Elena Malta
Un
abito qualunque
Nel
leggere questo libro di poesie di Elena Malta, aldilà della perfezione
linguistica che ne pervade le pagine e che trasporta senza fatica il lettore
verso i limiti scoscesi della memoria e del sogno, mi sono imbattuto in tutto
ciò che è poesia, intesa come canto, o
come preghiera o come ricerca del sé. Ora, per tutti noi, e in generale, esiste
un elemento Tempo, che, usando forse un’espressione un po’ azzardata, è più a
nostra disposizione rispetto agli altri.
Questo elemento è il Passato poiché il Futuro è comunque un’incognita e
il Presente spesso ci fa passare il
famoso Attimo Fuggente sotto al naso, senza che neanche ce ne accorgiamo. E dunque
: cos’è il Passato? Tralasciando quella parte sentimentale di noi che tende ad
esso e che può essere chiamata nostalgia,
è sicuramente un contenitore delle nostre essenze di esseri umani, di
noi, dei nostri cari, delle persone che abbiamo conosciuto e amato, ed è un
contenitore dentro al quale abbiamo la facoltà di attingere con la memoria e a
nostro piacimento, anche per trasformare in poesia fatti,o sentimenti, avvenuti
tanto tempo fa, mettendoli in qualche modo in relazione con il nostro Status
odierno. In alcune poesie di Un abito
qualunque l’autrice si trova a galleggiare e a trovare punti in comune tra i tempi che, in
una poesia bellissima come ‘ Cercare la via’ ad esempio, appaiono
come vasi comunicanti tra loro, attraversati da un invisibile collegamento
che unisce il Passato, ispiratore di
versi, e il Presente, che qui non è altro che l’attualizzazione dello stesso.
Ci sono tutte
le telline
nel mare
ora che è calma
l’acqua e forte
il sole.
Vengono su
a respirare
e la luce gioca
a riverberare
riflessi dorati
sul fondo
poco profondo
e tu
non ci sei più
con le mani
a rastrellarle...
Questa di saper prendere dal Passato senza mai
cadere nel melenso o nella gratuità della tristezza, è una delle tante cose che
si riscontrano in questo libro ma, quello che voglio dire con maggior forza, è
che anche questa silloge, apparentemente delicata, ha potenza di evocare una
delle domande a cui non abbiamo mai saputo rispondere con chiarezza: cos’è la
poesia? Difficile dirlo. Dipende, e il giudizio
varia logicamente da testo a
testo, da autore a autore e varia in base alle
diverse realtà o ai diversi sogni o alle diverse aspettative in cui tentiamo di attingere l’inchiostro
della nostra penna. Alcuni autori l’hanno perennemente a loro fianco e la usano
per esternare alcuni loro concetti, mentre altri aspettano soltanto l’attimo di
ispirazione. A volte sappiamo che è là, da qualche parte, come uno sfuggente
Peter Pan e allora tentiamo di raggiungerla sapendo che se la prendiamo essa potrà spargere
sulle nostre pagine un po’ di magia, ma nessuno sa esattamente cos’è...
Sicuramente, come tutta l’Arte del resto, è una forma di comunicazione che
abbiamo a disposizione per metterci in contatto con gli altri e con il mondo.
Più facile forse, è dire chi è il poeta.
Egli infatti è un mezzo, un filtro tra la vita, che dice e che insegna, e
l’eventuale creazione artistica che
scaturisce dalla sua sensibilità e dalla capacità di captare certi messaggi che
spesso passano inosservati ai più. Egli è
capace di scendere all’Inferno e di portarne fuori la luce, chiedendosi,
dentro di sé, il perché delle tenebre. Bene, in questa silloge, Elena percorre questi sentieri e, soprattutto
nel capitolo intitolato ‘ In questo
cammino ’ si mette al cospetto del proprio credo cercando in esso, in
maniera appassionata, le risposte alle tenebre in cui si sente avvolta:
‘Tu che vuoi intessere
nuova carne giovane
su queste ossa inaridite
e
fragili
che vuoi per me questo buio
e mi prometti la luce
e vuoi che io immagini la luce
che viva la dimensione del giorno
quando tutto è tenebra e morte..’
E
percorre lo stesso itinerario di ricerca anche in altre poesie, come nella lirica
intitolata Il mio deserto, dove sembra addirittura che accetti di buon grado
questo suo e questo nostro percorrere le
strade scomode che inevitabilmente sbucano da qualche parte. Quelle strade lei
le vive e se ne arricchisce, ne comprende il valore e perciò evita di fermarsi,
con la consapevolezza di chi sa che alla fine, il segreto del vivere, è andare
avanti e conquistare i propri equilibri:
Desidero camminare
questo mio deserto...
E
ancora:
...
altra strada
altra vita
giorni
di soffocante fatica
e notti
di freddo siderale
a piedi
limata
dal deserto
grata
di avere amato
ogni granello di sabbia...
Ma, come dicevo prima, questi sono soltanto alcuni aspetti di questo libro. Un abito qualunque è un testo elaborato nel tempo, una raccolta che cambia passo tra una pagina e l’altra e si diversifica per la ricchezza di proiezioni, per la varietà dei temi sui quali si imperniano le liriche, per la varietà dei sentimenti immessi nelle poesie, per la differenza del timbro che in qualcuna di esse diventa addirittura ermetico (‘Incontri’ ad esempio), mentre in altre è più dolce e segue un linguaggio più accessibile e in altre ancora appare molto più stringato e ridotto allo stretto necessario, pur senza perdere mai la totale fuoriuscita di senso e la grande musicalità, patrimonio di ogni verso.
Ma, come dicevo prima, questi sono soltanto alcuni aspetti di questo libro. Un abito qualunque è un testo elaborato nel tempo, una raccolta che cambia passo tra una pagina e l’altra e si diversifica per la ricchezza di proiezioni, per la varietà dei temi sui quali si imperniano le liriche, per la varietà dei sentimenti immessi nelle poesie, per la differenza del timbro che in qualcuna di esse diventa addirittura ermetico (‘Incontri’ ad esempio), mentre in altre è più dolce e segue un linguaggio più accessibile e in altre ancora appare molto più stringato e ridotto allo stretto necessario, pur senza perdere mai la totale fuoriuscita di senso e la grande musicalità, patrimonio di ogni verso.
La
poesia, come la scrittura in genere, devono far venire in mente a chi legge le emozioni e
i sentimenti provati nella propria esistenza. La poesia valida deve far da
specchio a se stessi e alcune poesie lette in questa raccolta hanno fatto
venire in mente a me stesso madri dolci,
quelle che accompagnavano i propri figli a scuola prima di stendere la
biancheria al sole del mattino e mi hanno fatto venire in mente le ortiche che
crescevano su quello spicchio di terra inutile... La bellezza esiste dunque e,
a volte, è proprio con la poesia che si riesce a coglierne e a descriverne i
particolari. Ma l’autrice non parla della bellezza in senso stretto limitandosi
a descriverla o quant’altro, piuttosto la fa cogliere al lettore pennellando
con leggerezza i versi dai quali, spesso, o quasi sempre, si sprigiona una vena
di gioiosa malinconia . E, a proposito
di questo, vorrei citare la lirica Andar
per more e ancor più quella intitolata Il
disgelo, che è un tenero canto gioioso, ricco di immagini, dove è
riportato, come in altre poesie di questo genere, chiaro il sentire di un animo
adulto che, nonostante le traversìe della vita espresse in altre liriche, sa
ancora intenerirsi e ricordare ciò che più è importato per la crescita della
propria sensibilità:
...
un fresco bouquet
di antiche fragranze
che ancora mi
stupiscono i sensi
come quando
bambina
il disgelo
incedeva e
fioriva
i miei giovani salti
tra i sassi
di fiori
e di erbe novelle.
E ancora, in Per un suonatore di sax, la nostra mette a confronto l’arte e la vita del musicista, che si integrano l’una con l’altra, dando vita a un balletto in cui i versi si inseguono fino ad arrivare al taglio netto del finale, che lascia a bocca aperta per la funzionalità con cui risolve il testo:
...
Improvvisata
apra per me
in parata il varco
verso altri mondi
musicali
e risuoni
in concerto
la musica più soul
del mio strumento
memore
delle arie spiritual
che dal petto
a bocca
gli ho infuso
per tutto
il respiro
di una vita.
E, sempre a proposito di gioiosa freschezza, mi piace citare Un fiore per me, poesia di nerudiana memoria per i suoi riferimenti al mercato, ai pesci, alla frutta, agli ortaggi, ai ranuncoli nel vaso e a un fiore nel finale, come ricompensa e come regalo per se stessa.
Io, in
questa mia umana dissertazione su questo libro, nel quale sono entrato come
cogliendo fiori qua e là in un prato, per mia natura, non potevo inoltre non far caso a poesie come Acrobata, o come Specchio o ancora come Fotografie
o come Senza parole, dove il Pathos o lo Spleen sono più puri, dove lo
scavo interiore è più accentuato e i toni più fisici e colorati di nero, dove
le acque stagnanti ivi descritte creano materia tendente ancora alla luce, che
sempre esiste, seppur lontana, ma, andando avanti nella lettura e nel godimento
del testo, ho avuto modo di appurare che qui, il tema portante, resta sempre quello
degli affetti. Il poeta autentico ha ben poco da spiegare, lui parla con i
versi, riportando la realtà, presente o già passato, e, mettendoci di fronte a
quelle sue parole dietro le quali c’è il respiro della sua vita, lascia a noi
il compito e il piacere di interpretarle. Questo accade in molte delle poesie contenute
nella raccolta, alcune delle quali meriterebbero ognuna una recensione a sé,
una piccola pausa dove fermarsi trovando ristoro.
In
conclusione e a proposito di tutto questo, val la pena citare ancora due poesie: Colorare la vita e Carezze. La prima è un inno al rapporto
con sua madre, un canto che si innesta nella meraviglia della natura e diventa
metafora di un legame gioioso e profondo, una ballata dedicata all’affetto più
grande.
Carezze, è una poesia sempre dedicata
alla madre ma, a differenza della prima, si risolve attraversando il
quotidiano, le cose che molti di noi hanno vissuto e per questo è commovente,
in quanto i versi si intercorrono tra loro riportando, come dicevamo prima, la
realtà, priva di pesi e di orpelli destabilizzanti, restituendo fedelmente sia
gli attimi vissuti che il sapore della mancanza.
...
carezze
complici di donne
che adornano i sogni
del giorno di festa, carezze
lievi di te madre
sulle mie spalle
chine sul libro mentre
mi passi silenziosa accanto.
...
Elena Malta profonde anima nei suoi versi e spesso parla con essa, immergendosi nei ricordi e fissandoli in una dimensione senza tempo, come a voler dare voce a ciò che è ancora vivo.
Roberto De Luca
Una serata dedicata all'Arte della nostra Elena, già cantata dal caro Nazario, in merito alla Silloge "Tratti in chiaroscuro", che contiene la Sua prefazione, quella del 24 gennaio all'Arion Monti. Roberto ha approfondito gli aspetti emozionali della Raccolta di Elena, dimostrando ancora una volta le sue capacità di recensore profondo e sensibilissimo. Sono felice di trovare il suo intervento su questo prestigioso blog. Complimenti, amico caro!
RispondiEliminaErrata corrige: 31 gennaio
RispondiEliminaMaria Rizzi