giovedì 9 febbraio 2017

PASQUALE BALESTRIERE LEGGE: "OLTRE LA SIEPE..." DI CARLA BARONI



Pasquale Balestriere,
collaboratore di Lèucade

Carla Baroni,
collaboratrice di Lèucade

Carla Baroni
Oltre la siepe buia dei pensieri
Blu di Prussia, Monte Castello di Vibio (PG), 2017, pp. 77

Preliminarmente va detto che l’endecasillabo Oltre la siepe buia dei pensieri   è contemporaneamente  titolo e primo verso della lirica incipitaria  ed eponima di questa silloge monotematica, strutturata in percorso poematico, dove i titoli dei singoli componimenti hanno solo lo scopo pratico di alleggerire, adattandolo alla nostra debolezza di lettori moderni, un testo poetico di circa mille versi, peraltro molto compatto sotto l’aspetto della sostanza comunicativa.

                       Oltre la siepe buia dei pensieri
si attestano le stelle dei tuoi cieli.
Dai vetri colorati dei tuoi muri
un angelo guerriero ora discende
la spada sguainata, una corona
di fiamme lo circonda ed il suo raggio
va sopra la mia ombra ad infierire.
Lo so che Tu di nuovo mi respingi
nell'irrequieto tribolìo del giorno ...

(Oltre la siepe buia dei pensieri)


Oltre all’ostilità dell’angelo guerriero e al respingimento da parte di un “Tu” che presto conosceremo, si avverte al primo assaggio testuale una nota che si rivelerà ben presto dominante in questa ultima silloge  di Carla Baroni, e cioè una forte tensione religiosa, un’esigenza non più differibile di una epifania del divino che conforti e dia qualche escatologica certezza a chi si  pone quesiti metafisici o problemi teleologici, a chi insomma si interroga sull’aldilà e sul senso della propria vita. È una religiosità, questa, da intendersi nel senso etimologico del termine (religio da religare, cioè legare saldamente,  con allusione allo stretto legame che si instaura solitamente tra il credente e la divinità); nel caso della Baroni una religiosità intima e sofferta , non immune da dubbi (“Ignoro se Tu esista veramente / o sia soltanto frutto del pensiero” Ignoro io da sempre) né priva di contrasti con quel “Tu” , pronome per mezzo del quale  la poetessa indica Dio, l’entità superiore a cui lei sente di dover muovere qualche non troppo timido appunto per quel “dono” della vita così deficitario e avaro di momenti felici.

Ignoro io da sempre
se mi facessi dono del respiro
o solamente quello del sospiro.

(Ignoro io da sempre)


Deborda l’amarezza, al punto che mai  come in questa silloge, che ha il sapore  di un resoconto finale, mi è capitato di imbattermi in allusioni frequenti e davvero poco velate alla  vicenda biografica e ai problemi fisici che hanno reso la vita della Nostra diversa e difficile e ne hanno profondamente influenzato le relazioni sociali e i rapporti affettivi, anche all’interno del suo stesso nucleo familiare.

Se io ero davvero un folle Arcangelo
che Tu azzoppasti
privandolo dell'ali e della spada
e gettandolo
nei gironi infernali della vita
perché scontasse l'empio suo peccato
mi è rimasta una lama che ferisce
più d'ogni altra al mondo, la parola
che adopero sovente inconsapevole
dell'eterna mia vera dannazione.
Ridammi allora le mie ali nere ...

(Ridammi allora le mie ali nere)


Qui il riferimento - anzi il sostanziale accostamento -  alla condizione di “folle Arcangelo”  sottolinea una percepita situazione di esclusione e di alterità, di non voluta emarginazione; temperata però dalla speranza:

A me cicogna dell'egizio suolo,
candido uccello che non sa cantare
e che si regge su una zampa sola,
la voce donerai d'un usignolo.

(A me cicogna dell’egizio suolo)


Isolamento e solitudine sono compagni severi e pervicaci, anzi secondini incorruttibili, avuti in sorte senza colpa alcuna. Ne consegue una condizione che appare come quella di “un frutto nato senza seme” (Furia di vento a volte i solchi indora):

Forse è la solitudine che preme
come una coltre che non lascia spazio
a un quieto respirare ...

Vorrei aver qualcuno che mi ascolti
che sappia consolarmi all’occorrenza
con uno sguardo o il tocco di una mano...

(Ecco che il cerchio adesso si richiude)


Quest’opera in versi  si manifesta come un fitto colloquio - a volte fidente, a volte conflittuale- tra un’anima che molto ha sofferto e  un Essere superiore del quale l’anima stessa fatica a capire essenza e atteggiamenti.

Se Tu ci sei, dall'alto del tuo scanno
dammi la Fede, dammi la preghiera
che mi fecondi con dolcezza l'anima.
E un granello di miele avrà il tuo favo
anche da me piantaggine palustre.

(L’anacoreta dalle braccia bianche)


Perché Ti penso sempre lì a punirmi
e non come un buon Padre che mi accolga?
Forse perché un padre io non ho avuto ...

(Ecco che il cerchio adesso si richiude)


Un colloquio, sì, ma che ha  il tono della preghiera, di una ininterrotta preghiera magari un po’ particolare e risentita, che si fa via via più incalzante, con qualche scarto o accenno di rivolta:

                    ...  la preghiera
che non so dire e che non dirò mai.

(L’unica cosa che so percepire)

                               
                                               Non c'è mai stato dialogo fra noi.
Il mio monologo
s'infrange contro muri di granito.
Ma io non prego, mormoro soltanto
il mio scontento...

(La vita è una cometa che si sfalda)


E allora, adesso che all'ultima stazione
già si conclude l'aspra mia via crucis,
pur se non prego e inghiotto pane azzimo,
fa' che germogli in me quella certezza
che mi distolga dalla scura ombra
che esita di Te nella mia voce
e che nel gloria si concluda il rantolo
dell'ultimo mio transito nel mondo.

(Sulle rotaie docili del sogno)


Fu da sempre difficile il mio credo,
non ne conosco neanche le parole
ma io ne so profondamente il senso.
Su dammi pace, c'è ben altro al mondo
che litigar con me, su dammi pace.

(Fu da sempre difficile il mio credo)


Sì, io prego seppure non l'ammetta
prego con le parole che conosco
senza giaculatorie ...

(Prega in silenzio la mia voce insonne)

Allo stesso modo, però,  la ricerca di Dio  e l’esigenza di colloquiare con Lui diventano imperative, assolutamente necessarie; si colorano di un’umanità vigile, pensosa, dolente, talvolta persa nella vita, priva com’è di certezze:


È questo lo sgomento che mi assale:
d'essere un treno ad un binario tronco
fermo tra i rosolacci e le ginestre
che sembrano indicargli il Paradiso
mentre insidiosa ruggine lo coglie.

(Vorrei avere il grembo di una spiga)

E premono anche domande esistenziali, che richiedono urgente risposta, ma che si scontrano con il silenzio di Dio:

Dimmi, prima che termini la cera,
perché qui sono ...

(Stele dai geroglifici imperfetti)

Infine la scoperta, lo svelamento almeno di una parte del mistero (doloroso),  nei versi che chiudono la silloge; con una pointe, nell’ultimo, commossa ma non orante.

Non ho capito che la solitudine
era il dono prezioso che mi desti
per il mio canto senza lira o cetra.
Tardi non è, congiungo ora le mani
non già in preghiera ma in forma di saluto.

(Declina il giorno in lenta litania)

Oltre la siepe buia dei pensieri  - libro prefato con acume, dottrina, partecipazione e saggezza da Orazio Antonio Bologna dell’Università Pontificia Salesiana di Roma, e con una nota puntuale e pregevole di Eugenio Rebecchi, editore espertissimo di poesia -    è certamente opera di densa umanità, che svela dubbi, incertezze, sgomenti, conflitti interiori, problemi esistenziali, profonda esigenza del divino, desiderio di conoscenza e di corretta interpretazione di una realtà dalla quale spesso Dio sembra essersi assentato o distratto. Di qui la continua, dignitosa invocazione -non so se Carla Baroni se ne sia resa conto appieno, ma questa sua silloge è ininterrotta preghiera-  a Dio  perché le venga in soccorso, rimuovendo gli ostacoli che le impediscono il cammino verso la salvezza.
Occorre però dire che la vera forza di quest’opera sta nell’afflato creativo che la pervade, perché la Baroni è artista  di vaglia, sa vivere poeticamente ogni sua esperienza, anche quella del dolore abbondantemente effuso dalla vita; o semplicemente quella di una religiosità   profondamente percepita. I suoi versi scorrono tersi e lievi, armoniosi e carezzevoli e rivelano mano abile e sicura, sapienza di canto. Ma, più, leggono la vita. Meglio ancora se poi lo scrigno che li racchiude -il libro-  si segnala per la sobrietà e l’eleganza dell’edizione e per l’eccellente qualità dei materiali impiegati.

                                            Pasquale Balestriere





15 commenti:

  1. Caro Pasquale un sentito grazie per la tua bellissima presentazione. Questo mio libro ha avuto vita molto accidentata in quanto i testi sono stati scritti nel tempo mentre mi occupavo di altri lavori e quindi le pagine si sono accumulate senza neanche me ne rendessi conto.
    Il mio rapporto con Dio è stato sempre difficile perché la vita che dall'Alto mi è stata assegnata non è stata mai rosea, non ho avuto gratificazioni di alcun genere, ed è stata sempre improntata a una normalità che non è mai esistita. Il burka del sorriso, che ho esibito per anni, è stato la maschera dietro cui mi sono lungamente nascosta soprattutto per celare la mia sofferenza a chi mi stava vicino. Solo che se per molto tempo ho espresso nei miei scritti un malessere generale, ora ho il coraggio di dire, senza falsi pudori, il perché di questo mio scontento, della apartheid che la mia condizione di “diversa” mi ha procurato. E soprattutto di farne partecipi gli altri.
    Ecco il perché di questa mia conflittualità con Dio, che mi diede tutto alla nascita e che mi tolse poi tutto repentinamente quando ancora non ero in grado di capire. Ora, andando a ritroso, mi accorgo che ci sono dolori più grandi, disgrazie maggiori della mia ed è per questo che ho raggiunto una quasi serenità, un “modus vivendi” che mi avvicina maggiormente a quel Dio lontano che, per un suo imperscrutabile disegno, ha voluto che così fosse la mia vita.
    E tu, Pasquale, hai saputo cogliere con grande acume questo mio anelito verso l'Alto, forse, come dici tu, questo mio “mugugno interiore” è solo e soltanto “una preghiera, magari un po' particolare e risentita” a Chi non sembra accorgersi di me.
    Ancora grazie per la tua illuminata lettura.

    Carla Baroni

    RispondiElimina
  2. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

    RispondiElimina
  3. Cara Carla,
    è stato per me un vero piacere leggere la tua silloge. Il resto è venuto da solo.
    Complimenti per questa bella pubblicazione.
    Pasquale

    RispondiElimina
  4. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

    RispondiElimina
  5. Pasquale Balestriere propone una lettura veramente bella del recente testo di Carla Baroni. Procede tra gli endecasillabi del poemetto con sapiente finezza. Con altrettanta acribia ne seziona i frammenti e li ricompone. In effetti il testo è ricco di spunti e riflessioni. Nella produzione di Carla è presente una componente dedicata al sacro. Appare subito, già nella prima opera, "Lo zufolo del dio Silvano". Si sviluppa ulteriormente, quasi nascosta dalla prioritaria poetica dell'emarginazione e dell'alterità, per poi rivelarsi in "Origami di stoffa" o in "Rose di Luce". Opera quest'ultima particolarmente segnata dalla forte tensione religiosa. Quella di Carla è una fede disorientata, titubante tra l'adesione ad una religiosità solida e antica e le insidie di un mondo presente che ha smarrito se stesso nella indifferenziazione fra l'ego e l'alter. Ridurre tutto al proprio egocentrismo deformante impedisce di fatto un vero colloquio con il divino. L'anima che ha molto sofferto fatica a dialogare con un essere superiore di cui alla fine non capisce atteggiamenti e statuto ontologico. Nelle ultime opere poetiche si è accentuata la personalizzazione biografica del mondo dell'autrice. Nello stesso tempo si è sviluppata una coralità del dolore che accomuna l'umanità intera. Sono allora tutte da studiare le valenze tra un padre terrestre che ha abbandonato la figlia e il Padre celeste dal quale reclamare risposte esistenziali fondanti. Nella chiusa del testo poetico l'accettazione della propria solitudine come dono divino apre il discorso verso una nuova religiosità. Solo cercando all'interno del proprio essere, l'uomo può rivolgersi al divino in maniera autentica e cogliere la realtà metafisica. Vedremo questo nelle prossime opere di Carla? Gianni Cerioli

    RispondiElimina
  6. Straordinario, come sempre, per profondità, chiarezza e finezza, questo scritto di Pasquale Balestriere che mostra ancora una volta di raggiungere in prosa risultati eccellenti, non inferiori alla sua squillante poesia. Di Carla Baroni so poco o nulla, ma trovo che i versi citati, con la loro forte tensione al sacro, e al sacrificio del sacro, siano particolarmente dotati di grazia musicale. Sono partecipe delle sue sofferenze e so che Dio è irraggiungibile, ma condivido il pensiero di Gianni Cerioli laddove scrive che "solo cercando all'interno del proprio essere, l'uomo può rivolgersi al divino in maniera autentica e cogliere la realtà metafisica". Ho idea che potremmo sapere qualcosa di più di noi stessi interrogando, non Dio, ma l'Angelo che Lui ci ha dato in dono.
    Franco Campegiani

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Carla Baroni non è nuova a mostrare questa sua religiosità sofferta sia in poesie singole (in tal senso ha vinto numerosi premi letterari), sia in poemetti, quali « Origami di stoffa » e « Rose di luce » di cui esiste anche una bella versione teatrale « E luce adesso finalmente sia » – testi tutti che hanno avuto importanti riconoscimenti. Tuttavia, non si era mai esposta in maniera così aperta, come
      raccontarsi in quel viaggio dell'anima che Pasquale Balestriere ha così acutamente commentato, dandone una lettura appassionata, ardente, e sottolineandone, quasi con pudore, alcuni aspetti affidati solo ai versi di Carla. Grazie a entrambi, poiché sapete davvero regalarci spesso momenti di vera poesia. Luciano Montanari

      Elimina
  7. Straordinaria la presentazione che Pasquale Balestriere fa della silloge di Carla Baroni che ancora non ho letta. Conosco però Carla dal tempo di "Origami di stoffa" e da allora l'ho vista - metaforicamente - spogliarsi (cosa che solo una grande poetessa sa fare) mettendo a nudo quell'essere che nel vivere quotidiano copriamo, nascondendolo anche a noi stessi. Carla, nel suo dialogo interiore (e qui va un solenne ringraziamento alla bravura di Balestriere che ci propone un'appassionata lettura della silloge) è giunta all'anima, al nocciolo. Spogliatasi anche dell'essere dialoga direttamente con Dio, con quel "Tu" che ci risponde pure nel silenzio.
    Grazie, Carla, della tua Poesia ... e di quella che verrà. Claudio Gamberoni

    RispondiElimina
  8. Una vicenda dolorosa, una ascensione sofferta attraverso una via crucis personale e meditata; un sentire spontaneo, di sostanziale e vera intrusione umana dove un'anima nobile trova riscatto e consistenza in una versificazione di alto spessore poematico; di convincente armonia lirica; di ineguagliabile livello estetico-ontologico. Il verso si dona generoso ad un cuore traboccante di vita, e, con estrema duttilità, l'abbraccia, lo accarezza, lo tiene e nei momenti di maggior inquietudine lo addolcisce con la sua potenza metrica; con tutti i marchingegni stilistici che tiene in serbo per impiegarli solo in quei versi degni del cielo.
    Nazario

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Per quanto riguarda l'intervento di Balestriere poco c'è da dire. Tutti conoscono ormai la valenza dei suoi scritti pubblicati e su questo blog e su altri che meno frequenta. Un'analisi profonda e documentata, da vero filologo, ricamatore di parole. La sua perspicacia verbale va di pari passo con le sue impennate poetiche. Per questo è noto. Chi non bramerebbe avere una sua importante nota sul curriculum personale.
      Nazario

      Elimina
  9. Cara Carla, anch'io vivo il tuo stesso handicap, sono spesso in conflittualità con quel Dio che ci ha punite così severamente senza che noi lo meritassimo. Non avendo io le stimmate della santa, non godo assolutamente del cilicio a noi imposto senza la nostra volontà, senza che, come contropartita aspirassimo a una qualche eccellenza in Paradiso tanto da compensare i vuoti della vita terrena. Condivido con te i versi riportati in questa sapienziale recensione di Pasquale Balestriere:
    "ignoro io da sempre
    se mi facessi dono del respiro
    o solamente quella del sospiro"
    perché è proprio la lamentazione spesso silenziosa, che ha accompagnato molti momenti della nostra esistenza. Malgrado che il commento di Balestriere sia molto esaustivo e dia una visione completa dell'opera, non vedo l'ora di avere in mano l'intero libretto con i suoi melodiosi versi. Disma Bonsi

    RispondiElimina
  10. Cara Carla, anch'io che vivo il tuo stesso handicap, sono spesso in conflittualità con quel Dio che ci ha punito così severamente senza che noi lo meritassimo. Non avendo io le stimmate da santa, non godo assolutamente del cilicio a noi imposto senza la nostra volontà, senza che, come contropartita, aspirassimo a una qualche eccellenza in Paradiso tanto da compensare i vuoti della vita terrena. Condivido con te i versi riportati in questa sapienziale recensione Di Pasquale Balestriere:
    “ignoro io da sempre
    se mi facessi dono del respiro
    o solamente quella del sospiro”
    perché è proprio la lamentazione, spesso silenziosa, che ha accompagnato molti momenti della nostra esistenza.
    Malgrado il commento di Balestriere sia molto esaustivo e dia una visione completa dell'opera, non vedo l'ora di avere in mano l'intero libretto con i suoi melodiosi versi.
    Disma Bonsi

    RispondiElimina
  11. La lettura di un testo poetico non è pura e semplice esercitazione scolastica. Quella che fa Pasquale Balestriere dell'opera di Carla Baroni, per esempio, è fulgido esempio di immedesimazione, tanto nei confronti del testo, quanto nei confronti dell'autrice. Balestriere si accosta agli endecasillabi con la scrupolosa attenzione che si deve ai versi, con la capacità di viverli egli stesso e di realizzarne il senso. Si frappone tra figura umana e scrittura per concepire, poi, un sorprendente affresco in cui si alternano colori e suoni, personaggi e pensieri. Balestriere non spiega Baroni, la identifica; sottolinea minuziosamente i passaggi di un'opera, di per sé straordinaria, offrendo non una semplice chiave di lettura, ma la geniale interpretazione di un canto intimista, di un racconto in versi di grande audacia lirica.
    Ho avuto l'onore ed il piacere di pubblicare la bellissima e intensa raccolta di Carla, ora, non posso che ringraziare Pasquale per il godibilissimo commento alla stessa, sicuro che questi due amici continueranno a percorrere la strada della scrittura con analoghi, mirabili risultati
    Eugenio Rebecchi

    RispondiElimina
  12. Ringrazio sentitamente tutti coloro che, a vario titolo, hanno partecipato con calore e acume alla nascita del mio diciottesimo "pargolo".
    Carla Baroni

    RispondiElimina
  13. Sono grato a tutti voi che siete intervenuti, per l'attenzione mostrata nei confronti della scrittura poetica di Carla Baroni, per la qualità e la ricchezza dei vostri commenti, per l'apprezzamento che avete voluto comunicarmi per la nota che la coinvolgente poesia di Carla mi ha dettata.
    Grazie a Carla che mi ha dato lo spunto per scrivere e che mi ha permesso di tenere a battesimo il suo "diciottesimo pargolo"; e a Nazario per l'ospitalità.
    Grazie, ancora, a tutti
    Pasquale Balestriere

    RispondiElimina