Carla Baroni,
collaboratrice di Lèucade
Ma non è una cosa seria. Zigzagando tra le pagine di DAGLI SCAFFALI DELLA BIBLIOTECA
È
l'ultimo dell'anno. Ieri mi è giunto
“Dagli
scaffali della biblioteca”
- il
libro di Nazario in poesia -
che
adesso ho riposto nella mia…
Questi
versi scherzosi in esergo stanno ad indicare che la mia non sarà una recensione
neppure sui generis dopo tutte quelle che sono apparse nel blog molto erudite e
profonde, ma una semplice guida alla lettura.
È
necessario qui fare una piccola premessa; ho letto tanti commenti critici,
prefazioni, postfazioni soprattutto riferiti ai miei libri- ne ho pubblicati
più di una trentina- in cui talvolta gli illustri estensori avevano trovato
cose che io non mi ero neanche sognata di aver pensato e tanto meno scritto. Inoltre
ho notato che quando viene riportata una citazione è sempre riferita ad una
delle prime poesie che appaiono nel libro: si capirà allora come io mi senta
adesso che sto pubblicando tutto quanto da me scritto quando mi ritrovo
giudicate come le migliori le ingenuissime poesie composte a tredici anni!
Questo lungo preambolo è, infatti, per mettere in evidenza che spesso chi
recensisce un libro di poesia lo apre a caso, si sofferma su alcuni passi della
pagina e non va oltre. Poi abbonda in aggettivi enfatizzanti l'opera del poeta
e, perso tra figure retoriche e giochi di metrica, si dimentica di entrare nel
merito di quanto l'autore abbia voluto esprimere nel suo complesso, e tanto
meno della spinta emotiva che lo ha indotto a scrivere.
Il
libro di Nazario è appunto uno di quelli che vanno letti dal principio alla
fine perché altrimenti si perde il filo conduttore, l'anello che lega una
poesia all'altra. Questa pubblicazione io la chiamerei più semplicemente “Il
libro degli affetti”.
La
prima sezione “Ricordi che pungono” ha per oggetto tutte le persone viventi e
non che l'Autore ha nel cuore con qualche straripamento a quei luoghi in cui
esse hanno trascorso la loro esistenza; padre, madre, fratelli, nipoti
compaiono nuovamente in questo viaggio della memoria - che in parte ben
conosciamo perché il Nostro ne ha già parlato ampiamente nella sua vastissima
produzione - ma sempre carico di suggestioni per il lirismo intriso nei versi,
per la freschezza e immediatezza delle immagini. Saudade? Forse ma la saudade è
come una tazza di cioccolata calda con panna: c'è chi mescola la panna alla
cioccolata, chi invece la mangia da sola per prima. Nazario è uno di questi.
Consumata la parte superiore, ecco fragrante quella inferiore non meno gustosa
e accattivante.
Infatti
il corpus centrale intitolato “Dagli scaffali della biblioteca” di questo
poemetto - da cui tutta la silloge prende il nome - fa emergere un altro tipo
di affetti non meno pregnanti dei precedenti. Qui c'è tutta una carrellata di
artisti che sfila davanti ai nostri occhi, e non solo poeti, coloro cioè che
hanno fatto di Nazario quello scrittore di vaglia che è. Ma di ciascuno di
quelli presi in considerazione dall'Autore viene il più delle volte messa in
evidenza ciò di cui sentimentalmente è portatore, ossia quello che l'ha fatto
piangere, gioire, in una parola commuovere in un gioco di specchi che si
protrae all'infinito. È un artificio geniale che fa da collante a gran parte
della silloge. E allora ecco la madre per Ungaretti, Silvia per Leopardi,
ancora la madre per Caproni, Sibilla Aleramo per Campana, la Liguria per
Montale, Milano crocifissa dalla guerra per Quasimodo e così via. Pardini a
volte racconta, a volte prende una delle poesie più note di ciascuno di questi
scrittori e la continua mettendola in bocca allo stesso, tutto per dimostrare
la sua tesi ossia che l'amore è il fulcro attorno al quale ruota il mondo. E
per far ciò non evidenzia mai con il corsivo o con le virgolette i brani presi
a prestito - che del resto sono stranoti - ma ne fa un unicum con quello che
lui aggiunge.
In
questa sezione Nazario esprime inoltre il desiderio di restare anche lui nella
biblioteca, in quella universale biblioteca che raccoglie tutti i grandi
scrittori. E quindi da quegli scaffali, quando tutta la bagarre degli illustri
autori (che litigano, protestano,
talvolta si insultano) si è spenta, “una voce in sordina” gli comincia a
recitare “Dieci poesie d'amore” cioè l'ultima sezione del libro, opera quindi
di Pardini. Tuttavia non si pensi che siano questi testi tutti dedicati alla
donna amata, a quella Delia cui Nazario si rivolge spesso, senza mai rivelare
se è sempre la stessa o semplicemente la personificazione della giovinezza, di
un'età dai dolci trasalimenti, di momenti alle volte più sognati che vissuti.
Ci sono altri amori che gridano con “echi rimbombanti” dentro il cuore di
Nazario. Perché l'assunto di questo originalissimo poemetto è, senza ombra di
dubbio, che l'Amore è un sentimento caleidoscopico che abita in ciascuno di
noi. Amore, quindi, il fil rouge di tutta la raccolta nelle sue molteplici
manifestazioni espresso sempre con quel linguaggio accattivante proprio di
Pardini semplice e costellato qua e là da qualche dialettalismo a ricordare, se
ce ne fosse bisogno, che questa forma di emozione non perde smalto in qualsiasi
modo venga cantata.
E,
allora, con una mano sul cuore, buona lettura!
Carla Baroni
RICEVO E PUBBLICO
RispondiEliminaCaro Nazario, grazie di avermi accolto ancora una volta sulla tua isola. Il mio piccolo contributo voleva sottolineare che al lettore comune non importa assolutamente di sapere quanti enjambement o quante allitterazioni abbia la poesia ma vuole semplicemente godere della scrittura come per qualsiasi altro libro. Purtroppo è invalsa la brutta abitudine che le sillogi vengono aperte a caso e questo è estremamente deleterio per i poemetti in cui ogni testo non è a sé ma sugge linfa dai precedenti e la infonde nei successivi.
Infine - a parte che sostengo ed ho sempre sostenuto che la poesia non ha bisogno di spiegazioni ma deve essere percepita “a pelle” - ho voluto mettere qui la mia chiave di lettura per tutti coloro che invece vogliono essere guidati nell'approfondimento del testo.
A te ancora grazie
Carla Baroni
Questa nota di lettura, che Carla Baroni redige a commento e guida della più recente pubblicazione di Nazario Pardini, possiede, nella sua apparente semplicità, parecchi elementi utili per un corretto approccio alla silloge "Dagli scaffali della biblioteca". E poco conta che la Baroni, al principio del suo scritto, faccia professione di modestia, visto che il suo intervento, lineare ed essenziale, è funzionale allo scopo che si è posto.
RispondiEliminaPasquale Balestriere
Carissimo Pasquale, da vero amico sei sempre pronto a sostenere qualsiasi mia iniziativa anche la più piccola. Per me lo scrivere rappresenta una forma di cura di tutti i mali che mi affliggono e lo faccio anche quando non sono in vena. Grazie quindi a te e lunga vita all'immarcescibile trio CANAPA.
RispondiEliminaCarla