Carmen Moscariello, collaboratrice di Lèucade |
Poesie 2022
Il pianto è anche delle pietre,
23 novembre 1980 ( pubblicata in
"Il tunnel dei sogni" Il Convivio Editore e in
"Ouverture"di Carmen Moscariello
Lo ricordo bene è l’anno della nascita
di Silvia
come se non bastasse
subimmo anche un alluvione.
Autunno che a Montella è già inverno
(prima pioggia inverno a Nusco!)
Lunghi singhiozzi di polvere
mani nude che scavano il sole
sottoterra è l’inferno.
Ululi dei lupi
anch’essi divennero cani randagi
distesi sulla nuda terra.
Servono 2000 bare
Dove li mettiamo?
Distesi i bambini appena nati e i vecchi
con i loro bastoni
li tiravano fuori
Patii da Formia con un convoglio,
le strade non c’erano più,
bisognava aspettare l’alba
le mani dei morti e i visi bianchi come
la calce, dalle viscere lamenti d’orrore
e i morti aspettano, guardano il cielo
in fila sulla piazza, senza un lenzuolo
gli occhi che nessuno ha chiuso
contro le porte accatastati i bambini
hanno capelli bianchi
e mani in preghiera, non si muovono.
Quieti non c’è neanche la mamma a cullarli.
Mille mani.
A Sant’Angelo raccolsi tante
compagne di studio
mamme con bambini.
Gli occhi di creta della notte
buia, buia.
Che fine ha fatto la luna?
Si piange da soli con una coperta
estranea
sulle spalle, la notte ulula scomposta.
Il dolore è il signore del male,
non abbandona il vento
un’afa sconosciuta a quelle valli.
All’alba nuvole di polvere, non ci si
riconosce
il pianto delle pietre dietro i forconi
si cerca, si chiede:
dové? L’hai visto? L’hanno tirato fuori
morto.
Dové mia madre?
Il giorno si mette a chiamare
la mia bambina sussultava nel mio
ventre,
all’alba potei entrare a Montella
La mia casa c’era ancora,
la tirarono giù tre giorni dopo. (Dalla raccolta "Tunnel dei sogni"Il Convivio Editore e in "Visionaire"
di Carmen Moscariello
Cara Carmen... permettimi di chiamarti così, un ricordo bruciante il tuo, che mi ha coinvolta e riportata al 1990, al terribile sisma che distrusse troppe vite e lasciò senza case infinite famiglie. Io in quel periodo vivevo proprio a Formia, ma corsi dal mio attuale marito, allora giovanissimo, nel Sannio. La sua casa non esisteva più e la sua famiglia era accampata in piazza in una tendopoli. Con metafore lancinanti dipingi lo strazio: "Lunghi singhiozzi di polvere/mani nude che scavano il sole/sottoterra è l’inferno." Tutto è visibile. Tremano di nuovo le ossa, i capelli, le fibre, il cuore. E tua figlia sconfiggeva la morte spalancando l'uscio della vita! Il tuo incedere, che in apparenza è un misto di prosa e poesia, è un modo di urlare il dolore senza fronzoli, con rispetto e dignità assoluti. Ti ringrazio per questo ricordo vivo nella memoria di tutti... e per la capacità di essere lieve e sanguigna.
RispondiEliminaAmmiro infinitamente il tuo modo di scrivere, come critico e come Poetessa. Ti abbraccio grata.