giovedì 19 marzo 2020

MARIA LUISA TOZZI: "LA POESIA MISTICA DI BRUNO PICCININI"


La poesia mistica di Bruno Piccinini


Il titolo della prima opera presa in considerazione (Credere nel corpo, Passigli editore 2016) sembra contraddire una poesia invece profonda, che assume un ruolo attivo nella contemporaneità negatrice di sostegni. La parte centrale svelerà poi il Corpo come illuminante significazione, come sintesi antitetica alla frammentazione della Storia; il passato sofferto e il presente ancora doloroso del poeta accompagneranno il lettore verso la spiritualità di ogni percorso temporale e storico, all’unità dimenticata, consunta dal male.
Passano, nella purezza musicale e linguistica di Piccinini, volti, vivi e morti, ricordi e presenze, apparentemente separati da vetri; passano, in un’allegorica folla, i segnati da un destino incompreso. Ma trarrebbe in inganno la loro visione segmentata: il poeta non li osserva con passività, ma , ossimoricamente, nel loro presente immobile e nel loro destino eventuale.
Ecco allora la soluzione poematica, epica, altissima di Piccinini: la Storia ci ha consegnato una figura congelata dalla morte perché tornasse Corpo vero, nuovo di carne, vene, sangue, parola, un corpo di bellezza assoluta/ costruita con i sali e l’acqua della terra/la trasparenza del cielo: oltre il limine ialino, attraverso la poesia, ci ha offerto  la certezza del resurrexit, del Corpo- tempio, della sua verità anatomica.
Dirà il poeta che gli uomini Non lo riconoscevano/ non vedevano somiglianze e segni...... ma ne  percepivano... senza capire il senso dell’evento,/ esitanti / impauriti,/ l’alba del mondo/ che giaceva ignota/ nel suo corpo ; ci costringerà a credere, dunque, come in quel Corpo e poi in ogni corpo sia ravvisabile l’alba del mondo.
Sì, si può piangere quando si incontra la verità, che supera  faticosi  percorsi, giunge a dar senso alla vita: in quest’opera sconvolgente, folgorante, tutta la microstoria dell’ uomo si trasfigura in un destino più ampio, che solo tale poesia, mistica e realissima, esprime come rito, corpo, uomo (Heidegger).
Dalla propria penombra Piccinini indaga sui  barlumi del mistero dell’ uomo, li  dichiara  luce vivente, che travolge e sconvolge, che dà senso alla sorte di esistere.
Ma un Dio cercato (e ancora ti parlo), intuito nella  propria interiorità,  secondo la legenda storica  incarnato nel corpo di un Figlio, che volle  consunto e crocefisso, cui non aveva risposto, voltando  la faccia all'invocazione estrema,
 un Dio (mai vituperato dal poeta), così lontano dalla condizione del dolore dell'uomo viandante,  è credibile? Dicono che quel Figlio, giunto dall'aldilà, trasfigurato sul Tabor e che nella sua effigie  riapparve ai dodici -   i loro occhi poi lo seguirono finché fu assorbito dal cielo - sia  venuto a spiegare il corpo e il suo  dolore. Dicono. E il  poeta lo crede, lo sente,  cerca ,   grida dalle dune   del suo deserto spirituale
Il percorso di Piccinini non può essere dunque, ancora una volta,che metafisico: non si possono negare il corpo, la  fisicità e neppure la mente, il sublime e limitato indagare della mente,  che, ab origine, oltrepassa l'orizzonte e si addentra ,  ascende. Sono  la tenacia del viaggio e la certezza del Dio/ Altrove, che si propongono di dare scacco al dolore, con la strategia della bilocazione.
E ci  interroghiamo allora  sulla libertà dell'esistere; con  pathos greve ma disperatamente ottativo, magari imitando il poeta,   combattendo lotte  in vesti, prove diverse,  camuffate, per disorientare il male.

E' qui che  si concretizza in noi l'interrogazione sul Tempo  perituro e sull' eventuale eternità, su finito e infinito. In forma dialogica, non monologica, ché la domanda, il bussare -intuisce il poeta– avrà risposta e, allora, terreno ed eterno convergeranno.
Da questo carcere si fa strada la creazione poetica, che non si discosta dalla razionalità serrata, insistente,   che assume un ruolo centrale, partendo appunto dalla corporeità. E la Croce dà senso alla pena, all'apparente insensatezza  dell'esistere.
 La tenacia  isaziabile, originaria, elettiva,  definitiva dunque, si fa tensione inesauribile verso  una verità unificante, pur scontrandosi con la causalità  del vivere.  La corporeità, intesa come comunicazione col sé e l'Altro da sé, obbliga a cercare, bussare, insistere, per sconfiggere la forza di gravità,  la pesantezza; per giungere a una significazione .  
I nodi  inestricabili, i giorni leggeri e perituri come le foglie, il percorso fisico e della mente hanno una trama ignota; i giorni sono fossili e chi è partito, che è vento e aria ormai, non ha più eco,  il tempo  sfiorisce . Provare allora a dare icone diverse alle figure che lo attraversano ? Travestirsi ,  insistendo ancora nel bussare alle porte di Chi esiste e non si manifesta? Ma Egli,  l'enigma, non dà  risposte.   L'uomo sta sulla porta: sa che il silenzio è parola coperta di nubi, che dovranno pur dar luce al pensiero, cancellare  la pazzia del dolore.Vuole la traduzione dei giorni persi, il nesso con l'infanzia, il fuoco acceso da un'estate infinita. Seduto sulla soglia, sa che il silenzio ha la trama segreta di un racconto; spera che il vento lo porti  e spezzi la distanza. Attende: la lamiera del capanno brilla, in alto i pioppi sussurrano. Il Dio risponderà? Sì, e il poeta lo sa: anche se la Voce giungerà da un'altra dimensione, quella che nei secoli ha accompagnato l'uomo, pur distratto;
l'ha resa visibile nel crocefisso; gli ha proposto la fede nella gloria di  un Corpo,  straziato dalla malvagità, perché lo imitasse  nell'attesa dell'Apocalisse.

Bruno Piccinini. Nato a Medesano, Parma, vive nella vicina Varano dei Marchesi, sempre nella provincia di Parma. Dopo un percorso di studi classico-uumanistici, si è dedicato all'insegnamento.
Ha esordito a settant'anni con la raccolta di poesie Carta d'identità, pubblicata da Diabasis, un libro che ha subito rivelato una forte personalità poetica.Quindi, nella Collana fondata da Mario Luzi (Passigli Poesia), Credere nel corpo (2016) e e ancora ti parlo(2019).


Maria  Luisa Tozzi

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