martedì 3 settembre 2019

GIUSY FRISINA LEGGE: "CRONACA DI UN SOGGIORNO" DI NAZARIO P.



Giusy Frisina,
collaboratrice di Lèucade



Cronaca di un soggiorno. Un libro che ho tenuto a lungo sul comodino per sentire più vicina la presenza di un poeta con cui ho una comunicazione profonda, con cui ho intessuto un dialogo a distanza che dura ormai da diversi anni, pur avendolo incontrato, fugacemente, solo una volta. Perché il comune amore per la poesia, non è banale dirlo, è un modo di sentire dialogante, fatto  di parole e di emozioni, ma anche di silenzi lunghi, a volte più forti di tante parole.
Ma la parola quando è parola poetica è intrisa di silenzio e rende più intensa la comunicazione. Come in questa ultima preziosa raccolta di Nazario Pardini, il poeta in questione, un libro che per un po’  non ho aperto, poi ho aperto a caso, leggendo quello che mi capitava, poi ho letto di seguito, tutto d’un fiato….Poi l’ho messo in una nuova libreria e me ne sono per un po’ scordata. Oggi l’ho ritrovato e riaperto. E ho sentito finalmente il bisogno di scrivere qualcosa su questi splendidi versi che scorrono  così liberi e fluidi, eppure così classici, nella loro profonda verità,  non perché io sia in grado  di scrivere un commento, ma perché è anche questo un modo per dialogare con il poeta amico, e ringraziarlo, di essere come è, innamorato dell’amore e dei suoi luoghi familiari, ma anche di un’utopia quale è la sua isola di Lèucade, nella quale ci ha pure voluti accogliere in un interminabile simposio di scritture. Un’isola dalla quale, lo dice lui stesso nella sua poesia “Il soggiorno”, ha tentato di fuggire  e nello stesso tempo ha desiderato fortemente di rimanere attaccato ad essa, esponendone i motivi poetici. La poesia è dolore e gioia insieme infatti, non si può sfuggirle più se si è entrati – per caso o per destino - nel suo abbraccio di madre e di strega. Così Nazario eroicamente rimane tra le rocce e i flutti, pur restando nello stesso tempo ancorato ai suoi ricordi d’infanzia, ai suoi cari – struggenti in particolare le sue poesie dedicate al padre – e ci aspetta sempre  accogliendoci con un sorriso pieno di dolcezza, quando ci affacciamo sulla sponda con i nostri versi. Gli ho chiesto anche asilo, come rifugiata – i poeti sono tutti virtualmente rifugiati, con tutto il rispetto e la considerazione per tutti coloro che davvero fuggono da paesi in crisi  - e me l’ha dato, volendo posso rimanere in permanenza, e credo proprio sia così, anche se pure spesso tento fughe. Ma sapere che abbiamo questo porto, protetto da uno straordinario poeta come lui, non può che essere di grande conforto, nelle vicissitudini della vita.
Mi colpiscono naturalmente i toni leopardiani delle sue rimembranze, la dolcezza delle immagini che assediano la memoria e la malinconia incombente dell’ineluttabile fine. Ma c’è qualcosa di molto più personale, qui, che voglio sottolineare, ovvero il grande equilibrio filosofico del pensiero di Nazario Pardini la chiave di volta del suo approccio poetico, che è profondamente laico ma mai nichilista, altamente spirituale e rispettoso della tradizione religiosa, senza  per questo dover essere religioso. Ecco, questo delicato equilibrio io ammiro, perché è un grande esempio di grandezza e maturità psicologica, pur nella consapevolezza della propria fragilità umana. Lo sguardo infatti spazia dal particolare all’universale, ogni vicenda umana ha la sua importanza, se pure è poca cosa rispetto alla verità universale che tutto avvolge, pur se non conoscibile direttamente. Colgo tra le righe la traccia jaspersiana di una fede filosofica che vede sullo sfondo ancora una metafisica, anche se non più razionalizzabile, non più proponibile, ma auspicata, e umilmente sperata. Ecco perché la rarefatta luce autunnale di queste poesie non prepara alla notte oscura ma ad un cielo affacciato sul mare, dove pure cadono la luna e le stelle, per un attimo ancora nostre. E anche la casa natale i ricordi più dolci e soprattutto le persone care scomparse, sono lì  tra la campagna e il mare, immersi  nel crogiolo dei pensieri di luce di un poeta che più non teme la  morte perché ha trovato finalmente  la pace dell’immortalità  nel pensiero  fluttuante dell’anima.

Giusy Frisina

1 commento:

  1. Carissima Giusy, grande e sensibile amica,
    mi hai fatto il dono più bello, più intricante, insomma più..., con questa epistola che mi va dritta come una freccia appuntita al cuore. Quanta emozione!!! E credo che tu abbia colto (un laico mai nichilista)l'essenza del mio credo; l'anime del mio canto; l'ombra del mio rifugio; la luce della mia isola. Ti ringrazio, mia tenera, dolce e acuta abitante di Lèucade.

    Nazario

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