ci ospita e con il suo grande Condottiero.
    Franco Campegiani

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  2. Splendida questa tua esegesi Lory carissima della Silloge dell'Amico Franco Campegiani, che sta ricevendo sull'Isola tanti riscontri. Riesci a evidenziare i punti salienti dell'Opera e del pensiero dell'Autore. S tratta di una 'tempesta dell'anima'nella quale il Poeta affronta gli argomenti cari alla sua filosofia, che tutti seguiamo da tempo immemore. Citi 'la condanna che si fonde con il mea culpa' per il nostro atteggiamento verso madre terra, 'luminosa dea'. Bellissimo il passaggio nel quale definisci 'il grido selvaggio di Campegiani con tonalità di mistico e di primordiale' ... donandoci chiara l'idea di un lirismo che è cattedrale tonante. E ovviamente fai riferimento al dualismo tanto caro al nostro Amico, ovvero alla sua armonia dei contrari. Una pagina eccellente che trascina nel vortice poetico e rende omaggio all'uragano del nostro magnifico amico! Ringrazio te e Franco e vi abbraccio forte insieme a Nazario che rende possibili questi meravigliosi, arricchenti contributi.

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