lunedì 8 settembre 2014

GIOVANNI CASO: "COLLAGE", PREMIO "MIMESIS", ITRI

PREMIO "MIMESIS", ITRI (Nella rosa dei dieci finalisti)

Motivazione

Possiamo definire questa poesia di G. Caso il canto della vita, dove l’uomo sente l’urgenza del suo esistere, l’inquietudine della sua precarietà, e il dilemma del suo esserci. D’altronde il pensiero di noi esseri mortali è chiuso in una stretta morsa, nello spazio ristretto di un soggiorno, ed è improbabile agguantare la verità nei nostri azzardi oltre gli orizzonti che segnano il limen delle nostre ascese. Ma c’è la Poesia, quella alta, quella infinita che sa elevarsi dal particolare all’universale; un canto che ci dà respiro e nutrimento, e la possibilità di beneficiare del vero estetico: una categoria dello spirito, una “corsa sui crinali/ per vincere il tramonto”. Sì, il tramonto, quello della vita, che il Poeta può vincere colle sue vertigini paniche, con le sue scalate all’eccelso, con le sue alcòve mnemoniche ove rifugiarsi per prolungare “il gioco della luna/ sul dondolio del mare”. E anche se tutto si consuma in un soffio di vampa alla lanterna, “un collage ci resta del respiro/ di ciò che fummo…”; la speranza, il sogno, l’avventura con cui fare dell’esistere una luce che squarci il mistero.

Nazario Pardini



      COLLAGE  

  
Grembo d’erba e di luce è il nostro approdo,
conchiglia d’ambra spalancata al cielo.
Abbiamo attraversato i grandi mari
delle acque e delle stelle, abbiamo arato
e inseminato terre, abbiamo eretto
le antiche cattedrali dei silenzi.
Ora il giorno declina in un pallore
vermiglio, la memoria si dilata,
siamo nell’ansia dell’attesa, il corpo
leggero più dell’anima.

                 Viviamo
– cercatori di perle e di parole –
bruciati dal salino, assorti al gioco
della luna sul dondolo del mare.
E ci plasmiamo in sogni questa vita
di brezze e pene, ed echi di pensieri
confusi, e dubbi atroci e incantamenti.
Un collage ci resta del respiro
di ciò che fummo, e corse sui crinali
per vincere il tramonto.

          Non chiediamo
che di capire cosa ci sussurri
il vento dell’aurora. Altri domani
avremo, e non sappiamo quanti ancora,
è un filo da sbrogliare l’esistenza
di groppi e nodi. E tutto si consuma
in un bisbiglio d’angelo, in un soffio
di vampa alla lanterna, come quando
nascemmo con un grido, insonni e nudi,
sospesi in una lacrima di brina. 

Giovanni Caso

1 commento:

  1. Ecco, sugli scogli di Lèucade, un'altra bella poesia, ad arricchire questo blog con i suoi voli e le memorie di una vita "nell'ansia dell'attesa"quando la sensazione -non solo della memoria- fa sentire "il corpo più leggero dell'anima". Nulla di più bello ed efficace del "gioco della luna" quando si cerca di "vincere il tramonto". Ci ricorda un po' Leopardi, in modo meno doloroso. Senza dolore, dunque, e senza amari rimpianti, ma con la coscienza dell'essere, ma con la certezza nel cuore che ciò che abbiamo fatto, lo abbiamo fatto per aspettare " il vento dell'aurora". Giovanni Caso ci prende per mano per ricordarci la nudità della nostra nascita e per accompagnarci fino agli altri "domani" che "avremo" sul filo della nostra esistenza.
    Umberto Cerio

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