mercoledì 11 settembre 2019

RICCARDO MAZZAMUTO: "DAL RITORNO AL VIAGGIO SENZA MEDIAZIONE"



Cliccare per ingrandire

Dal ritorno al viaggio senza mediazione
Riccardo Mazzamuto
Dal ritorno al viaggio
senza mediazione
Tutti i diritti riservati
© 2019, ERETICA Edizioni
Direttore responsabile: GIORDANO Criscuolo
Finito di stampare a Buccino (SA)
nel mese di XXXXX 2019
presso
per conto di ERETICA Edizioni
www.ereticaedizioni.it
ISBN xxxxxxxxxxxxx

Ai miei genitori
mio padre Domenico
mia madre Antonietta.

“Attento abitante del pianeta,
guardati! dalle parole dei Grandi
frana di menzogne, lassù
balbettano, insegnano il vuoto.
La privata, unica, voce
metti in salvo: domani sottratta
ti sarà, come a molti, oramai…”
Antonio Porta 

Una scrittura dal profondo

In questo “Dal ritorno al viaggio senza mediazione” in questo dopo-morte solenne, visionario, iniziatico, Riccardo Mazzamuto ci consegna – in una scrittura dal pro-fondo – le pagine arcano\ arcaiche d’una sua visione: visione di sé, visione del mondo, visione di sé nel mondo, anzi di sé in un dopo mondo nel quale, tuttavia vigono (e vivono) ancora le leggi di quest’ultimo. Il mondo cui si riferisce l’autore (da un suo al di là, da un suo onirico “oltre”) è un mondo ricreato, re-inventato, immaginato, sognato più che reale, un mondo di secondo grado: il mondo della parola, del linguaggio, dell’espressione scritta: il mondo della letteratura coi suoi scrittori (guide, maestri, compagni di strada che dir si voglia), i quali sono dunque le guide, i maestri, i compagni di strada di Mazzamuto, che con questo lavoro confessa se stesso sino in fondo, sin nel profondo, dal profondo, dei propri gusti (e disgusti), dei propri (scritti, letti, letterari) amori della propria multipla “iniziazione” al vivere come allo scrivere: al vivere in quanto scrivere, e allo scrivere, in quanto dopovita, in quanto morte (morte, ossia superamento, ulteriorità rispetto a questa troppo, troppo cruda, reale unica vita).
Di “bando” in “bando”, di balza in balza, da D’Annunzio alla Pozzi, da Foscolo a Leopardi, da Gozzano a Campana a Baudelaire a Pavese e via via, i propri autoriamori sono menzionati in un vortice, in un mulinellare che si conclude con un risveglio (l’aldilà? l’oltretomba?) tra “ lastre di fantasia”, nel ripudio della società terrena, poiché lo scrivere , la scrittura, gli scrittori (guide, maestri, compagni di strada) solo contano, solo sono vivi davvero (par dirci l’autore): vivi dopo la morte, che in questa vita non possono esserlo, non essendo qua data alla scrittura facoltà d’esistere, di resistere, né al sogno di sognare, né allo scrittore di scrivere scriversi.
Così – in tale desolata, ma anche luminescente maniera – ho inteso questo testo: palese quanto misterico, pànico quanto funebre, dantesco quanto ossianico, scritto d’una scrittura densa e talvolta ironica con un forte intreccio di tradizione e ricerca di passato e presente. Un poeta e uno scritto che affascinano con le proprie luci e ombre. Ed ombra e luce ne sono le lugubri allegorie, le luminose risorse.

Mariella Bettarini

1 commento: