giovedì 2 dicembre 2021

MARCO DEI FERRARI: "IL VIAGGIO DI NAZARIO PARDINI, NELLA VAGHEZZA DI UN SOGNO"

Marco dei Ferrari,
collaboratore di Lèucade

 

Il “viaggio” di Nazario Pardini nella “vaghezza” di un sogno


Nazario ci introduce con questi versi mitici e serici in una visione della vita completamente differente dal nostro quotidiano.

La “vaghezza” è il tema ricorrente, la cifra del poeta è una dimensione illimite, a-temporalizzata, senza allinei concreti, ma cromatologicamente indicata dai richiami di lontananza, dagli incantesimi di un pensiero attivo e lievitante, dal sussurrare di uno spirito rapito.

La “vaghezza” è amore per il poeta che la ninfa trascende raccogliendosi nelle forme rosee dei veli, nel carminio del vento, nei sospiri di un'arca ciclicamente presente.

È l'immagine di stordimento che Nazario si raccoglie magicamente tra luci e ombre in un abbraccio infinito e ineludibile dove il sogno invita alla sicurezza dell'attimo, del percorso, della necessità di una metamorfosi cromatica ricca di suggestive apparizioni come quella dell'arca nel viaggio promesso intrapreso senza timori.

È l'Essere dell'esistere che circonda il poeta, ne condiziona il tempo creativo, ne lusinga il vezzeggiarsi distillato dal sentimento immenso di un dettaglio anche vago, ma aureo e azzurro, vellutato e profumato da rose di un Sole restìo ad ostacolare il fascino notturno delle ombre.

Ma il viaggio non può fermarsi: si strascina tra vita e morte, tra sorgenti di impulsi naturali accesi nella cosmologia di una presenza ontologica predominante (la storia dell'Arca… la vita in anima…) che l'oscurità non può controllare anche se ci prova.

L'oscuro di Pardini non è infatti l'ombra, ma la vitalità di essere qui, ora, dopo, nella spiritualità umanizzante di un percorso preciso, forse silenzioso e sfuggente, ma ricco di memorie indifferibili e indistruttibili.

Che cos'è questa “vaghezza” del poeta, se non un richiamo soffice, tenue, ma completamente reale ad una presenzialità costante di pensieri, azioni, reazioni, creazioni?

Quale “vaghezza” più sincera di un indeterminare interiore che si precisa, verso dopo verso, sino a convergersi nel lirismo totale?

L’ipostatica negazione del Tutto sarebbe il tormento peggiore dell'anima che Pardini celebra nei colori della Natura, nel vorticare del vento, nel sommovimento della porpora, nella sicurezza dell'amore, unico vascello percorribile a guida e sostegno nel flusso/riflusso esistenziale dove non conosci inizio e ti sembra di sorvolare la finalità dell'attimo circonfuso nell’umanizzazione di esseri e cose.

Pardini dunque veleggia, vagheggia, simbolizza, fuoriesce dagli schemi, si addentra nella purezza di scintille assolute che fanno ogni differenza scoprendo l'estasi della luce nell'orto di famiglia, nel piccolo sentiero di un tempo passato che diventa presente/futuro, con la sublime visione del cinabro, di pesche e susine, di zagare e iridi di frulli…

L’incanto continua in sé trascendendo il dettaglio, le piccole sensazioni di un percepire difficile tanto da registrare quanto da dimenticare.

Il “silenzio” finale non è sufficiente, la vita dell’amore trionfa e il Poeta Nazario si trasforma, s’incolora, s’indora di stimoli leggeri e profondi che lo riorientano in una nuova dimensionalità poetica.


Marco dei Ferrari

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