giovedì 3 aprile 2014

IVAN POZZONI: "EDITI"



Ars Poetica  – Czesław Miłosz, (1957)
Ho sempre aspirato a una forma più capace,
che non fosse né troppo poesia né troppo prosa
e permettesse di comprendersi senza esporre nessuno,
né l’autore né il lettore, a sofferenze insigni.

Poesia ampia, aperta, orizzontale, nuova, di rottura, post-moderna o tardo-moderna, del filone neoNavanguardista che azzarda iperbolici sguardi verso contenuti planati in dismisure che oltrepassano l’ordine armonico. Qui la parola s’intreccia in strutture ipermetriche, o in assoli, per raffigurare quadri che frantumano gli schemi spazio-temporali. Quegli schemi di altro tipo di poesia tesa al fugit, al memoriale, allo sguardo del giorno che passa, a fare del naturismo un aveu indirecte esistenziale con una sonorità ligia al rispetto dell’a capo per il suo procedere. Non può non venire a mente, leggendo Pozzoni, l’ Ars Poetica  di Czesław Miłosz:
<<Ho sempre aspirato a una forma più capace,
che non fosse né troppo poesia né troppo prosa
e permettesse di comprendersi senza esporre nessuno,
né l’autore né il lettore, a sofferenze insigni…”… Una forma ampia dunque che consenta l'ingresso nella forma-poesia della forza rigenerante della «prosa». Miłosz caldeggia una nuova poesia che sia al contempo riflessione sulla storia e una selezione di immagini povere, prosaiche;…>> (da: Giovanna Tomasucci: Commento su Intervista a Giorgio Linguaglossa, di Ambra Simeone).

         


Sì, piccoli fatti, piccoli avvenimenti, grandi temi: gli elementari accidents del vivere, un minimalismo che fa di questo poetare un oggettivismo realistico, o un realismo minuzioso che tradisce ogni forma di misticismo spiritualistico, di solipsismo lirico, o di egotismo espressivo. Di quegli assoli spersi in vertigini paniche in cui l’ordine è determinato da refrain di armoniche armonie. Quindi, dire che ci si contrappone con nettezza ed intenzionalità agli schemi di una letteratura di italiana memoria; che ci si accosta con una ricerca attenta, anche se con differenti venature da poeta a poeta, all’uso lessico-contenutistico-innovativo del poema anglosassone; dire questo, credo non sia sbagliato: un dilagare della poesia in ampiezze che tocchino la coda di un prosastico fluire, dove le sinestesie, gli anacoluti, le  paranomasie e gli stilemi confluiscano in un oggettivismo che escluda immissioni di sollecitazioni mnemoniche, ove vagiscono gli autunni o sorridono sprazzi di antiche primavere. E in questa novità di far poesia (o di far non-poesia) non sono rare impennate di vera sostanza e potenzialità creativa.



Con cui il poeta, ribelle e controcorrente, concretizza la sua identità anticonformista e denunciataria, in nessi verbali crudi, ed efficaci e, non di rado, originali.

Nazario Pardini



Ivan Pozzoni: Patroclo non deve morire. deComporre Edizioni. Gaeta. 2013. € 10,00




La leggenda di Totyradz

La morte ti stappò alla culla e alla battaglia
bambino e cavaliere
cavaliere bambino
- dicevano che fossi fatto d’acciaio inox –
sacrificato alla salvezza indoiranica
d’un dio caucasico.

La lacrima intrisa del dolore di una madre
disteso sulla lastra di una tomba
scavò un buco tra terra e sassi,
al tuo buio s’offrì un raggio di sole,
e, dimentico dell’abbandono,
smettesti di sentire freddo. 




Ivan Pozzoni: Scarti di magazzino. Casa Editrice Limina Mentis. Villasanta (MB). 2013. € 12,00


Di giorno in fabbrica, di notte al cimitero

Ti scoprirono i carabinieri
a dormire nella cripta d’un cimitero
nei dintorni della città di Padova,
dove avevi sistemato un talamo anomalo
su un tavolo mortuario,
mentre leggevi Proust, a lume di candelabro,
nell’atteggiamento di scomodo affittuario.

Tra riti satanici, messe nere, violazione di cadaveri
Commessi, con abominio, in tutt’Italia,
tu hai rivendicato un ruolo nella città dei morti,
ucciso con dignità dalla crisi dell’industria
che, nell’ex ricco nord-est, a un certo momento
smise di connotare come eccessivamente austero
andare a dormire al cimitero.




Ivan Pozzoni: Carmina non dant damen. Casa Editrice Limina Mentis. Villasanta (MB). 2012. € 8,00


Fame di fama

Son costretto a cenare due o tre volte a settimana,
anche sei, in certi casi,
 e a reinventarmi idraulico non riesco,
con due mani, sbucciate, che si ribellerebbero allo strazio.

C’è una densa rabbia nei miei versi simili a nebbia,
nel dimostrare i miei valori nei dolori dello studio,
scoperta a morte dentro ardite camere ardenti,
non scrivendo all’avanguardia
davanti non ci resto, essendo un ruolo ad alto rischio -,
o non scrivendo affatto.

Il dolore è boccia incandescente d’avidi barracuda,
in una civiltà rea di sfornar bimbi che verranno invano,
coi desideri frustrati di non vedersi od inventarsi buffoni
al Grande Fratello 2025.

Credere, davvero, che i nostri cervelli
si abitueranno all’oscurità d’un crescere nei call centers,
amministrando i telefoni di chi ha denari?




Ivan Pozzoni: Lame da rasoi. Edizioni Joker. Novi Ligure (AL). 2008. € 10,00



Mani vuote

Non hanno nessuna
intenzione di capire,
bimba mia,
neanche di lontano,
che non riusciranno,
mai, a rubare l’anima
ai poeti, finché
vive chiusa in
casseforti dalle
pareti di zinco,
con borchie
d’ottone;
rubare
anime
di fanciulli,
non conviene,
perché si rimane,
sempre a mani vuote.


4 commenti:

  1. Ivan Pozzoni è un giovane di talento e talentuoso, un rivoltoso naturale, un irriguardoso dei ceti e dei riti dei ceti letterari, un anfibio direi in un paese come il nostro di ex cattocomunisti che non sanno di esserlo. Direi che ogni generazione ha bisogno dei suoi Ivan Pozzoni, essi sono degli anti corpi assolutamente necessari alo stato di salute del consorzio, diciamo, civile. c'è UN FATTO, PERò. CHE OGGI GLI ANTI CORPI DA SOLI NON BASTANO PIU', LA MASSA MAREA MONTANTE DEL CONFORMISMO è TALE CHE è IN GRADO DI INGLOBARE E INGURGITARE QUALSIASI ANTICORPO SENZA BATTERE CIGLIO... e allora mi chiedo e vi chiedo: c'è bisogno di un virus ben più distruttivo, perché qui non è in gioco la letteratura, che non esiste più ormai da almeno 40 anni, ma il conformismo dei ceti letterari oziosi e ingordi di denaro e di proventi, da qualunque parte essi vengano e dovunque essi siano diretti.
    Caro Ivan, la poesia è in stato di tale sfacelo che può sopportare qualunque ribellione come un rinoceronte un battito di ciglia.

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  2. Per iniziare, ringrazio vivamente Nazario Pardini: credevo, oramai, che m'avrebbero scoperto solo dopo morto, tanto che avevo deciso di farmi seppellire col cappotto. Grazie a Nazario, e al tuo implicito riconoscimento della valenza artistica del movimento NeoNAvanguardista.

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  3. Caro Giorgio, io sono, al massimo, un rivoltante naturale. Gli anticorpi «hanno la funzione, nell'ambito del sistema immunitario, di neutralizzare corpi estranei come virus e batteri, riconoscendo ogni determinante antigenico o epitopo legato al corpo come un bersaglio»: se il sistema immunitario artistico è devastato da una sorta di sindrome da anticorpi antifosfolipidi, APS artistica, ogni anticorpo diventa dannoso, e uccide l’«organismo» arte: uccidendo un morto deComposto, come dici, magari riusciremo a riottenere un «organismo» vivo, novelli dr. Frankenstein (jr.), commiscendo nuovi (in)tessuti a elettroshock. La rivoluzione, in un mondo – come descritto magnificamente da Lombardi Vallauri- divenuto sfera, irrivoluzionabile, smette di avere senso: non ci rimane altra strada – aldilà dell’acquiescenza- che la rivolta, la sommossa, la guerrilla impoetica. Non siamo civites, non ci interessa il cd. sbandierato “impegno civile”; non siamo oi barbaroi, non ci interessa l’oltrepassamento dei confini; stiamo semplicemente, chorastici o liminali, seduti tra città e monti, ad attendere che dal battito di ciglia di un rinoceronte nasca il crollo delle borse, l’80% di disoccupazione, la crisi dell’impero occidentale (cfr. Luciano Troisio, magister elegantiarum del nomadismo artistico). La rivolta impoetica è etica: non si orienta solo contro l’arte da museo, desidera rifondare l’intera (falsa) democrazia moderna.

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  4. Ivan caro ! mi fa un sacco piacere ritrovarti qui , così commendevolmente maleducato , generosamente eslege , intelligentemente urticante ( e si potrebbe continuare ) . La Casta che ti ( ci ) guarda con sospetto è il nostro orgoglio condominiale . Se poi il sospetto deflagra in orrore meglio ancora : vorrà dire che siamo addirittura diventati la voce della loro cattiva coscienza . Ad oggi , poesia può e deve essere questo , soprattutto questo : critica tout court , e con le p.
    Un caro saluto !
    leopoldo attolico -

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