Marisa Cossu collaboratrice di Lèucade |
Una poetessa, fedele all’isola, sbarca
oggi con 5 poesie di vellutata assonanza: maestria metrica e inventiva si
miscelano in endecasillabi sciolti di urgente resa poetica; in una varietà di
versi atti a reificare passioni e sentimenti di rara suggestione. C’è anima,
c’è creatività, insomma ci sono tutti gli ingredienti indispensabili all’azione
poematica; al volo artistico. Sì un volo, ma partendo dai brividi terreni,
dalle cose di ogni giorno, dagli affetti sacri che, storicizzati, ricamano il
nostro essere: radici, memorie, realtà, sogno, rievocazione, desideri, storia:
“… il mio solo pensiero intorno all’uomo/e all’esistenza, pianta che non
cresce/ se non da un vecchio tronco/ spaccato, dove mettere il
futuro,/aspettarne la gemma,/ morire, forse, e poi tornare al sole.”. Morire e rinascere ai palpiti del sole,
vivere ricuperando, aggrappandosi alle radici che ci fanno veri, ai desideri,
alle speranze simboleggiati nel sorgere perlaceo dell’aurora. “… È nel soffio immortale che dimora/ la pallida
speranza disvelata/al sorgere perlaceo dell'aurora,/ /quando oramai la vita già
passata/piange il suo canto roco e cade il mondo/ nel tremolio di una notte
stellata.”. Tutto scorre con energia verbale, tutto si ammanta di note
musicali, tutto è in cuore a Serenade di Schubert o a tristezze di Chopin,
tutto ci chiama alla vita, alla sinfonia, al Bello. E cosa è mai la poesia se
non che parola sgorgata da un animo lesto al ritmo, al canto. Questa è poesia:
sentimento, immagine, memoria; è répêchage di sprazzi naturali rimasti a
decantare e pronti a concretizzare abbrivi esistenziali: ciò che leggiamo in
questi versi, lontani da ogni tentativo di sperimentazione prosastica, ma
forgiati su positure di tradizione nostrana, dove il verbo risuona in iuncturae
di valenza sinestetico-allusiva con aperture al mare, all’antico; con aperture
a slarghi pregni di miti rinnovati, fattisi umani nella loro estensione
mitopoietica: “… Forse ti amo per i tuoi
sepolti ipogei/per le ormai dissacrate
necropoli,/i cunicoli scuri che vanno/al mare dalle antiche/segrete dei palazzi/del
borgo medioevale;/per il veleno che mi brucia gli occhi/o per i passi che i
vicoli stretti/riversano nel mare”(Taras). Una visione totale, superba,
plurale, polivalente; una immaginazione che va en haut, in alto oltre le nubi
per rendere eterno il gioco della vita, come direbbe Verlaine: “Le ciel est
par-desus le toit”.
Nazario Pardini
Innesti
Iniziò il breve secolo mio padre
piantando un tronco tra una guerra e
l’altra,
tra l’inferno e il ritorno;
e fu così che il legno
esalò infine un palpito di foglia,
un segno esile e sacro
aperto a meraviglia.
Ora ricordo il libro
che, come Bibbia posta sul leggio,
con cura egli sfogliava e ci spiegava
le nuove frasi, quelle voci antiche
su cui formare il nuovo.
In me di conoscenza,
di speranza e d’amore
seminò un campo vasto che aro ancora:
è la mia vigna destinata ai figli,
il mio solo pensiero intorno all’uomo
e all’esistenza, pianta che non cresce
se non da un vecchio tronco
spaccato, dove mettere il futuro,
aspettarne la gemma,
morire, forse, e poi tornare al sole.
Desiderio
(terzine concatenate)
Come di conoscenza il desiderio,
infinito è l'eterno divenire
ed infinito è il logos; il criterio
d'amore che giustifica il finire
di un tempo luminoso; ma altro ancora,
innestato all'antico, è l'Avvenire.
È nel soffio immortale che dimora
la pallida speranza disvelata
al sorgere perlaceo dell'aurora,
quando oramai la vita già passata
piange il suo canto roco e cade il
mondo
nel tremolio di una notte stellata.
Ascoltavo la pioggia
(incipit da Alda Merini)
Ascoltavo la pioggia.
Una goccia scavava,
scavava il fumo grigio
di una ormai consumata sigaretta,
scavava dentro con un graffio lento
che segnava l’attesa.
(… Non so che cosa udivi nei
fermenti
incisi dalla pioggia
… gutta cavat lapidem …)
Lento appariva quel poco di vita
sommersa, il colpo nel cuore
spaurito,
il bisogno d’amore,
la goccia che scava e lava la fronte
aggrottata nel vuoto.
Nella stanza ormai chiusa,
sul letto erravano fili di cielo .
E l’immenso spariva.
Una goccia scavava,
scavava il fumo grigio
di una ormai consumata sigaretta,
scavava dentro con un graffio lento
che segnava l’attesa.
(… Non so che cosa udivi nei
fermenti
incisi dalla pioggia
… gutta cavat lapidem …)
Lento appariva quel poco di vita
sommersa, il colpo nel cuore
spaurito,
il bisogno d’amore,
la goccia che scava e lava la fronte
aggrottata nel vuoto.
Nella stanza ormai chiusa,
sul letto erravano fili di cielo .
E l’immenso spariva.
La
tela tagliata
(di fronte al quadro di L. Fontana)
È la tela tagliata che m’inquieta,
il pittore che segna con la lama
lo spazio bianco e, come una ferita,
si compiace di un sangue non versato;
ma denso incombe e si dipana l’oltre
che non vediamo, che non immaginiamo:
si palesa dal buio dei confini
nell’azzardo di un mitico pensiero.
Che cosa vive dietro quel biancore?
Perchè
solo nel vuoto c’è mistero?
E se mi turba il gesto dell’Artista
mi attira il taglio, il verticale segno
di croce che trapassa la materia.
Dal limite s’innalza quel dio nuovo
che nella sfida compie il suo destino
nella vana ricerca di se stesso.
Taras
Taras, città d’acciaio,
ti spaura la notte che ti affoga
in polverose nubi;
ho ricordi di colonne ammantate
da un’antica bellezza,
ti custodisco come una reliquia.
Forse ti amo per i tuoi sepolti ipogei
per
le ormai dissacrate necropoli,
i cunicoli scuri che vanno
al mare dalle antiche
segrete dei palazzi
del borgo medioevale;
per il veleno che mi brucia gli occhi
o per i passi che i vicoli stretti
riversano nel mare.
Grazie, carissimo Nazario, di questo spazio dedicato alle mie poesie che tu hai voluto onorare con questa bellissima nota critica. Felice di essere ancora sulla nostra Isola, sento con orgoglio l'appartenenza al fantastico mondo da te creato, condiviso generosamente con tutti noi. Spero di non deluderti mai. saluti affettuosi a te e alla tua famiglia
RispondiEliminaMarisa Cossu
Marisa Cossu, poetessa come l'attore di teatro, non il caratterista, ma quello che sa essere ogni personaggio che interpreta, perché è la sua arte che lo guida, quel soffio che non si impara, che sta con noi fin dall'inizio ma che sa perfezionarsi ed essere solo "tua", mediante lo studio, la costanza, la passione e...quel senso di modestia che di per sé porta l'uomo a crescere...
RispondiEliminaComplimenti a questa poetessa- a questa donna d'arte e di studio-, complimenti alla sua professionalità che le permette di "accarezzare" la parola, di cantare versi in qualsiasi forma stilistica e metrica, sempre con grazia e maestria, e sempre con la semplicità dell'approccio con gli altri.
Brava, Marisa Cossu, e grazie per queste tue bellissime poesie inedite , che giungono come un bell'augurio di Natale.
Buon Natale anche a te!
Edda Conte.
Non sono un critico letterario, ma tutte le poesie citate sono bellissime; la mia preferita è Taras. complimenti a Marisa Cossu!
RispondiEliminaIl tuo commento, cara Edda, mi giunge con un forte segno di amicizia: le tue parole mi onorano e spero di poter sempre comporre versi apprezzabili come quelli cui gentilmente fai riferimento. Ti ringrazio di cuore per esserti soffermata a leggere e ringrazio il nostro Nazario Pardini per questa opportunità di scambio tra poeti e scrittori del suo mitico blog.
RispondiElimina