venerdì 2 febbraio 2018

SANDRO ANGELUCCI: "TOTEM DEGLI APPENNINI-I GIORNI DELL'OMEGA"

“TOTEM DEGLI APPENNINI - I GIORNI DELL'OMEGA”
(Franco Campegiani su Mitia Aruna alias Emilio Anselmi)

Sandro Angelucci,
collaboratore di Lèucade
 

EDIFICANTE:
non trovo parola migliore per esprimere la sensazione ricevuta al termine della lettura di questo lavoro di Franco Campegiani.
Fin dall'incipit: "I giorni dell'omega, i giorni del compimento. I giorni della fine. Il Centro Italia è stato scosso da tragedie telluriche immani e, come da sempre accade, l'arte, partecipe dei dolori del mondo, funziona anche da tamburino della rinascita coi suoi potenti sussulti creativi. La mostra dell'artista Emilio Anselmi, in arte Mitia Aruna, vuole porsi come "il racconto di un nativo degli Appennini", una sorta di manifesto rigenerativo della montagna che, nei giorni dell'omega, sappia tornare a parlare dell'alfa, dell'inizio che necessariamente è connesso con la fine.", l'attenzione è catturata da quel darsi la mano dell'omega con l'alfa e viceversa; e si resta affascinati dalla positività del messaggio. Altro che ritorno alle origini: qui si parla di futuro: del mondo e della specie umana.
Smettiamola con le dichiarazioni di falsa solidarietà, con le promesse di ricostruzione dei tanti pulcinella, con la retorica che non fa altro che far crollare altri muri su chi c'è rimasto sotto. Vivo ai margini di quell'Appennino di cui si parla e vi assicuro che mi sento un "nativo" come Mitia Aruna (Emilio Anselmi, che conosco e stimo profondamente come uomo e come artista): quelle montagne le ho scalate, quei sentieri li ho percorsi, quell'aria l'ho respirata, e non è aria di morte, non è atmosfera inquinata o inquinante come quella che quotidianamente ci asfissia. No, è profumo di vita, è voglia di vita: anche il terremoto - guardate cosa arrivo a dire - è voglia di vita rispetto all'immobilità, alla staticità di una palude che lentamente ci sta inghiottendo tutti e fa molti ma molti più danni.
Volete prendermi per un dissacratore? Bene: lo sono; se consacrare significa comportarsi come ci comportiamo, lo sono.
"...è così che la cultura degli avi si rinnova, nella certezza che l’alfa e l'omega cadono sempre l'una nell'altra e si danno fraternamente la mano" - scrive Franco -; è così che lo spirito della terra si rigenera: mai uguale a se stessa. Vogliamo impedirlo? Inutile ribadire a quale conclusione arriveremmo.
"Ecco che, per andare avanti, bisogna tornare indietro. Non in senso passatista e nostalgico, ma in senso innovativo." - scrive ancora Campegiani - altrimenti indietro ci torniamo davvero.
La palingenesi è già in atto: viviamola con la consapevolezza che Madre Natura non è matrigna. Viviamola da poeti.

Sandro Angelucci

2 commenti:

  1. Sono profondamente scosso, a mia volta, dal messaggio positivo (prepotentemente positivo) di Sandro Angelucci. E' la positività che esplode dalle viscere della terra, di quella Grande Madre che si spezza come il pane per partorire con urla terrificanti nuove e tenere forme di vita. "E' così che lo spirito della terra si rigenera", dice Sandro, congiuntamente all'artista di cui io parlo nella mia recensione. "Non tutti i mali vengono per nuocere", recita un vecchio adagio. Ed è vero, se solo si pensa alla gara di solidarietà (quella vera e non quella di facciata) che si scatena nelle grandi calamità, come le guerre e appunto i terremoti. Per non parlare del desiderio di rinascita che ne segue. La vita è fatta così e a nulla serve interrogarsi se sia giusto o sbagliato, se sia un bene oppure un male. E' così e basta. Nella sventura diveniamo veri fratelli e nella disgrazia ritroviamo quella sana voglia vogliosa di operare che purtroppo smarriamo quando affondiamo nell'aridità, nel quieto vivere e nella pigrizia dell'opulenza, nelle sabbie mobili delle comodità, dell'ipocrisia e dell'ingordigia, dove tutto è apparentemente tranquillo e tutto sembra essere (ma non è così) "rosa e fiori".
    Franco Campegiani

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  2. La lettura del commento di Sandro Angelucci in riferimento allo scritto di Franco Campegiani mi ha riportato alla mente una convinzione sostenuta qualche decennio fa dal chimico britannico James Lovelock e cioè che la Terra, lungi dall’essere riducibile a sola materia inorganica, potrebbe essere considerata Gaia, un organismo vivente, variante di Gea (nome della dea greca personificazione della terra). Un organismo vivente in grado di autoregolarsi. Quasi un ritorno all’animismo di primitivi. Penso che né Angelucci, né Campegiani vedrebbero in questa ipotesi un regresso. Se si parla di vita e del suo ciclico tornare, chi può dire se i primitivi non siano più avanti dell’uomo d’oggi, così progredito tecnologicamente ma sempre più calcolatore di tempi e profitti e sempre più privo di capacità complessiva di visione e soprattutto di poeticità?
    Complimenti ad entrambi per le acute riflessioni.

    Annalisa Rodeghiero

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