Giusy Frisina, collaboratrice di Lèucade |
Cronaca
di un soggiorno. Un libro che ho tenuto a lungo sul comodino per sentire più
vicina la presenza di un poeta con cui ho una comunicazione profonda, con cui
ho intessuto un dialogo a distanza che dura ormai da diversi anni, pur avendolo
incontrato, fugacemente, solo una volta. Perché il comune amore per la poesia,
non è banale dirlo, è un modo di sentire dialogante, fatto di parole e di emozioni, ma anche di silenzi
lunghi, a volte più forti di tante parole.
Ma la
parola quando è parola poetica è intrisa di silenzio e rende più intensa la
comunicazione. Come in questa ultima preziosa raccolta di Nazario Pardini, il
poeta in questione, un libro che per un po’ non ho aperto, poi ho aperto a
caso, leggendo quello che mi capitava, poi ho letto di seguito, tutto d’un
fiato….Poi l’ho messo in una nuova libreria e me ne sono per un po’ scordata.
Oggi l’ho ritrovato e riaperto. E ho sentito finalmente il bisogno di scrivere
qualcosa su questi splendidi versi che scorrono
così liberi e fluidi, eppure così classici, nella loro profonda verità, non perché io sia in grado di scrivere un commento, ma perché è anche
questo un modo per dialogare con il poeta amico, e ringraziarlo, di essere come
è, innamorato dell’amore e dei suoi luoghi familiari, ma anche di un’utopia
quale è la sua isola di Lèucade, nella quale ci ha pure voluti accogliere in un
interminabile simposio di scritture. Un’isola dalla quale, lo dice lui stesso
nella sua poesia “Il soggiorno”, ha tentato di fuggire e nello stesso tempo ha desiderato fortemente di
rimanere attaccato ad essa, esponendone i motivi poetici. La poesia è dolore e
gioia insieme infatti, non si può sfuggirle più se si è entrati – per caso o
per destino - nel suo abbraccio di madre e di strega. Così Nazario eroicamente
rimane tra le rocce e i flutti, pur restando nello stesso tempo ancorato ai
suoi ricordi d’infanzia, ai suoi cari – struggenti in particolare le sue poesie
dedicate al padre – e ci aspetta sempre
accogliendoci con un sorriso pieno di dolcezza, quando ci affacciamo
sulla sponda con i nostri versi. Gli ho chiesto anche asilo, come rifugiata – i
poeti sono tutti virtualmente rifugiati, con tutto il rispetto e la
considerazione per tutti coloro che davvero fuggono da paesi in crisi - e me l’ha dato, volendo posso rimanere in
permanenza, e credo proprio sia così, anche se pure spesso tento fughe. Ma
sapere che abbiamo questo porto, protetto da uno straordinario poeta come lui,
non può che essere di grande conforto, nelle vicissitudini della vita.
Mi
colpiscono naturalmente i toni leopardiani delle sue rimembranze, la dolcezza
delle immagini che assediano la memoria e la malinconia incombente
dell’ineluttabile fine. Ma c’è qualcosa di molto più personale, qui, che voglio
sottolineare, ovvero il grande equilibrio filosofico del pensiero di Nazario
Pardini la chiave di volta del suo approccio poetico, che è profondamente laico
ma mai nichilista, altamente spirituale e rispettoso della tradizione
religiosa, senza per questo dover essere
religioso. Ecco, questo delicato equilibrio io ammiro, perché è un grande
esempio di grandezza e maturità psicologica, pur nella consapevolezza della propria
fragilità umana. Lo sguardo infatti spazia dal particolare all’universale, ogni
vicenda umana ha la sua importanza, se pure è poca cosa rispetto alla verità
universale che tutto avvolge, pur se non conoscibile direttamente. Colgo tra le
righe la traccia jaspersiana di una fede filosofica che vede sullo sfondo
ancora una metafisica, anche se non più razionalizzabile, non più proponibile,
ma auspicata, e umilmente sperata. Ecco perché la rarefatta luce autunnale di
queste poesie non prepara alla notte oscura ma ad un cielo affacciato sul mare,
dove pure cadono la luna e le stelle, per un attimo ancora nostre. E anche la
casa natale i ricordi più dolci e soprattutto le persone care scomparse, sono
lì tra la campagna e il
mare, immersi nel crogiolo dei pensieri
di luce di un poeta che più non teme la
morte perché ha trovato finalmente
la pace dell’immortalità nel pensiero
fluttuante dell’anima.
Giusy
Frisina
Carissima Giusy, grande e sensibile amica,
RispondiEliminami hai fatto il dono più bello, più intricante, insomma più..., con questa epistola che mi va dritta come una freccia appuntita al cuore. Quanta emozione!!! E credo che tu abbia colto (un laico mai nichilista)l'essenza del mio credo; l'anime del mio canto; l'ombra del mio rifugio; la luce della mia isola. Ti ringrazio, mia tenera, dolce e acuta abitante di Lèucade.
Nazario