mercoledì 7 aprile 2021

FRANCESCO DE CARIA LEGGE: "CENCI DI AFFANNI" DI LINO D'AMICO


Francesco De Caria legge

“Cenci di affanni “ di Lino D’Amico


Abbiamo più volte riscontrato, nell’ultima produzione di Lino D’Amico, ricorrente la presenza del paesaggio, reale e mentale insieme, o, meglio, l’uno metafora dell’altro, del bosco oscuro e labirintico, nel quale, al momento della riflessione sul senso dell’esistere, al momento di iniziare a tirar le somme e di individuare la via di uscita verso la luce, ci si perde sempre di più.

Profumi e suoni rimandano all’esistenza vissuta, che evocano antichi momenti d’intensa vitalità;  tuttavia hanno perduto calore e intensità, ridotti a voci misteriose, che fanno trasalire, ma sono pur sempre pure voci che rimandano a immagini della memoria, in una dimensione che ha perduto consistenza fisica. Eppure hanno una grande forza d’urto nella dimensione memoriale  psicologica: di fragorosi silenzi si parla infatti nel componimento in un potente ossimoro.  A ben considerare, tutto ciò cui si allude  nei versi di Cenci d’affanni non ha – o non ha più- spessore fisico : …. mormorio… notti….ansie … visioni… miraggio .. parole mute (altro ossimoro basato su una profonda contraddizione dal punto di vista logico)… ombre, realtà apparente della stessa inconsistenza del sogno (tra le braccia di Morfeo).   Volendo ricostruire un itinerario spirituale – o psicologico – dell’Autore, nell’ultima produzione poetica possiamo osservare un progressivo procedimento di scorporo, nel significato letterale del termine di perdita di corporeità, di fisicità; le cose si disperdono nell’oblio, il vissuto, le emozioni represse nel silenzio e quindi mai interamente espresse, son divenuti eterno presente nella dimensione memoriale, senza connotazione cronologica, visione come un lampo, un evanido arcobaleno, tanto bello a contemplarlo quanto inconsistente perché fatto di impalpabile luce. 

 

Francesco De Caria                     Aprile 2021

Cenci di affanni

 

Nel mormorio  di  notti insonni,

oniriche immagini distillano ansie,

pantomime di sfocate visioni,

impalpabili ceneri del tempo

disperse nell’illusione di un miraggio .

Attese di parole mute

rammendano cenci di affanni,

angoli ciechi di fragorosi silenzi,

crepuscoli che svaniscono incolori

al di là di attimi pervasi di assenze.

 

Ombre tenaci frantumano le ore,

voci, forse inconsce della mente,

 frullano, vacue, ai confini della nostalgia

che distorce ogni realtà apparente,

ostaggio tra le braccia di Morfeo.

 

Sono forse voci perse nell’oblio,

luoghi ignoti, senza tempo,

bagliore di lampi, arcobaleni,

silenzi di emozioni represse,

verità, smarrite tra quelle ombre?

 

 

We shall not cease from exploration

and the end of all our exploring

will be to arrive where we started

and know the place for the first time

throught the unknoun.

 

        Thomas Stearns Eliot 

 

“Noi non cesseremo l’esplorazione

e la fine di tutto il nostro esplorare

sarà arrivare là donde partimmo

e conoscere il luogo per la prima volta

attraverso l’ignoto.”

 

                       Thomas Stearns Eliot



2 commenti:

  1. Ringrazio il Prof De Caria per l'attenzione concessa ai miei versi e saluto il mio mentore Nazario per avermi ancora una volta concesso approdo al nostro Scoglio.
    Lino D'Amico

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  2. Il professor De Caria asserisce il vero definendo sempre più incorporee le liriche dell'amico Lino. In effetti i versi postati hanno l'impalpabilità dell'ineffabile. Questa tendenza era presente nella sua produzione precedente allo stato latente, ora è divenuta un'evidente esigenza dell'anima. La cifra stilistica è sorprendente. Scorporandosi il lirismo acquisisce nuovo slancio creativo e più musicalità. Complimenti vivissimi al critico, che ancora una volta mostra le sue superbe capacità interpretative e al Poeta, che stimo sempre di più. Abbraccio Lino e saluto affettuosamente il Professor De Caria.

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