lunedì 4 giugno 2018

LEA VALTI LEGGE: "FERMATA DEL BUS" DI C. FIORENTINI



Claudio Fiorentini,
collaboratore di Lèucade

FERMATA DEL BUS di Claudio FIORENTINI 




Metti un giorno, improvvisamente, il tuo io e la tua coscienza s’incontrano, e così, ciò che il primo non sapeva di sé, la seconda glielo svela.
Istantanee dalla routine quotidiana, o, se si preferisce, dalla campana di vetro della piccola borghesia del XXI secolo che rinuncia ad erudirsi ma non ad autocommiserarsi e ad autoassolversi, specialmente  quando ha un cuore che batte in un corpo maschile, impegnato a trovare un suo nuovo status in un’epoca senza più certezze che procede per stereotipi, affidandosi a percezioni erotiche e narcisistiche, su livelli di comunicazione che ci ricordano quanto la Terra sia ancora Desolata.
L’ironia, strumento in cui l’Autore è abile a destreggiarsi con toccate da maestro, alleggerisce apparentemente il carico del messaggio e lascia il lettore sì col sorriso sulle labbra, ma è un sorriso amaro, perché offre uno specchio nel quale, passo prima o passo poi, si riconosce, e quel sorriso diventa una smorfia di grottesco stupore.
Lo snodarsi dei giorni scanditi da piccoli eventi ordinari mette in evidenza l’eroica banalità dell’uomo qualunque, impegnato ad arrivare alla fine della giornata con una propria dignità, condizionata da un permanente stato di ansia da prestazioni, vuoi umane, vuoi sessuali, vuoi di classe, continuamente scandite e notificate dallo smartphone, sempre acceso, sempre in attesa di una nuova connessione, di una risposta che forse può arrivare da lì, visto che non arriva nella vita reale. Attesa di una “notifica”, di una rivelazione, appunto, che chiarisca una volta per tutto cosa ci manca, cosa ci manca davvero, per essere felici, o almeno per sentirci vivi.
Attesa di una epifania attraverso le cose, oggetti di lusso, branddigital device, consultati in continuazione come oracoli ciechi e muti ma che ci confermano agli occhi degli altri che esistiamo, che ci rendono connessi, pur essendo mondi isolati. E terribilmente soli.
L’automobile del protagonista finisce per portare i segni dei diversi stadi di abbrutimento e di indifferenza della coscienza atarassica del suo proprietario, posta dinanzi ai palpiti sanguigni della vita intorno a lui, assolvendo simbolicamente alla funzione della tela di Dorian Gray fino al definitivo accidente che la  danneggerà irrimediabilmente, segnando tuttavia, da quel momento, l’approssimarsi della faticosa risalita della china, dopo aver toccato il fondo. Un antieroe per il quale nutriamo umana simpatia e che ci spinge a solidarizzare con lui lungo il suo cammino evolutivo, tra le prove della vita e l’intrico di relazioni umane nel quale si muove, con una crescente consapevolezza che culmina con la catarsi, nel lungo monologo liberatorio alla fine del romanzo.
Fine e attento osservatore, Claudio Fiorentini è abilissimo nel tratteggio psicologico del protagonista e di tutti i personaggi che interagiscono con lui sia in presenza che on line, attraverso le diverse tipologie di connessioni virtuali, rappresentandoci un mondo che è effettivamente quello nel quale siamo immersi, senza giudicare o commentare ma rimandando al lettore spunti di riflessione personale da cogliere attraverso una lettura che è leggera nel suo suo fluire narrativo eppure priva di compromessi con l’accuratezza lessicale e semantica proprie di un Autore che sa governare la parola anche da raffinato e sensibile poeta.

Lea Valti

Nessun commento:

Posta un commento