giovedì 28 giugno 2018

N. PARDINI LEGGE: "COME RUOTA DI PAVONE", ANTOLOGIA DI NARRATIVA...


Gabriele Bellucci  Aldo Giordanino
Mario Fulvio Giordanino   Anna Vincitorio


COME RUOTA DI PAVONE. Antologia di narrativa a cura di Eugenio Rebecchi. Blu di Prussia Editrice. Monte Castello di Vibio. 2018


Una antologia di buon impatto visivo, ben fatta, attraente, editata con gusto e competenza dalla Casa Editrice Blu Di Prussia di Eugenio Rebecchi, Editore di lungo corso aduso a libri di valore bibliografico per caratteri, impaginazione, e veste grafica. In copertina la ricchezza policroma del pavone, l’abbondanza del piumaggio che tanto dicono del polisemico contenuto del testo. In quarta una tranche della nota introduttiva a firma di Rebecchi: “... Le  narrazioni si susseguono con vivacità di ritmo e con apprezzabili spunti sia quando sono frutto di pura invenzione, sia quando rappresentano fatti storici o autobiografici. Ne consegue un’esaustiva rappresentazione di mondi vicini e lontani, di situazioni, di personaggi, di eventi capaci di offrire al lettore la possibilità di calarsi tra sfaccettati percorsi e raffrontarsi, magari, con problematiche attuali...”. Quattro Autori importanti che, con diversi racconti ciascuno, contribuiscono alla stesura crestomatica del libro.
A chiusura una nota biobibliografica per ciascun Autore:
Gabriele Bellucci, fiorentino, con quattro sillogi pubblicate e citazioni nella Storia della Letteratura Italiana (Helicon), Dizionario degli Autori Contemporanei (G. Miano), e Letteratura Italiana del Secondo Novecento (Bastogi); Aldo Giordanino, astigiano, con L’ultimo esodo scritto con Pier Cesare Mora; Ali d’albatro (Blu di Prussia), Voglia di un Dio nero (Idem), Gli anni in tasca (Baima-Ronchetti); Mario Fulvio Giordanino, astigiano, professore di Geografia Generale ed Economica, con un libro di racconti dal titolo La trota maschio (Blu di Prussia, 2012); Anna Vincitorio, napoletana, trasferitasi a Firenze, studi classici e Laurea in Giurisprudenza. Impegnata in letteratura, poesia, critica letteraria dal 1974. Molteplici le pubblicazioni di poesia e narrativa.
Ho avuto occasione di leggere e di scrivere sulla proficua produzione della Vincitorio, rimarcandone la energia intuitiva e immaginifica, il suo realismo lirico e la sua facilità narrativa. Mi piace riportare parte di un mio pezzo critico sulla sua figura di scrittrice: “... Il tutto in una pennellata panico-ornitologica che fa da prodromica apertura ad una narrazione che tanto ha a che vedere con la vicinanza dell’autrice ad una natura semplice, pura, genuina; ad ali di uccelli che spiccano il volo verso un’azzurrità che si declina in simbolo del modo di sentire della Nostra: voglia di volare, di sottrarsi ai paradigmi di un mondo che la scrittrice condanna per la plurivocità delle aporie. Tanta spiritualità, tanto amore, tanta interiorità autobiografica in questa serie di brevi quadri freschi e contaminanti: “Amo e osservo gli uccelli, rapita dalle loro volute. Le ali spalancate svelano piumati spazi bianchi....”.

I racconti dei quattro Autori  si connotano per agilità architettonica, per freschezza di immagini, e autorevolezza di pensiero Non è difficile scoprire nel loro dettato verbale la predisposizione alla scrittura, alla rappresentazione di fatti e personaggi rivelanti problematiche di attuale portata. Le figure risultano ben inserite nel contesto di una trattazione spigliata e coinvolgente, dove la natura, spesso chiamata a collaborare con la sua plurale significanza (vedi i Racconti della Vincitorio), si fa dolce, mansueta, ribelle o di antropologica contaminazione nella concretizzazione di sentimenti e pensieri.
Gabriele Bellucci ci si rivela con tutta la sua forza dialogica descrittiva, mentre Aldo Giordanino nel suo Due pagine bianche ci porta nel lontano 1571 all’interno di una struttura di Messina.
Lo stile è apodittico, conciso, paratattico, energico e conclusivo. Di affascinante resa. Gli schizzi frenetici delle descrizioni ci danno la chiara idea di un Autore aduso ad un dire semplice, arrivante e spigliato che conduce con tratti esperiti alla conclusione drammatica della battaglia di Lepanto.
Mario Fulvio Giordanino nel suo Una fucilata perfetta ci fa vivere i dintorni della seconda guerra mondiale fra Partigiani, Repubblichini, mitragliatrici, amicizie: “... Non osavamo alzare la testa per paura di essere colpiti. Attendevamo che esaurisse la scorta dei colpi per poterci sganciare, ma quello continuava imperterrito...”, rievocando,  con realismo visivo, i momenti drammatici di quella guerra. Seguono gli altri suoi racconti di intensa emotività umana e psicologica: Il viaggio di Giovanna, Il maresciallo (... Lei era vestita modestamente e portava i capelli sciolti come di consueto...) in uno stile dialogico vicino al linguismo quotidiano per la sua rapidità comunicativa. Quanto ad Anna Vincitorio, oltre a conoscerla per i miei diversi interventi critici sulla sua produzione, mi vanto di averla come cara amica; una grande intellettuale narratrice, poetessa e critico letterario che scarica la sua densa statura emotivo-creativa in un fresco e coinvolgente memoriale come ben denotano i suoi racconti: Zeus, dove giovani, luci psichedeliche  e musica rock ci portano in un difficile e complicato mondo  giovanile. Seguono Exodus, I dieci giorni di prigionia, Madame Arthur, rue des Martyres, Paris 18, Blu, Sedia a sdraio abbandonata lungo il lago, e Sul selciato. La freschezza, l’armonia, e la scorrevolezza delle sue pagine addentano la preda, senza mollarla, fino all’ultimo rigo della narrazione. Ma ritengo utile concludere, a proposito, con una parte di una mia recensione: “Sedia a sdraio abbandonata lungo il lago, dove assenze oniriche, rievocazioni, vertigini familiari, tentativi di ritorni, fanno da cammei, da quietudini verso cui la scrittrice si incammina per colmare distanze; per vincere il tempo che con la sua ingordigia distrugge armonie di affetti, alcove di amore, dolori di altre stagioni. E torna il memoriale imperioso a prendersi la scena con Ilena, autoritaria,  il pulmino di una città che non ricorda, il giardino nell’ombra, e l’attesa di lui con le mani odorose di legno. Poi su una sedia a rotelle. “Perché” “dov’è la mia casa?”.  “Eppure mi pareva di avere camminato tanto; c’era un bosco e l’acqua, ma non era il mare… Quel mare… dove? Com’era il posto? C’era la torre e quella buca d’acqua verde, sì, la buca delle fate. Ma dove sono andati i bambini?”. Con un lungo sorriso l’uomo la guarda e le stringe le mani tra le sue. “vieni, è tardi, ti portiamo a dormire”. Lei si alza insicura e lo guarda negli occhi: “ma tu, chi sei?”.
Un racconto da brividi, tracciato da una mano onesta, da un’anima netta che gronda storia, emozione, sensibilità, vicissitudine; da un’anima accoccolata, disumanamente insicura, con là una sedia a sdraio abbandonata lungo il lago.
Quello che poi richiederebbe un discorso a parte, una nota non di secondo piano, riguarda i contorni ambientali di cui Anna si serve per avviare le sue storie di  pathos, passione, melanconia, struggimento, riflessione, meditazione. E la natura, con i suoi paesaggi, monti, orizzonti, viali, cieli brumosi… si impossessa della penna della scrittrice in funzione di un preludio o di una concretizzazione delle sue calde storie:
“Un turbine di foglie nel gelido vento di un autunno che si preannunziava con piogge improvvise. A terra, specchi d’acqua disseminati, riflettevano ombrelli   e passi frettolosi…” (Presagio).
“E’ una ventosa giornata di febbraio. Il freddo si proietta all’interno della stanza…” (Quel mercoledì di febbraio).
“Il treno scorreva lento nella notte. Gli alberi e la bassa in movimento si allungavano e dilatavano assumendo forme inconsuete che turbavano i pensieri di Emanuele…” (Il quadro).
“… i viali, gli alberi che nell’avanzare dell’autunno si colorano di giallo e di marrone mentre scompare il verde e al suolo uno scomposto frusciare di foglie secche che invadono i prati verdissimi, bagnati di rugiada… (La moto e la piscina).
Insomma un “romanzo” che dice dell’uomo, del suo esistere, del suo inquieto sopravvivere, dell’esserc-ci, in questa terra illuminata dal sole, e inumidita da nubi, ora disseminate, ora affagottate, in un cielo che promette acquazzoni. Un viaggio fatto di tappe umanamente vicine che trae dalla realtà ogni occasione per slanci in vertigini azzurre; in campi nascosti di questa vita che ci guarda in faccia. Questo è.
D’altronde tutto non si può dire come non si può dire tutto sull’esistere ed il mistero che lo circonda.
A voi la lettura.”.

Nazario Pardini


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