mercoledì 6 gennaio 2021

MARCO DEI FERRARI SU "EPILLIO" DI NAZARIO PARDINI

L'INVERSIONE DEL DUBBIO DIALETTICO NEL SUICIDIO PER NAZARIO PARDINI

Marco dei ferrari,
collaboratore di Lèucade

Pardini continua il suo "registro" di sorprese letterarie tra poesia narrazione-teoria. Questo "epillio" ne consacra l'essenza più realistica e problematica. Un dialogo filosofico-gesuitico su un tema difficile e controverso che Nazario tratteggia mirabilmente da par suo in fasi plurime. Dapprima si confronta soltanto e stivando il pensiero sulla dicotomia ragione/fede che sempre ha tormentato i teorici cristiani. Qui non manca neppure l'accenno all'epicureismo naturalistico a sottolineare l'irripetibile destino della presenza umana sulla Terra. Il suicidio si configura sia come alternanza volontaria (ma non solo) al destino immutabile a coinvolgere scienze e filosofie con citazioni teorico-pratiche di esempio (Foscolo Leopardi) che nascono migliaia di anni fa (il famoso "papiro di Berlino"), sia come articolazione di una lunga storia poetico/teorica. Pardini si riconduce quindi nel considerare il suicidio liberazione da una casualità indefinibile per talune filosofie (stoici - cinici - Lucrezio) e azione offensiva verso gli Dèi (vedi Platone, Aristotele) nell'ottica della sacralità esistenziale. Anche il cristianesimo (Sant'Agostino, San Tommaso) ricalca la prescrizione biblica che non ammette deroghe al comando divino. Inevitabile il richiamo al Medioevo che sanziona pesantemente ogni trasgressione suicida (interpretazione etico-religiosa). Con il Rinascimento illuministico la libertà ritorna protagonista (Hume, Beccaria) fino al monumentale "concetto" di Kant che condanna il suicidio in modo netto è incontrovertibile (fa torto a se stesso, annota Pardini, quando ignora il valore della dignità umana). È in gioco la consistenza esistenziale che nella dignità soggettiva riscontra l'oggettività sacrale; il "gioco" esplode poi nel "romanticismo" che enfatizza l'abolizione delle regole più introflesse per esaltare gli ideali irrefrenabili (amore, onore, eroismo) di un Foscolo (eroe-aedo per Pardini) che nonostante la sua protesta epico-interiore promuove la memoria della vita in un Sepolcro immortale o di un Leopardi che intuisce il senso vitale e maledice la malasorte riservata agli umani ("cantore della cruda sorte" lo definisce Pardini). La mèta della speranza completa il contesto conformato dall'inpegno civile e religioso per approdare al "destino" comune riservato al credo-dovere sul "tutto". Neppure Pavese risponde alla potenza del "destino": suicidio come dominio sulla volontà nella libertà di scegliere (esistenzialismo estremo del dubbio). Dopo il "confronto" nella 2° fase, il tema dominante del dubbio è l'assillo del poeta che respinge le finalità materialistiche di eccellenza (inariditi viventi) ridotte all'incertezza del progresso/regresso senza l'esistenza dello spirito (nulla di peggio esiste). Pardini completa quindi l'assillosa osservazione con uno sguardo all'Oriente. In Cina suicidio è atto di protesta contro il disonore pubblico; in Giappone è una cerimonia religiosa di estrema importanza (harakiri) (ed anche suicidi collettivi); il Buddismo è contrario; in India la pratica impone il sacrificio della vedova sul rogo del corpo del defunto marito. Quindi usi e costumi diversi che la scienza, da Freud in poi, ha reso più comprensibili, ritenendo il suicidio una conseguenza e componente importante di infermità mentale (psichiatrica tesi di Esquirol). Le citazioni di Virginia Woolf; Shelley; Tolstoj; Kilke... contribuiscono infine ad arricchire e problematizzare la scelta quale "ratio" inevitabile che si innesta nella situazione verificatasi in Italia durante l'ultimo decennio del Novecento. I casi di suicidio sono molteplici e precipitano Pardini nella tempesta del dubbio (follìa? Sistema malato? Potere occulto che domina il senso dello "stato"?).

Un calvario gonfiato dai mass-media, nello squilibrio generalizzato, dove anche il politico di spicco ne subisce le conseguenze e dove un piccolo cimitero ne testimonia l'abnormità che tuttora persiste e declina l'altalena del potere. Pardini con maestrìa poetica senza pari, scorre fasi, forme, risposte, teorie, analisi del suicidio in un componimento d'eccellenza che ne disdegna la scelta volontaria, ne comprende le motivazioni più intimistiche, ne "sintetizza" il mistero di un "attimo" decisivo che nessuno potrà mai penetrare e discutere compiutamente. È l'attimo che sfugge all'autocontrollo e ribalta il "credo" trasformando l'effetto in causa efficiente attiva difficile da immaginarsi senza viverla nella sola forma esistenziale possibile e cioè nel desiderio di riconfigurarsi "derivato minore" dell'Essere assoluto, custode perenne dei valori "calpestati", se pur condivisi (a parole) (amore... adorazione della Natura... finalità dell'esistenza donata...). E' il dubbio di un poeta-pensiero-filosofo quale Nazario Pardini; un poeta che vive la sua tempestosa meditazione e nel coraggio di esistere trova la causa vincente della sua fascinosa arte narrante. E' la "dialettica" inversa di un creatore-osservatore che sostituisce la tesi all'antitesi di un "dialogo" per approdare nella "sintesi" incompiuta (e quindi inesistente) con il volteggio dei suoi versi che sforano, sfidano, intrigano la "dialettica" di un dubbio senza serenità.

Marco dei Ferrari

1 commento:

  1. RICEVO E PUBBLICO

    Carissimo Nazario, ti invio queste mie riflessioni dopo la lettura del tuo Epillio.
    Se non dovessero piacerti puoi non pubblicarle.

    ^^ Leggo alcuni commenti su la più recente (?) opera di Nazario Pardini.
    Leggo e prendo atto di quanto si dibatte su questo Epillio squisitamente letterario.
    C'è un Pardini filosofico? certamente sì, perché l'argomento anche nella sua stessa strutturazione ha tutti i motivi di una argomentazione etico-religiosa.
    Leggo interessanti e dotte "spiegazioni" di un problema dibattuto nei vari secoli della Storia , fin dai primi filosofi greci. Leggo anche qualche appunto di personale approfondimento...;
    ciascuno degli scrittori dichiara la sua stima e ammirazione nei confronti dell'Autore, che ancora una volta sorprende i suoi lettori con un'opera "nuova". Tutti concludono poi con il plauso di affettuoso stupore per l'uomo di immensa cultura che scrive con versi leggeri persino un dettato tanto austero.
    Io, che non mi ritengo una esperta di scienze filosofiche né una accreditata scrittrice critica per un lavoro tanto specifico, non riesco a staccarmi dal mio pensiero fondamentale, sempre attratta dalla costante ricerca dell'Uomo.
    Pardini filosofo? Pardini uomo di immensa cultura? Pardini poeta? Sì, tutto questo non si può negare leggendo questo Epillio. Certamente il Professor Nazario Pardini è tutto questo!
    Ma perché ancora guarda e analizza, anche se questa volta non direttamente , lo scomodo personaggio Thanatos?
    Qui la presenza di Thanatos è ancora più inquietante, si nasconde dietro il lato più complesso della eterna lotta con l'uomo: la forza del suo pensiero. Per Pardini oggi non conta la partita a scacchi con la Morte, c'è in gioco molto di più: c'è il dubbio.
    E forse il dubbio è più interessante di una certezza cui non si può sfuggire.
    Dunque è questo l'argomento che richiama il suo poiein.
    Perché Pardini è e resta comunque "il Poeta"
    Concludo questa mia breve nota di riflessione affermando ancora una volta che l'animo del vero Poeta è votato nunc et semper esclusivamente alla sua Musa.
    Perciò grazie, amico Poeta, che sai così bene subordinare alla Poesia qualsiasi altra forma di pensiero.
    Con immensa stima e grande affetto,
    Edda Conte

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