venerdì 1 giugno 2018

ROBERTO DE LUCA LEGGE "RIBALTAMENTI" DI F. CAMPEGIANI



                                       

Ribaltamenti, di Franco Campegiani,
letti da Roberto De Luca


Franco Campegiani,
collaboratore di Lèucade

I contenuti di questo libro di Franco Campegiani sono una  specie di meteorite psicologico che impatta nella mente  e provoca rigenerazione. Dire meteorite  è forse  esagerato, ma, quantomeno, se non proprio di questo, si può certamente parlare di messa in discussione di qualcosa che noi stessi ( o perlomeno io) avevamo già messo in discussione, anche se in maniera inconsapevole.
Leggendo Ribaltamenti ci si accorge che questo scritto, più che un saggio, può essere considerato un romanzo, ed è il romanzo del pensiero di Campegiani, che l’ha raccolto qui e ce ne ha fatto dono, seminando un seme in terra potenzialmente fertile, illuminando senza dubbio quella parte di noi che soggiaceva lì da un lato, mezza morta,  a volte evitata e comunque un po’ dimenticata.
 Leggendo questo libro mi sono fermato, ho fatto un passo indietro e ho guardato bene in quelle parti luminose che sono disseminate un po’ ovunque nella diegesi di questo libro, tutte convergenti su svariate soluzioni, una su tutte  quella cosa complicatissima e allo stesso tempo semplice chiamata Equilibrio. Con tutto il rispetto, qui non si parla di filosofia orientale,di meditazioni yoga o di  quant’altro, anche se si fa spesso riferimento al Taoismo e allo yin e yang (il bianco e il nero in perfetto equilibrio come nel famoso simbolo),  ma di qualcosa che ci riguarda molto più da vicino, cioè dell’uomo occidentale e del mondo che egli stesso ha creato attraverso il suo percorso storico-umanistico. Franco parte dagli albori della civiltà, dalle culture di tipo primordiale con culti prevalentemente animistici, passa attraverso la filosofia dei pre-socratici,  quindi nel pensiero di Anassimandro e di  Eraclito da Efeso, poi  in quello di Socrate stesso. Attraversa il mondo contadino col suo scorrere lento rispetto alle nevrosi che nel corso della storia hanno caratterizzato altre realtà del mondo occidentale, quindi il suo conservare l’archetipo  con tanto di miti e leggende, fino a giungere ai giorni nostri.    In buona sostanza, quello su cui punta l’indice questo testo, è il fatto che in noi vive ancora, e dobbiamo dire fortunatamente, l’essere archetipo  che prima del pensiero razionale viveva in armonia con la natura, con l’universo intero, con la Madre Terra e con il Padre Cielo, con le piante e con gli animali e che, al pari dell’intelligenza appartenente alla sfera della ragione, usava l’intelligenza dello spirito.  Senza perdere di vista l’Archè originario e originante qui si spiegano le ragioni dell’allontanamento dell’uomo da quella sfera primitiva contenente il mondo e i suoi opposti, tra i quali si trova quell’equilibrio cui l’uomo dovrebbe nuovamente  far riferimento.
 Professare il Bene non significa escludere il Male, ma significa seguire l’istinto naturale, perché la natura stessa si rigenera e tende a proiettarsi verso il futuro, a riprodursi e a non morire, cioè a rifiorire . Bisogna però tener conto del Male, che controbilancia dalla parte opposta e in certo qual modo ci mette continuamente alla prova, pretendendo da noi qualità come il coraggio, l’onestà e, non ultima, l’astuzia, per poter controbattere.
Il pensiero manicheo tende a fare una separazione, a essere unidirezionale. Quindi il Bene da una parte e il Male dall’altra e non è possibile che essi si incontrino, perché, secondo quella filosofia, essendo agli antipodi,  possono generare solo disastri, mentre il pensiero eracliteo, filosofia in osmosi con quella di Franco, ama la dualità, il considerare il Bene e il Male , così come il giorno e la notte, il bianco e il nero , delle forze contrapposte in grado di generare  armonia ed equilibrio ; ama il mettersi in discussione, che significa anche stare nel mezzo a osservare,  ama  il mutare, che significa essere profondamente vivi.
L’uomo vive perennemente in scissione tra l’essere archetipo e la ragione. La Dea Ragione, come Franco la chiama, è nata come per miracolo. Essa, in epoche remote, ha scelto l’uomo  tra migliaia di altri esseri per permettergli di districarsi al meglio in un mondo ostile e dominato da forze alle quali egli nulla poteva contrapporre ( animali giganteschi, natura impervia, belve feroci, eventi catastrofici …)  e anche per organizzarsi in comunità. Per far questo non bastava  la sola parte istintuale, che era molto sviluppata nell’uomo primitivo. I guai, se così vogliamo chiamarli (e in questo mi sembra consista lo zoccolo duro dell’intera faccenda) sono nati nel momento in cui la parte razionale si è impossessata dell’intero essere umano prendendo il sopravvento sull’essere archetipo, sull’essere profondo che è in ognuno di noi, liberando il libero arbitrio , che è una delle mine vaganti per l’intero scibile umano. Questo , per quel che riguarda l’Occidente, è avvenuto da Socrate in poi e ha anche a che vedere con l’epoca moderna, nella quale si ravvede un profondo cambiamento di rotta rispetto al secolo dei lumi e al passato in generale perché, come espressamente viene detto nel libro :  il razionalismo è giunto all’esaurimento dell’intera gamma delle sue possibilità. 
La sfera dell’archetipo, alla quale l’uomo, per salvarsi,  dovrà senz’altro volgere nuovamente lo sguardo , è immersa e avvolta nel Mistero e, più precisamente, nel mistero di se stessi.  La Dea Ragione non dovrebbe svincolarsi dal mistero e invece di evitarlo, con esso dovrebbe dialogare, essergli amica e entrare in confidenza, invece di aggredirlo e di ignorarlo come fa spesso.
 Due ottimi  esempi letterari citati più volte da Campegiani ( per quel che concerne il raggiungimento di un buon equilibrio tra mistero e ragione) sono la Divina Commedia  di Dante e L’Odissea di Omero. 
Dante stesso, quando si inoltra col suo pennino  nei gironi dell’Inferno, poi negli strati del Purgatorio e del Paradiso, porta con se questi equilibri
 ( altrimenti non ne sarebbe uscito vincitore così come ne è uscito) ma lo stesso vale  per  Omero, il quale li infonde direttamente in Odisseo – Ulisse,  e sono degli stati di coscienza che lo rendono consapevole delle proprie forze e portatore di quella ragione che scava nel mistero per trarre da esso effetti benefici.  Egli infatti è per eccellenza lo scopritore di nuovi mondi ed è  l’Uomo, che naviga costantemente verso l’ignoto.

Roberto De Luca



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