venerdì 16 aprile 2021

NAZARIO PARDINI LEGGE: "ANANKE" DI ANGELA GRECO



Angela Greco. ANANKE. Giuliano Ladolfi Editore. 2021

A noi non interessava quel che

l’orologio indicava nel preciso momento;

quanto piuttosto, quel che

non era mai stato capace di dire

 

Una silloge intensa, plurale, morfosintatticamente nuova e polivalente, dove il verso con tutta la sua costruzione espansa tende a reificare sentimenti e pensieri di rara fattura  umana. Tutto è nel gioco della forma che l’autrice dirige con personalità come un buon maestro la sua orchestra. E qui la Greco si dimostra eccellente maestro per accentuazioni aggettivali, assemblaggi lessicali, intensificazioni verbali, per vis creativa, per toni epico-lirici. 

Angela Greco si affaccia alla scena letteraria con una nuova pubblicazione che, con passi felpati, snocciola sul foglio tutti i suoi stati emotivi, ogni suo ontologico abbrivo, concretizzando nel verso pathos e logos, sentimento e azione verbale dando come frutto un’opera di grande resa epistemologica. In questa plaquette di potente costruzione formale, di armonico diagramma musicale,  sunt omnia: il fatto di esistere: “Tra morsi e ostie/si aggiungono ore;/lentamente sulla lingua/ vanno scomparendo affanni/ e profili, case, persone e nuvole/ in attesa del maestrale, mentre a pezzi/ si arriva a sera, quando la fame/ ha un significato differente e/la notte è uno stomaco che/ricorda ogni dettaglio.”, dove tanti elementi concreti, di ampia simbologia, tendono a reificare un tempo che tutto ingoia, magari mantenendo i ricordi di una digestione breve e concisa; la coscienza della clessidra che ci condiziona; la natura, il prezioso ricamo versificatorio, il pensiero che urge e comanda il sentire, la spinta en haut, verso l’alto per ovviare alle aporie del quotidiano, fughe e ritorni, leva e batti. Ma che cosa alfine siamo stati? “sommerse radici/ muovono fili verdi in danze di speranza/ verso il mare”, verso quell’immensità che ci attende paziente e che ci annulla nella sua dimensione.  Ananke, il titolo della silloge: il destino, la forza del visionario tempo che non esiste, l’incoscienza dell’uomo di fronte al suo magro esistere. L’opera si divide in quattro sezioni: Ananke (Del presente che non resterà, Di quel che forse siamo stati, Siamo fatti della  stessa sostanza, Ineluttabilità), Collocazione nell’abisso, Ad altri noi, Attese, Dedica. In ogni verso dell’opera scorre rapido e epigrammatico il pensiero della vita. Già il titolo iniziale (Del presente che non resterà) ci dà l’idea netta della filosofia della Geco. Panta rei, tutto passa rapidamente e senza sosta, tutto in mano di un destino che pilota i nostri movimenti, come se l’uomo non esistesse. Nessuno è capace di afferrare il presente, di farlo suo per leggerne propositi e intenzioni, dato che si vive in mezzo a fatti che sfuggono di mano, e su cui non si può intervenire, per il fatto che siamo soggetti ad un fato che ci pilota. Ma forse il patema esistenziale della Greco viene espresso più compiutamente in una  pericope alla pag. 77: “Un intrico di vie segnate dall’acqua,/ qualcosa torna, qualcuno non più;/una foglia abita ogni cielo d’inverno./ Sono una lunga notte senza riposo,/le idi di dicembre.”, dove il tema del tempus fugit continua implacabile il suo tormentoso cammino e dove forse anche un memoriale si affaccia alla scena tra immagini fuggiasche, tra elementi che la vita ha lasciate inesorabilmente alla dimenticanza, nonostante gli affetti e gli amori che ad essa ci legarono. I versi si rincorrono ampi e distesi, ora di effetto contrattivo ora estensivo per accompagnare  il significante che si snocciola sul percorso. Ma la poesia della Greco sembra che si avvicini ad una forma di positura prosastica, più vicina ad un indirizzo di moderna andatura che a quello di memoria tradizionale, pur evidenziandosi per limpidezza formale e disciplinare, sempre confermando la tesi di Eraclito: “Nel mutamento le cose si riposano”; né si smarrisce nella palude dello psicologismo e dello sfogo intimistico, nell’ipertrofia di un verso che, spesso, si allunga troppo verso il limite: “Il giorno insiste sempre alla stessa  maniera;/ un cammino di Santiago con speranza di salvezza…”.

Nazario Pardini

1 commento:

  1. E come dire la gioia di questa lettura critica e appassionata che, a sorpresa, ha meravigliato il mio anonimo pomeriggio? Centrata, generosa, attenta e impeccabile. Felicità allo stato puro, per me! Grazie di cuore professor Nazario, davvero un piacere essere qui!! GRAZIE!!!!
    Angela Greco AnGre

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