giovedì 22 febbraio 2018

S. MENICHETTI E N. PARDINI SU "PERCY BYSSHE SCHELLEY...."


Credo cosa giusta e importante accompagnare la poesia di Serenella Menichetti (scaturita da una ricerca di stile innovativo; da un affondo di valenza storico-letteraria da cui  tutta la proteiforme vena speculativa) con  questo saggio tratto dal mio “Lettura di testi di autori contemporanei Vol. III, 2015, inedito".



Il mito di Percy Shelley

ONDA IMPETUOSA

Sopra a questa marina selvaggia

dove Paolina, lo statuario corpo 
nello splendore del mare immerge. 
Cristalli e fili d’oro il sole sparge.

Si culla l’Ariel sull’increspatura 

dell’onda. Dalla fruttuosa penna
di Percy, sbocciano gemme a frotte.
Quando la quiete in burrasca declina.

S’adombra il cielo, Il vascello si spezza.

Cheta rete, su mare e terra cala.
Non hanno voce né memoria i giorni.
Tacciono le sirene e nebulosa
attesa, la mente in incertezza ingabbia.

Sulla battigia là dal mare giunge

di Percy Shelley trasfigurato corpo.
Riscontro acre che speranze e dubbi
con fioco soffio in un momento spegne.

La selvaggia marina a lumi lievi

accoglie colui che il mare rende.
Quando mano impietosa: sabbia e calce
sul corpo scaglia per la sepoltura,
acuminato dardo di dolore
trafigge e squarta della moglie il petto.

Di seguito sul pensiero si spalma

Pietas che toglie lastra che sui resti 
grava. Cosparso d’oli di profumi
e incensi simile al figlio d’Eolo
il poeta sulla pira viene posto.

Spirito titano entro virginee forme, 

sale dove inquietudine si scioglie.
Il popolo sgomento si spaventa.
Della vita terrena un cuore resta
di carne e sangue in scrigno adagiato.

Lo tiene Mary come reliquia

del compagno perso. Dell’inquieto
poeta, che cercò invano la risposta
all' immenso dilemma che ciascun uomo 
insegue: Then, what is life?


Serenella Menichetti


  

Saggio su Percy Bysshe Shelley e i peregrinaggi marini


Temo i tuoi baci fanciulla innocente

Temo i tuoi baci fanciulla gentile, ma tu
non hai motivo di temere i miei;
troppo profondamente il mio spirito è oppresso

perché io possa opprimere anche il tuo.
Temo il tuo viso e la tua voce e i gesti, ma tu
non hai motivo di temere i miei;
la devozione del cuore con la quale adoro
il tuo cuore, sii certa, è innocente. (Percy Bysshe Shelley)

Dal gennaio del 1820 gli Schelley si stabiliscono a Pisa dove rimarranno fino al luglio del ‘22: anche Byron, un anno dopo, si reca nella mia città e da quell’epoca Percy Bysshe Schelley e Lord Byron vivono in quotidiana intimità in mezzo a un piccolo circolo di cui fanno parte il Trelawny, i Williams e il capitano Medwin. Schelley subisce il fascino del genio di Byron, una sorte di oppressione. Scrive in questi giorni a Leigh Hunt, editore aiutato dal poeta stesso a venire a Pisa per la pubblicazione del The Liberal: “I do not write, I have lived too long near Lord Byron, and the sun has extinguished the glow-worm”(1). Ma in altri momenti la fiducia gli torna e allora si esprime in tutt’altra maniera: “This I know, that whether in proising or in versing , there is sommething in my writings that shall live for ever”.(2) Nella primavera del ‘22 Byron prende una villa in affitto vicino a Livorno e il resto della brigata va ad abitare a S. Terenzio di Lerici. Prima di lasciare Pisa i due si fanno costruire uno yacht ciascuno: Bolivar e Ariel e proprio nell’estate di quest’anno Schelley col suo Ariel fa lunghe gite in compagnia di Williams mentre lavora al suo ultimo poema The Triumph of Life. Finché, l’otto di luglio, malgrado il cielo sia minaccioso, Percy Bysshe Schelley s’imbarca con l’amico Edward Williams e il marinaio Charles Vivian  azzardando sfide che è stato solito intraprendere nel corso della vita o immaginare nel suo Himn to Intellectual Beauty: “While yet a boy I sought for ghosts, and sped / th many a listening chamber, cave and  ruin, / and starlight wood, with fearful steps pursuing / hopes of high talk with the departed dead. / I called  on poisonous names with which our youth is fed; / I was not heard - I saw them not”. (3) Il cielo è plumbeo e il maestrale tira più del solito. Gli ampi ombrelloni dei pini che da Migliarino alla marina di Torre del Lago costeggiano la spiaggia, si dimenano nel cielo, mischiando il sapore di ragia all’acuto profumo dell’aria salmastra. L’onda si leva, squassandosi sulla battigia con ritmo assordante questo 8 luglio del 1822. Da Livorno sarebbero dovuti giungere a S. Terenzio di Lerici. Ma al largo di Viareggio l’imbarcazione è inghiottita dal mare e i corpi sono trascinati alla deriva. Il corpo di Williams viene recuperato alla bocca del Serchio. La mattina del 19 luglio i carabinieri guardiacosta del ducato di Modena trovano un altro cadavere sul litorale massese fra le foci dei fossi Brugiano e Poveromo. Un certo G. Ballero scrive alle autorità sanitarie del Ducato: “È vestito con abiti marinareschi rilevandosi essere ancor non pochi giorni ch’è già affogato rendendo di gran puzzo, che perciò io opinerei che fosse questo abbruciato usando tutte le cautele sanitarie come già praticato in consimili casi”. Si tratta del corpo dell’altro compagno di navigazione del poeta: quello di Vivian. Così riportano due lettere rinvenute nell’Archivio di Massa: “La vicenda sembrerebbe chiara [...] al riconoscimento dei corpi di Edward Williams e di Charles Vivian, interrato e calcinato il primo, ridotto in cenere e insabbiato il secondo senza cristiana sepoltura: tali erano d’altronde i tempi”. E il terzo cadavere? Scrive in una lettera  il capitano Domenico Simoncini, ufficiale di sanità di Viareggio del Ducato di Lucca, pubblicata dall’inglese Trelawny, amico di Schelley: “ Il 18 - quindi il giorno prima del ritrovamento del cadavere del marinaio - è stato gettato sulla spiaggia apuana un corpo mancante di testa mangiatagli dai pesci [...]. Il corpo è stato bruciato sul posto e le ceneri interrate nella sabbia: quelli senza dubbio i resti mortali della terza vittima dello Ariel”. Nelle tasche del poeta sono stati rinvenuti un volume delle poesie di Keats e le tragedie di Sofocle. Nella zona dove è stato ritrovato il cadavere dell’amico non figura nemmeno una lapide. Sarebbe bello, magari con versi che il poeta gli ha dedicato, vi si ergesse, a ricordo di colui che visse gli ultimi giorni accanto a uno dei più grandi della letteratura del XIX secolo. Mi piace anche immaginarmi poeticamente i resti di questi grandi in balia delle onde marine. D’altronde lo saranno stati quelli di Virgilio, dopo che una fetta di Pozzuoli, quella su cui si trovava la tomba del poeta, fu inghiottita dal mare. Ora Partenope - Mantua me genuit. Calabri rapuere. Tenet nunc Partenope. Cecini pascua, rura, duces - conserva la lapide ma non le spoglie. Questi peregrinaggi marini post mortem tanto speculari all’inquietudine di coloro che in terra non trovarono pace, suscitano un senso di continuità salvifica se soprattutto si concretizzano nella cornice di orizzonti che sanno proprio d’infinito.    


A Virgilio

Ancora sperano le tue spoglie
inghiottite dal mare di Pozzuoli.
Gridano Mantua!, Mantua!,
e il dissidio che eguale a Didone
covarono nell’animo.                                 
Accarezzano i lembi nell’ora serale
quando le onde conducono il cielo
al brunire odorato di terra.
Destinate a vagare nei gorghi
forse accostano i porti di Enea
aggrappandosi agli scogli
o sperandosi sui placidi liquidi
delle vaste bonacce. Chissà che non giungano
alle coste del greco cantore: per voi sarà facile   
trovare una pace
reinventando l’umano
ancorato alle falde del cielo. (Nazario Pardini, 10/11/2003)



NOTE

(1) Io non scrivo, ho vissuto troppo a lungo vicino a Lord Byron ed il sole ha estinto la lucciola.
(2) Questo io so, che sia in prosa che in versi vi è qualcosa nei miei scritti che vivrà eternamente.
(3) Mentre ero ancora ragazzo cercavo gli spettri e passavo attraverso molte stanze in attesa, caverne e rovine e boschi illuminati da stelle, con passo timoroso perseguendo speranze di alti conversari con gli spiriti di morti. Invocavo i nomi velenosi di cui si nutre la nostra giovinezza; non mi ascoltavano ed io non li vedevo.

Nazario Pardini




14 commenti:

  1. Sempre molto felice di sostare su questa isola. Questa volta doppiamente onorata. L'accostamento del saggio su Schelley dello scrittore Nazario Pardini alla mia poesia è per me fonte di pura gioia. Serenella Menichetti

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  2. Apprezzatissima la poesia unitamente ai commento di lettura di Nazario.

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    1. Carissima Patty, il tuo intervento rende più credibile il messaggio...
      Nazario

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  3. Grazie Patrizia
    Serenella Menichetti

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  4. Che bella iniziativa quella di commentare con contributi critici significativi le poesie di impegno culturale che vengono inviate a Leucade!: si esce così dalla ricerca della pura visibilità per un fattivo impegno di collaborazione culturale. Sono contenta per ogni lettore che intenda seguire con coerenza e partecipazione il blog letterario.

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    1. Grazie, Maria Grazia, per la tua acuta osservazione.
      Nazario

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    2. Ringrazio Maria Grazia per l'attenzione e soprattutto per il prezioso consiglio. Contribuire con commenti critici ai testi è un modo per arricchire culturalmente questo blog e tutti coloro he ne fanno parte. Serenella Menichetti.

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  5. Complimenti a te Serenella per la pregevole poesia e a Nazario per il suo interessante intervento.
    E' sempre un piacere leggere scritti di così notevole spessore.

    Emma Mazzuca

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    1. Grazie Emma, per la tua preziosa presenza
      Nazario

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    2. Ringrazio di cuore Emma per l'attenzione.
      Serenella Menichetti.

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  6. Sono felice con te, cara Serenella, per il meritato riconoscimento da parte di Nazario Pardini nei confronti della tua poesia. Qui metti bene in evidenza, al di là delle tue ormai note capacità compositive, anche una caratteristica bella e positiva del tuo carattere, che ti spinge sempre alla ricerca del nuovo, tanto nei contenuti quanto nelle forme espressive. Non c'è limite, lo sappiamo bene, all'intelligenza e fantasia di chi non si accontenta facilmente di quello che fa.
    Complimenti dunque e congratulazioni.
    Riguardo al Saggio su Schelley , di Nazario, mi piace annotare quanto segue:
    Ci sono due pensieri del poeta tradotti in nota (n. 1 e n.2) interessanti che si adattano bene alla figura del poeta Nazario Pardini - escludendo ovviamente il fatto che per lui il sole abbia "estinto la lucciola.- Sulla nota n.2 invece concordo appieno.
    Gli scritti di Nazario Pardini vivranno per sempre, perché nutriti dalla linfa dell'amore, amore per la poesia, per la cultura, per il mito in particolare...e il mito non morirà mai.
    In tanti anni di produzione artistica il Poeta Pardini ha scritto amato cantato...presentato e commentato tutta la bellezza del mondo, da quella del creato all'arte ai sentimenti umani, i più nobili.
    Scrittura di valore universale, la sua, che non passerà mai di moda, perché l'Arte non appartiene al tempo.
    Ancora una volta ammiro la parola che canta, la fantasia che vola in questa pagina di Nazario.
    Edda Conte.

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    1. Grazie Edda per questo commento così gratificante. Concordo pienamente con te riguardo agli scritti di Pardini. La sua è una scrittura senza tempo proprio perché ogni parola vibra di un'energia che proviene da quell'amore universale che lo contraddistingue. La prova è l'armonia totale che si respira leggendolo. Serenella Menichetti

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    2. Carissima Serenella, troppo buona! Spero solo nell'amicizia e nel calore umano su questa amata terra.
      Nazario

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  7. Grazie Edda, per il tuo apprezzamento dettato da un plurale sentimento per l'arte e l'humanitas in generale...
    Nazario

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