lunedì 16 marzo 2020

CARMEN MOSCARIELLO LEGGE: "I DINTORNI DELL'AMORE..." DI NAZARIO PARDINI

CARMEN MOSCARIELLO,
COLLABORATRICE DI LEUCADE


Nazario Pardini “I dintorni dell’amore ricordando Catullo” Guido Miano Editore, Milano 2019


«Chi quel gong percuoterà
apparire la vedrà
bianca al pari della giada
fredda come quella spada
è la bella Turandot!»[1]

Nazario Pardini nelle sue poche note biografiche ci dice che vive tra Arena Metato e Torre del Lago Puccini, due località amene tra le più belle d’Italia. Certamente se Puccini e Mascagni fossero ancora in vita l’avrebbero invitato a far parte del loro club de La Bohéme[2] e lì presso La Torre, nelle sere estive, avrebbero ascoltato i suoi versi e goduto insieme  dei concerti e delle Opere del grande Maestro, lasciandosi avvolgere nelle note de  La Tosca, di Madame Butterfly, de La fanciulla del West e  altre meravigliose composizioni che Puccini musicò proprio soggiornando nella Torre, fatta da lui ristrutturare e che oggi accoglie le sue spoglie. Una Casa della musica dove tuttora si eseguono grandi concerti,  costituisce un luogo fantastico, in parte simile ai Giardini de La Mortella a Ischia dove il  compositore inglese William Walton  eseguiva i suoi concerti per un pubblico proveniente da tutto il mondo, e  oggi sede di appuntamenti musicali  che placano la furia del monte Epomeo, mentre le chimere scivolano al mare tra paradisi di fiori e piante.
Mi sono così a lungo soffermata sui luoghi, poiché quest’opera mistica si avvolge dolcemente nella bellezza dei boschi, del mare e della terra, per entrare nella verginità dell’amore. Segue il poeta le malinconie  del cuore, e intreccia inserti di viole con la poesia  di Catullo. E’ un comporre senza catene, un pentagramma sul quale il poeta ama scandire le note di Lesbia, Delia e Catullo.
La tipologia poetica dei due autori è alquanto diversa. La passione istintiva, irrefrenabile di Catullo, il piangere e maledire Lesbia non appartengono al nostro Autore, il suo amore è quello delle ninfe dei boschi ed egli Apollo (apollineo) [3]accarezza col sogno e l’immaginazione la sua donna, sempre inseguita, sempre amata. Ancora una volta i luoghi dove il poeta si è formato ci aiutano a capire: lì vicino alla sua casa c’è il parco naturale di Migliarino altro luogo incantato. Nella sua poesia i boschi, il mare sono protagonisti tanto quanto la donna, non c’è dicotomia tra le due amanti (la natura e Delia), tutto il poeta sa ugualmente sposare e contenere nei suoi versi eleganti, formatisi anch’essi sulla metrica latina quantitativa, proporzionati nella sua prosodia di piedi, arsi (il tempo forte) e tesi (tempo debole), ictus. La struttura dell’opera è ben pensata, secondo i canoni dei Canti Gregoriani e i Corali Benedettini, ed egli amanuense accorto ce la dona in tutta la sua  armonia e nei  colori più belli della poesia. Ci restituisce un mondo costruito sulla nostalgia, sull’incanto dell’amato per la donna, sui movimenti d’acqua e di terra, sullo scintillio del mare, sulla nera terra contadina, amata sapida di nostalgie e ricerca anche d’amore filiale.
Lo strazio del ricordo in una parte del libro, prevale nettamente sugli inquieti desideri  catulliani per trasformarsi in un dolore acuto.
Quest’opera di poesia così bella, così densa di colore e di amore non è facile da raccontare, tale è la sua immensità, in primis, avvicinarsi ad essa genera   grandi  e diverse emozioni che Nazario Pardini , da noi tutti, considerato grande poeta, grande maestro di eleganza e perfezione letteraria, ci irradia, sorprendendoci, ammaliandoci. Il   sacerdote  del paradiso di Lèucade, più che mai ci fa sentire parte di questo spazio divino, il suo  scoglio d’amore  dove coltiva le rose della poesia, qui approdano le opere di infiniti poeti.
Quest’opera così luminosa, che insegue Bellezza, che vuole Bellezza, ha anche delle note in requiem, (il dolore acuto!), poiché se la freccia d’amore mai non toglie il suo accamparsi,  arriva un momento in cui anche il poeta non può andare oltre, rimane alfine la sua arte, quella si è eterna. Queste due sponde apparentemente opposte, in verità si inseguono, il Poeta, l’ho già scritto in altre occasioni, non invecchia mai, è vero che  il suo corpo e la sua mente e il suo cuore non trovano lo stesso ritmo e l’amore, per quanto grande possa essere, finisce (qui il dramma), la nuova prospettiva d’eternità si apre sul panorama della Grazia, della Poesia , sull’arte che eterna. Così i versi di Catullo per Lesbia che hanno  reso immortale la sua donna, forse tra mille anni, se l’uomo avrà conservato ancora un briciolo della sua umanità, manderà a mente i versi d’amore per Lesbia,  e li ripeterà alla  donna amata . Nel Requiem intendo la meditazione del Poeta sulla fine della vita terrena, quando finiscono anche i sussurri, i giochi d’amore. Meditazione che si amplia, come per chiedere conto a se stesso del modo con cui ha speso i suoi giorni. Proprio quest’ultimo punto lo congiunge al divino, anzi, la perfetta direzione delle sue scelte, sono naturale conseguenza, non solo di accettare e amare la vita, ma essere certi che l’alito dello Spirito Santo scende non solo su tutti gli apostoli, ma anche sul poeta che grazie al suo sentire è il più vicino a Dio.  Grande è l’amore per la natura e le altre creature che popolano il mondo (gli uccelli) in essa c’è la forza del Creatore.
L’incontro in eterno, senza fine, è solo nella Bellezza e magnificenza di Dio, nel candore della luna, nella ricerca del canto, quello più alto perché si possa dire che i sentimenti che ci legano alle persone che amiamo non conoscono tempo, scivolano nel più piccolo rigagnolo della nostra anima e lì rimangono per sempre.
Se ci avviciniamo ai suoi versi, in essi vibra una musicalità romantica, una preghiera che attinge, come già dicevo,  dall’introito del Requiem (dies irae) per planare come un airone (l’airone è  protagonista dei suoi versi) in cerca d’amore sulle inafferrabili note di Franz Schubert o ancora di più in quelle di Domenico Cimarosa, la cui musica  possiede le sfumature luminose del mare di Napoli, come nel libro di Pardini ci sono i mille riflessi e il dolce parlare del mare della Versilia, già a noi noto, affascinate, a suo tempo, dai versi di Attilio Bertolucci.
La Poesia nei suoi grandi figli è molte cose: è passione, amore, disperazione, lotta, musica, filosofia, divinità, profezia. Nei versi del mio amico Nazario Pardini ci sono tutte queste diverse tonalità che come un fiume che tutto raccoglie, sfociano nel mare che può essere luce di bene o terrore del male. “E’ proprio vero, il fiume scorre portandosi dietro ciottoli, acque chiare, torbide, detriti, piene e bonacce. E tutto va a finire in un mare immenso, infinito. Avrà funzione catartica quel mare,, che all’apparenza pare chiaroe brillante, poeticamente tanto vicino all’eterno? Potrà purificare tutto ?La portata del fiume è pesante. Pesante quanto la nostra memoria E a chi l’affideremo, dunque? A chi affideremo quel grande patrimonio che tutti ci portiamo dietro, e a cui ci aggrappiamo col passare degli anni. Ad un credo religioso, ad un politico, , o a un’isola come quella di Léucade, ad esempio. L’isola del bello, della poesia, dell’amore , della pace. L’isola in cui tutto è buono forse perché tutto è in mano dei grandi poeti. Se noi sfociamo in un mare così immenso, avrà il potere catartico di assorbire bene e male e trasforma la materia purificata in Spirito? L’avrà (Pneuma )lo Spirito Santo questo potere di infondere tutta la sua forza sulla materia per evolverla in bene? Io ci credo.[4]
Il credo del Poeta è nella poesia che è il soffio nell’uomo  dello Spirito Santo, dell’ uomo che rinnega la materia per essere pura bellezza.[5]  E ancora l’amara riflessione di Nardini: “ da qui il male dell’uomo contemporaneo : il suo annullamento nella realizzazione di fini materiali”.
La prosa incisiva e di denunzia è nella prima parte del Trittico[6]. La brava prefattrice Rossella Cerniglia divide l’opera in tre parti, una loggia, a se stante, posta all’inizio delle pagine,  è “La lettera” che l’autore scrive in confidenza e amore all’amica sconosciuta: può apparire strano il termine “sconosciuta”, ma in verità, anche lei  appartiene a quel divino a cui tutta l’opera si ispira.
La lettera molto vicina ad alcuni scritti oraziani invoca per i giovani comprensione, essi più che mai hanno bisogno d’amore, il Professore-Poeta Nazario Pardini chiede amore, rigore e onestà a chi  dovrebbe guidarli.
Saluta l’amica con i versi bellissimi d’amore di Catullo per Lesbia :
Passer delicae meae puellae ,
quicum ludere , quem in sinu, tenere
cui primum digitumdare adpetenti
et acris solet incitare morsus.
Versi  di Catullo che si intrecciano a quelle che Nazario Pardini  scrive di suo pugno per l’amica sconosciuta: ”E tu mi sei apparsa proprio come un passero spaventato, da prendere nelle mani, e riscaldare, per ridarti all’aria, al cielo, al volo, ai brividi del vento , mia fanciulla”. Il sentire dei due poeti si congiunge e crea un concerto per l’universo, per chi  sa amare, per chi ignora le distanze dei luoghi, il poeta sa  percepire, sa intuire , cogliere le verità del dolore. E’ il divino che nidifica nel suo cuore  e si allarga sul mondo abbracciandolo ridandogli la verginità della Croce.
E, ancora, riprendendo il dialogo che il Poeta ha con l’amica mai conosciuta, le dice:” Cara mia,… torniamo al grande fiume, il fiume sta per fluire nel grande mare . Spero solo che si tratti di un’acqua non troppo salata né troppo sporca. E spero soprattutto mantenga un po’ di quell’aria sapida di terra e di pineta che ho sempre respirata” Qui la prosa è brina lucente, è stella di fiori, è l’incanto del mare, è  paura per l’ignoto, che cosa ci aspetta domani…... Le lacrime grigie trovano approdo nel verso, in ciò in cui il poeta per tutta la vita ha creduto.
 Nazario Pardini mi fa pensare a un cavaliere errante, ai poeti del Dolce Stilnovo che hanno votato la loro vita per una grande Donna (la filosofia, l’Amore, La Poesia, la Religione). Cavalcare gli orizzonti è proprio dei grandi che su una feluca del Nilo  hanno  attraversato gli oceani, tutto il passato (per Nazario Pardini è soprattutto  il mondo classico ) e tutto il presente della Poesia e della Bellezza con solide radici nella casa dei grandi maestri, ma con chiome attuali fluttuanti di luna, riflettentesi nei cerulei marmi delle ville medicee di Arena Metato.
“La pietra è una fronte dove i sogni gemono”, portarsi addosso il sudario è cantare l’amore, ossimori, orchestrati così bene dal Maestro, nel suo andare pensoso alla casa contadina di chi l’ha generato, a una vita colma che ha bisogno del mare, ha bisogno di capire, comprendere ancora, mai paga. Risalire alle origini, senza occhi si guarda di più, si guarda l’assenza che in metamorfosi si pone come compagnia da accettare, da levigare , renderla come un apparentamento, un essere amici . Un veleno mortale il requiem che solo il poeta può raccontare, traducendolo in versi immortali. Un canto che è anche sensualità, profumo femmineo, passione, così come fu  per  Catullo, fratello al poeta per le pene d’amore.
Un filo ininterrotto, luminoso come il filo d’Arianna  porterà il poeta fuori dal labirinto, approderà alfine ancora una volta a Lèucade per guidare il suo angelo d’amore, una sinfonia di abbracci, un appartenersi per sempre.

Carmen Moscariello



[1] Puccini, Turandot , Coro, Atto I
[2]
[3] Nazario Pardini, “inseguivo nei boschi una fanciulla”
[4] Nazario Pardinoi, I dintorni dell’amore, Lettera ad un’amica mai conosciuta, pg21
[5] Andava nei boschi una fanciulla
[6]  Puccini, Trittico

1 commento:

  1. Um'analisi colta, dettagliata e acuta della poetica del grande Nazario, complimenti a entrambi. Carmen Moscariello è una splendida penna, nonchè un'anima nobile

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