mercoledì 22 dicembre 2021

MARCO DEI FERRARI: "VISIONE E "LA MAMMA DI UN POETA"

 Beatrice… dopo…

VISIONE

Ragazza pensosa

scrutarti il cuore

rinnova d’amore

figlia curiosa

d’ombre trastullo

ribelli te stessa

destino sconcerti

donna ansiosa

che cerchi certezze

affidarsi soffio

di meraviglia risorgi

bellissima dubbiosa

armonia di vento raffina

rapita nell’aria

turbine solco

d’incontro ritrovo

soffermati un cenno

ritorna sorriso

di rombo celeste

che Natale corona

POST

Sorriso sfavilla… lacrima titilla…

veilleuse nottura ricama…

vezzeggia una voce… BEATRICE…

 Marco dei Ferrari



LA “MAMMA” DI UN POETA

È lo scenario più tragico di un'esistenza vissuta accanto alla madre.

Nazario Pardini non commenta, nè pospone la mamma nei dettagli: semplicemente la “vive”.

Ne crea un’icona esistenziale da proporre a tutti gli amici lettori che vogliono riflettere sul percorso delle vicende umane dall'inizio alla fine.

La mamma disfatta nel dolore, esiste, vive, non conosce, non memorizza, ma non spegne nella scintilla dell'origine e del pensiero del Poeta.

In silenzio annulla l’ego, riduce al nulla ogni domanda, ma ancora Nazario si chiede, si scava, si elabora una metamorfosi di ogni valore assoluto o relativo: anche il flusso del tempo acuisce l'inganno, esorcizza l’incantesimo sino alla relegazione estrema di un lenzuolo bianco nell'immobilità (pulsante tuttavia).

Per Nazario l'immobilità è mobile e la larvalità di un'immagine si trasforma in un passeggio a Pisa sulla piazza del Miracolo: il miracolo di un silenzio rumoroso che trabocca nell’egoità dilaniata, infranta e affranta dal declino di un corpo deformato, ma amato per il suo sempre.

E’ il declino inarrestabile di una generazione che Pardini consimila in sé stesso, rende propria e celebra nell'adorazione di un sospiro che un irrefrenabile pianto non soddisfa, ma anzi aggrava, sia pure affinando il dove

Il “mito” di uno sguardo anelato, il “chiamo” di una voce senza respiro, l'attesa vana di un cenno che potrebbe rasserenare un attimo, l'attimo di un “fatto”.

E il “fatto” dovrà sì accadere, ma sempre perviene inaspettato, incredibile, imprevisto a disperare un figlio reso più fragile con il conseguire di un rapporto apparentemente positivo oltre il fluire della temporalità più aggressiva che mai.

Pardini amplifica e semplifica il “fatto” nella fine del tutto e nel compimento di un'esistenza, di un sistema di valori voluti, acquisiti, rispettati, comparati, insoluti anche.

L'artista non si sofferma solo sul dolore, ma aggiunge una volontà affranta alla memoria richiamata che presto sarà perduta a fronte dell'imponderabile che assedia e travolge ogni essere vivente.

L'ontologia del “fatto” si concentra poi nella sola parola “mamma” che si coinvolge nella presenzialità dell'Assoluto essente.

Non esistono alternative: la “mamma” è unicità primigenia, ontologia generazionale, senza scorciatoie diversificate e la sua sublimità si eleva qui nel richiamo del figlio, nella voce del Poeta che ritorna a lei, alla propria genesi (mai abbandonata), al momento della luce dove il silenzio gelido delle ombre non potrà mai prevalere.

E’ la sinfonia poetica di un grande artista come Nazario che sa cogliere sé stesso nell'attimo più tragico per condursi alle “risposte” più intense che ogni “domanda” esistenziale pone.

E’ la serenità progressiva di un nuovo “incontro” che fuoriesce dagli schemi e riunifica senza interruzioni anomale.

E’ il figlio che ritorna tale nel seno materno immutabile più che mai.

  Marco dei Ferrari

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