martedì 12 marzo 2019

LIDIA GUERRIERI IN RISPOSTA ALLA "NON POESIA" DI G. LINGUAGLOSSA


LIDIA  GUERRIERI IN RISPOSTA ALLA "NON POESIA" DI G. LINGUAGLOSSA. VISTO CHE IL CRITICO NON FA ALTRO CHE INVENTARSI STRATAGEMMI LONTANI  DA QUELLA CHE LA TRADIZIONE CI TRAMANDA COME VESTIMENTO DELL'ANIMA; COME FORZA DELLA MEMORIA; COME EFFLUVI DI CASCATE EMOTIVE SU PAGINE BIANCHE; COME MELODIA E SONORITA' CHE LI ACCOMPAGNA.
La poetessa, risponde, quindi, a Linguaglossa, che, con le sue invenzioni minimaliste e antiliriche, fa di tutto per distruggere la sana espressione poetica basata su: natura, memoriale, sentimento, passione e musicalità: La musica è amore in cerca di una parola” (Sidney Lanier). Se Dio vuole tanti hanno intrapreso la rotta verso l’isola di Lèucade; quella che tende a valorizzare l’uomo e la sua storia, dacché la poesia non potrà mai essere asettica, spersonalizzata, senza riferimenti a quella interiorità che la partorisce: Noi siamo quello che ricordiamo/ il racconto è ricordo/ e ricordo è vivere” (Mario Luzi). “La vita è l’arte dell’incontro”, afferma un poeta brasiliano, Vinicius De Morales, “e vita e poesia sono la stessa cosa”. Socrate: “... Conoscere è ricordare...”.

Scriveva Erich Fromm: “I sogni sono come un microscopio col quale osserviamo le vicende nascoste della nostra anima”. “La memoria è tesoro e custode di tutte le cose” (Cicerone)… Non ho mai sentito dire che ogni cosa presa di per sé è poesia. Ogni fatto, ogni avvenimento, ogni sprazzo di mare ha bisogno di intingersi del nostro essere per mutarsi in atto estetico. La storia insegna e purtroppo il moderno le più volte distrugge ciò che è nasce per farsi eterno.

Nazario

  
LIDIA GUERRIERI:
Lidia Guerrieri,
collaboratrice di Lèucade

L'idea iniziale era di stilare un breve commento su una delle poesie de “I dintorni della solitudine”, l'ultimo libro di Nazario Pardini dopo che, per buona ventura, ne ho trovata una silloge su internet. Poi m'è caduto l'occhio su un articoletto che l'accompagna nel quale, in pratica, si loda lo splendore del modernismo, si butta via, o giù di lì, quello che non pare in linea con la tecnica, il mediatico ecc e si definiscono i versi fioriti nel “ campo minato della tradizione” come imbalsamati e infarinati nella propria purezza apollinea. Parola più, parola meno il senso è questo...non è che alla fin fine l'articolo avesse per me un valore particolare per cui ne ricordo pochi frammenti, ma sufficienti a chiedermi se il dotto autore conosca la differenza fra vecchio ed eterno. La poesia di Pardini si innesta su quel filone che cerca l'armonia del verso e canta la natura e l'uomo. E non è quello che i poeti hanno sempre fatto da Mimnermo, Saffo e ancor prima? Sono valori imbalsamati o sono eterni? Forse qualcuno di noi cresce su un terreno che nessuno ha vangato e seminato? Mangia aria, oppure mangia pane che altri hanno preparato? Scende vergine dal cielo portando nuove rivelazioni? Siamo animali; e come tali parte del ciclo delle stagioni; ne siamo influenzati ed è vero che la natura  può consolare e lenire le ferite. Non credo che chi si sente giù di corda trovi più sollievo nel sedersi in contemplazione di un rubinetto pur se modernissimo ed utile e bello ( non certo “ poetico”) che nel camminare tranquillo in campagna, o nel guardare due piccioni che fanno quello che gli pare o un paio di galline grasse, lustre e colorate che razzolano. La poesia è nelle cose che non cambiano, che non sono mai cambiate, è nelle cose semplici, in quello che ci avvicina alla terra perché noi siamo fatti di terra e nella terra riconosciamo la nostra stessa natura. La poesia di Pardini è molte cose, e fra queste è anche poesia della natura , degli affetti che ci hanno forgiato, della memoria, e la memoria è quello che ci rende ciò che siamo sia individualmente che collettivamente, che ci fa uomini, la sola arma che abbiamo contro il nulla. La religione della memoria è in ogni poeta, è in tutti, e la poesia del ritmo, dell'armonia, del battere e levare viene da lontano, ed ha fatto così tanta strada da non fermarsi di certo di fronte a chi vorrebbe metterle un fuscello fra i piedi. Gli passerà sopra ed andrà oltre col suo solito sorriso.



E' uscito il nuovo libro di G. Linguaglossa "La ragione...". Puerile, infantile, ovvio; ci si aggrappa ai meandri della eloquenza filosofica per nascondere un vuoto senza fine. Mi diceva un mio vecchio professore: "Chi si affida troppo alla ragione gira gira storpia le ali per volare". E questo succede all'aridità di uno scrittore con pretese di far poesia, che non ha anima per volare. Leggete la sua poesia e vi rendete conto, niente di più contrario... 

   

6 commenti:

  1. Sono d'acordissimo con ciò che scrive Lidia. La poesia deve parlare all'anima attraverso immagini ed espressioni che la dirigano verso l'immortale, il bello, o anche la tragedia, ma che sia qualcosa che innalzi il nostro spirito. E sono anche convinta che la poesia vada esternata con determinati canoni di musicalità, di armonia che la pongano ben al di sopra della prosa.
    Adele Libero

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  2. Conosco bene Giorgio Linguaglossa e so della sua volontà di sperimentare. Lo ritengo un ottimo Poeta e so che anche Nazario lo ammira profondamente. Ciò non toglie che tra i loro modi di concepire il lirismo esiste un divario evidente. Le distanze, spesso, arricchiscono, ma nel caso in questione resto colpita da quelli che Lidia definisce 'stratagemmi lontani da quelli che la tradizione ci tramanda'. Potrei sembrare di parte, in quanto figlia di un sonettista e incantata ammiratrice dei versi del nostro Condottiero, in realtà apprezzo molto la 'bella poesia', anche quando non si attiene alle regole classiche. Credo che, come sempre avviene la virtù si collochi nel sano equilibrio. Possono risultare superbi le poesie che rispettano la tradizione, rinnovandola e rendendola moderna e i versi liberi,sperimentali, ma non privi di musicalità, ritmo, assonanze e delle altre figure retoriche che connotano il lirismo. Le poesie di Nazario sono autentici gioielli e credo non possano essere confutati. Se esiste il diamante artistico il nostro Nume tutelare ne è in possesso e sa donarci il senso dell'essere poesia.
    Giorgio segue una propria corrente avveniristica e cerca di allontanarsi dalle correnti di pensiero che, a suo avviso, rimandano al passato. E'uno spingersi oltre, in territori lontani anni luce dalla poesia pura, incandescente, vibrante. Io lo rispetto e sono consapevole della mole di lavoro che affronta per operare commistioni e 'rivoluzioni'. Lo rispetto, ma mi schiero dalla parte di Nazario. Non certo per piaggeria.
    Per onestà intellettuale e per amore autentico dei versi
    che si leggono su spartiti indimenticabili.
    Credo che Lidia abbia dato vita a un interessantissimo dibattito e invito altri artisti a esprimere le loro opinioni.
    Un abbraccio a tutti.
    Maria Rizzi

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  3. Colgo l'invito di Maria a esprimere un pensiero al fine di alimentare in positivo il dibattito tra due concetti di poesia diametralmente opposti: quello di Linguaglossa e quello di Pardini; ma prima voglio ringraziare la collaboratrice L.Guarrieri in quanto ha osato mettere in atto questo dibattito esprimendo il proprio disappunto che condivido. Ho letto attendamente il pensiero di Linguaglossa sulla poesia del Prof. Pardini e l'ho travato poco o niente rispettoso.Certi disaccordi possono essere espressi in modo, diciamo così, "democratico" e civilmente meno denigratorio. Quando sono entrato a far parte di Leucade (2014)scrissi che ogni poeta ha un proprio concetto di cosa sia la poesia, e pertanto tanti concetti quanto sono i poeti. Dicevo pure che è impossibile definire in assoluto cosa sia la poesia con le sole categorie umane. Ora, che Linguaglossa abbia un proprio pensiero "avveniristico" di cosa sia la poesia, è un Suo diritto, come lo è per ogni poeta, ma non può certo ergersi a pioniere o tenutario di un concetto assoluto di poesia che in futuro non è certo che sia obblicatoriamente quello specie in un contesto contemporaneo dove tutto cambia repentinamente tale da disorientare. Credo, e lo dico con molta modestia, che la poesia, pur moderna, debba avere comunque quei paletti inalienabili perchè possa definirsi tale: in primis il linguaggio,la musicalità verbale e a seguire: memoriale, fantasia o estro ispirativo, chiarezza espositiva e via dicendo. A me pare che tanta poesia moderna, compreso NOE, non abbia più tali requisiti (se non forse in parte) che in definitiva poi sono quelle prerogative che captano il lettore conducendolo quanto più possibile nell'atto creativo. Ungarettianamente parlando, il lettore deve essere "colpito dentro" perchè la poesia è per l'uomo e dell'uomo, per il suo IO interiore, per la sua "essenza" e questa -essenza- non ha tempo in quanto "a Sua immagine e somiglianza" di Dio quale principe assoluto del tempo e dello spazio. Diversamente si potrebbe annullare il "Bel canto" tanto c'è il canto Rep, la canzonetta; rasiamo al suolo le piramidi visto che costruiamo palazzi che svettano assai più delle stesse ecc.ecc. Pasqualino Cinnirella

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  4. Non desidero entrare in un dibattito che sarebbe senz'altro interessante purché si volesse rinunciare a schierarsi tout-court con una delle due parti, che in fondo non vedo siano l'una contro l'altra armata..
    Trovo interessante lo scritto di L. Guerrieri-diretto e istintivo- condivisibile sotto alcuni punti di vista; trovo altresì interessante e molto equilibrato l'intervento di M. Rizzi.
    Per parte mia posso solo dire che ho diretta esperienza dei due blog e conoscenza dei rispettivi "condottieri", ed ho trovato spesso stimolanti le posizioni di entrambi, utili non solo a destare la mente dal torpore di un troppo facile e abitudinario poetare, ma anche a mettere in discussione il poeta con se stesso più che con una nuova ontologia poetica.
    Ammiro da sempre i versi di Pardini, e a lui mi sento affine per cultura e modo di considerare la vita; di Pardini esalto la limpidezza e la ricchezza semantica, l'armonia e la fluidità del verso, ma anche la profondità del pensiero, filosofico o altro che sia, soprattutto la grandissima umanità.Non si potrà mai dire ripetitiva o superata la poesia di Nazario Pardini, perché lui è poeta per antonomasia, al di fuori di ogni tempo e mod. A lui sempre ho guardato , in ogni lavoro che ho intrapreso, sia di poesia che in prosa ( da lui stesso definita poetica).
    Per un periodo ho seguito anche l'Ombra delle parole. Ne sono rimasta affascinata, per la pienezza degli articoli e la novità degli artisti presentati e commentati. Difficile restare indifferenti davanti alle tante pagine di combattiva verve di Linguaglossa... Confesso che alcuni punti della NOE mi hanno sollecitato verso un nuovo modo, con una ricerca di stile diverso, in apparenza diverso dal mio. Poi ho avvertito uno strappo. Qualcosa non tornava, qualcosa nella mia poiesi non poteva morire...e quel qualcosa era in contrasto con la nuova ontologia avanzata da Linguaglossa: si tratta di coscienza, sentimento, identità, armonia. Non potevo seguire quella linea, perché proprio la coscienza , l'umanità, l'armonia...sono i cardini della poesia, come da sempre si intende.
    Questa è solo una mia testimonianza. Il dibattito rimane aperto.
    Edda Conte.

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  5. Ho già scritto un commento ad una "poesia" di Linguaglossa, dove egli diceva di un camion di stelle da scaricare nel suo giardino.Non ci voglio tornare di nuovo. Quella di Linguaglossa, tolti alcuni sprazzi e qualche intuizione è il nulla della poesia.
    Umberto Cerio

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  6. Il Prof. Nazario Pardini (come ben delineato dalla ottima Lidia Guerrieri) è il filosofo classico e intramontabile della poetica vissuta (l'anima della memoria) è da vivers', ora per ora, per ogni evento esistenziale con passionalità di sentimenti partecipati ed incontrovertibili.
    La nostra realtà (ammesso che esista...) sempre più tecnetronica (pur disaggregata in cornici e piattaforme concorrenti ma prevalenti, a mio avviso necessita dell'umanesimo pardiniano, nella versione più profondamente psico-analitico-cognitiva; senza umanesimo di sfondo, la fine dei sistemi creativi è certa.
    La "nuova ontologia" di interpretazione poetica del Prof. Linguaglossa tronca ogni interdipendenza creativa tra espressività poetanti e tematiche prospettiche, connotando e conducendo a nuovi scenari "asettici", disimpegnati dai "valori" precedenti, oggettivati nella esclusiva "presenza materica". In questo contesto tutte le teorie poetiche sembrano superate dal mero dinamismo del divenire fine a se stesso senza possibili rientri o recuperi inutile spreco energetico. Con tutto il rispetto, la mia visione poetica condivide il classicismo pardiniano e teme sinceramente l'avvento catastrofico di una "tecno" disumanizzata dove le Arti sarebbero "nicchie" sepolte di un passato senza futuro.

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