mercoledì 7 gennaio 2015

PASQUALE BALESTRIERE SU "LA POESIA"


Pasquale Balestriere collaboratore di Lèucade

DA: "LORENA TURRI: "PROSA IN VERSI O POESIA IN PROSA": 

Io non so se sia impossibile definire razionalmente la poesia, come dice l'amico Franco Campegiani. So per certo però che essa trascura i confini netti, si prende gli spazi che vuole, invadendoli a modo suo, ignora divieti, trappole e forche caudine. Naturalmente il poeta non è un folle né uno sregolato, scrive secondo la sua natura, le sue capacità e certe regole che ha interiorizzate; e la sua bravura sta nell'incarnare in una forma plausibile il rivolo o il fiume di poesia che, erotto dalla sua più profonda intimità, lo percorre, e reclama l'uscita, cioè la vita e, quindi, appunto una forma. E poiché è sempre più difficile, al di là del gusto personale, stabilire cosa sia poesia e cosa non lo sia (tranne in casi evidenti, come possono essere quelli citati da Lorena Turri), né, per la fluidità del magma poetico, è possibile stabilire una barriera (sia pure mobile) che indichi dove finisca la poesia e dove cominci la prosa, diventa occasione di confronto, di battaglia verbale e di tenzone intellettuale la lettura di quello spazio o luogo di nessuno che intercorre tra la prosa e la poesia. Mi spiego meglio. Come stemperando il nero e caricando il bianco i due colori si toccano e poi si confondono nella tonalità del grigio, così può avvenire per prosa e poesia, con ambigue invasioni di campo. Avremo in quella terra di nessuno poesia prosastica o prosa poetica, e mi pare che questa sia soluzione praticata oggi da molti; che però definiscono sempre e solo "poesia" il loro prodotto spesso scadente. E questo non va bene. Anch'io, come i commentatori precedenti, a cui mi associo, sono per una poesia che non solo non si confonda con la prosa, ma neppure offra il destro di pericolose commistioni. Non mi piace la poesia prosastica, perché ha movimento eccentrico, che si allontana dalla vera poersia; preferisco il movimento concentrico della prosa poetica, se proprio devo scegliere. Ma prediligo colori netti. O bianco o nero. Qualunque cosa accada.


Pasquale Balestriere

3 commenti:

  1. Neppure io prediligo il grigio, se la commistione del bianco e del nero equivale alla confusione tra valore e disvalore. Mi interessa che in un testo ci sia qualità, ovvero poesia, in qualunque forma o genere esso si esprima. So bene che molti oggi definiscono "poesia" dei testi prosaici che nulla hanno a che fare con la poesia. Per contro esistono molti verseggiatori che scrivono in perfetta metrica, ma i cui versi sono assolutamente vuoti e privi di poesia. La qualità poetica è data da elementi indefinibili che trascendono le forme e i generi, pur ad essi legandosi in maniera misteriosa. So di sfondare una porta aperta con l'amico Balestriere.
    Franco Campegiani

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  2. Sono d'accordo con Franco Campegiani nel sostenere che molti verseggiatori che scrivono in metrica perfetta, compongono versi vuoti e privi di poesia.
    Costoro sostengono,e lo dico per averlo sentito con le mie orecchie, che la metrica è una sorta di copertina di Linus, che forma, struttura e musicalità rendono comunque poesia. Non ne sono per nulla convinta.
    In proposito cito Carducci: "a scrivere filastrocche ogni versipiùvolo ci riesce", con tutto il rispetto per le filastrocche (quelle vere), che adoro.
    "La qualità poetica è data da elementi indefinibili che trascendono forme e generi", dice Franco, e lo sottoscrivo.

    Lorena Turri

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  3. Vero, caro Pasquale, è difficile che la ragione possa definire, nella sua totalità, la poesia, perché la poesia non è costruzione razionale, ma è fantasia, creazione, immediata comunione di pensiero e invenzione, di contemporanea interiorizzazione e applicazione di regole ed intima espressione della nostra essenza del vivere il "magma poetico" che il poeta ha bisogno di esteriorizzare. Come è vero che la "forma" non possa già di per sé essere poesia. Perfino Montale, senza rinnegare la grandezza della sua produzione poetica precedente, quando alla fine non ha più la necessaria ispirazione a sostenerlo, riduce la sua produzione poetica, spesso, a composizione più formale che contenutistica, perché viene a mancare l'equilibrio necessario tra le due "cose". e se ciò accade a Montale figuriamoci cosa può accadere a chi pretende, come perplessa e incredula riferisce la Turri,che "forma struttura e musicalità rendono comunque poesia". La poesia è anche creazione interiore e creazione che rispetta regole e forma, sapendo che quelle regole (che non è più il caso qui di elencare) sono quelle che nei secoli, dalla lirica greca in poi, i poeti hanno creato e codificato e sapendo che il canto la poesia sono nati prima della prosa, e che poi la prosa ha tenuto lontane e ben distinte da sé. Rispettare quelle regole e quei "codici" non può essere cosa banale cui ci si può sottrarre, senza cadere, come tu affermi, nella banalità del "grigio". Non è una questione di conservazione del passato, ma ci si può rinnovare senza perdere le regole e la sintesi. Sono con te, e non per semplice amicizia, ma perché non amo la "terra di nessuno". La terra di nessuno diventa terra di conquista di mediocri e di avventurieri. O bianco o nero.

    Umberto Cerio

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