lunedì 6 giugno 2022

ANTONIO CATALFAMO ESAMINA LE OPERE DI VERGA, ESEGESI CRITICA

  La falsa oggettività veicolo dell’ideologia conservatrice di Verga

 

Un pregevole saggio di Antonio Catalfamo esamina le opere dello Scrittore catanese e le più penetranti analisi degli studiosi del Novecento, postulando la necessità di una critica integrale

 

 

Nel centesimo anniversario della morte di Verga, con grande chiarezza espositiva Antonio Catalfamo ripercorre le principali tappe della critica all’opera e all’ideologia dello Scrittore siciliano, esaminando i saggi e gli indirizzi critici più significativi del Novecento, collegati ai vari mutamenti culturali del Secolo scorso. Il saggio è diviso in tre parti.

Nella prima, Gli orientamenti della critica: continuità e innovazioni, Catalfamo conduce un’analisi approfondita dell’interpretazione di Croce, dei suoi allievi e soprattutto dei saggi degli studiosi di orientamento marxista: Petronio, Trombatore, Sapegno, Carlo Salinari, Luperini e Vitilio Masiello, sulla cui opera si sofferma in maniera particolare. Fa anche notare il ruolo centrale di Luigi Russo, che, partito crociano, rivaluta l’opera di Verga e indirizza diversamente la ricerca. A Masiello si deve la messa in rilievo della posizione conservatrice di Verga, che illustra una Sicilia fuori dal tempo, non tenendo conto della rivolta dei Fasci. Di tale posizione, ne I Malavoglia, è incarnazione Padron ‘Ntoni, a cui si oppone il nipote ‘Ntoni, destinato a fallire, perché si ribella alla rassegnata filosofia del nonno. In tale ottica, la poetica dell’impersonalità serve a celare il conservatorismo di Verga e Capuana, che parlano di una Sicilia immobile, tralasciando la scossa data dai movimenti di massa dal 1848 in poi. Basato sullo scontro fra l’aristocrazia in decadenza irreversibile e la borghesia in ascesa, ma ugualmente priva di moralità, Mastro don Gesualdo evidenzia l’inasprimento del pessimismo verghiano, che giunge alla negazione di ogni valore. Con la stagione verista si esaurisce anche la vena artistica di Verga. Subentra il Decadentismo, che pone al centro dell’opera letteraria l’uomo scisso, mentre il dannunzianesimo continua, con spirito reazionario, l’ideale del verismo di Verga, il quale rappresenta la cartina di tornasole dell’ideologia della borghesia siciliana, dal mito del mondo provinciale al pessimismo totale, nato dopo la presa di coscienza dei lavoratori.

Dagli Anni Sessanta, ricorda Catalfamo, la critica stilistica, che ha eluso il problema dell’ideologia verghiana, la quale si riflette nello stile, e poi lo Strutturalismo hanno isolato il testo dai contesti. In Debenedetti, invece, l’interpretazione psicanalitica ha tenuto conto della dimensione storica. Proprio la posizione conservatrice, infatti, induce Verga a scegliere la figura del contadino sottomesso e rassegnato e a infangare tutte le classi con un pessimismo assoluto.

All’inizio della seconda parte, Premesse e necessità di una svolta critica, lo Studioso focalizza l’attenzione sul concetto di storicismo relativo introdotto da Petronio. A Milano Verga rivive la Sicilia attraverso la memoria, contrapponendone i valori morali a quelli immorali delle metropoli industrializzate del Nord. Si accorge, però, che anche ad Aci Trezza ci sono i vinti, i quali rappresentano la prospettiva capovolta da cui Verga guarda alla tesi naturalista del progresso. Nei Malavoglia ogni trasgressione alla morale dell’ostrica è punita duramente. Le oscillazioni di Verga fra oppressori e oppressi sono confermate dalla novella La libertà. Esaminando il Mastro don Gesualdo, Petronio dà inizio alla  terza fase della critica sullo Scrittore catanese, perché parla delle “salutari contraddizioni” dell’uomo Verga, che gli hanno permesso di scrivere dei capolavori. Gli studi di Sapegno e Masiello precisano la “dimensione storica” di Verga, gentiluomo di campagna, che immette nella propria opera un pessimismo di destra. Tale posizione è rinvenuta da Guido Baldi nella Prefazione al Ciclo dei vinti, da cui emerge anche la delusione per il fallimento degli ideali risorgimentali, oltre alla crisi del ruolo intellettuale, ugualmente visibile nella Prefazione a Eva e nella lettera a Capuana del 1873. Ponendone in rilievo le contraddizioni, lo Studioso sostiene che l’ideologia di destra di Verga va collegata a una concezione “scientifica e conoscitiva”, che produce un “pessimismo deterministico e fatalistico”, prodotto da fattori individuali e collettivi, che gli permettono un’analisi distaccata e lucida. Il pessimismo verghiano esclude l’uso di un narratore onnisciente a favore dell’impersonalità e dell’artificio della regressione nei Malavoglia, in cui c’è un rapporto dialettico fra la visione dei Toscano e quella dei compaesani, mentre nel Mastro don Gesualdo il punto di vista del Protagonista coincide con quello di Verga.

Catalfamo ritiene “ingegnosa”, ma anche “artificiosa e contraddittoria” la critica di Baldi, che, sulla scia di Spitzer, intende distinguere Verga da un narratore esterno. In merito a questo aspetto, però, fanno chiarezza prima Luperini, per il quale nello scontro fra conservazione e progresso, fra i Malavoglia e i compaesani, prevalgono infine questi ultimi, facendo sembrare strana la visione di vita dei Toscano, portatori dei valori di Verga, e poi Masiello, il quale dimostra che le varie teorie sul narratore interno vogliono eludere il discorso sulla posizione politica di Verga, base della sua narrativa che, attraverso la “regia” e l’organizzazione del testo, dà vita a una forma che è insieme estetica e morale, frutto della sua ideologia. Masiello non condivide l’interpretazione di Baldi sul mancato stacco fra i due romanzi, espressione del pessimismo e del “materialismo scientifico” verghiano, ribadendo la centralità de I Malavoglia, concretizzazione del mondo popolare immaginato dallo Scrittore catanese, la cui grandezza di narratore è nella dimensione tragica, d’impronta nicciana. Dal romanzo emerge, infatti, l’ideologia di un “«anticapitalismo romantico» che contrappone alla logica del profitto, alla corruzione economica e morale, che dominano la «civiltà urbana e industriale»” a cui sono contrapposti i valori di cui sono portatori i Malavoglia, destinati alla sconfitta, la quale però dà loro una dimensione tragica, che conferisce una grandezza alla narrazione sul piano artistico, facendo apparire Verga come un Angelus novus.

       Nell’ultima parte del saggio, Elementi per una nuova critica «integrale», Catalfamo mostra come l’opera di Verga sia stata adattata unilateralmente ai tempi in cui operavano i critici, dei quali aggiorna gli interventi fino agli Anni Ottanta-Novanta, per concludere che non si può semplificare sulla figura dello Scrittore catanese, la quale risulta arricchita dai vari contributi degli studiosi.

Bisogna perseguire, secondo Catalfamo, la definizione di una visione critica d’insieme, integrale, inerente l’analisi interna ed esterna del testo e i relativi contenuti ideologici. In tale ottica conduce un’attenta analisi delle successive tappe delle opere verghiane, nelle quali fa rilevare la conoscenza, da parte dell’Autore, delle tradizioni popolari siciliane, ricavate dai maggiori studiosi, come Salomone Marino. Funzionale alla sua ideologia, la rappresentazione che Verga dà del popolo non è oggettiva e l’impersonalità serve a mascherare la sua visione, tipica della classe agraria, che emerge chiaramente in Mastro don Gesualdo, in cui la sfiducia è totale e smaschera la falsa oggettività.

Lo sbocco finale del suo pessimismo di destra, sottolinea Catalfamo, si ritrova in Dal tuo al mio, pubblicato come romanzo nel 1906, che conferma il sia il falso realismo che la posizione politica di Verga, che si riconosce nell’azione antilibertaria di Crispi, nel nazionalismo e nell’interventismo del 1914, prefigurazione dell’imminente presa del potere del fascismo.

       Il saggio Verga verista è ricchissimo di spunti critici e metodologici, in quanto Catalfamo conduce un’illuminante lavoro testuale e intertestuale, segnando un punto fermo per ulteriori approfondimenti, togliendo la maschera allo Scrittore siciliano, di cui mai disconosce la grandezza di narratore, per cui si può concludere parafrasando la famosa interpretazione di De Sanctis su Leopardi: più l’Autore de I Malavoglia e di Mastro don Gesualdo difende le ragioni dei ricchi possidenti, più stimola il desiderio, da parte di un lettore avvertito, di una realtà priva di ingiustizie e di discriminazioni sociali.

 

Angelo Piemontese

 

 

Antonio Catalfamo  Verga verista. Ideologia e forme narrative, Solfanelli, 2022

 

 

 

 

 

 

Verga verista. Ideologia e forme narrative - Antonio Catalfamo - copertina

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