PREMIO "MIMESIS", ITRI (Nella rosa dei dieci finalisti)
Motivazione
Un
grido alla Munch, una reazione al potere inesorabile, tranchant, e velenoso di
certa critica che parte dal presupposto che la poesia vada, nolenti o volenti,
criticata. Invece di considerare che un componimento è frutto di una voce
libera, e che in esso c’è tutta l’anima
di chi l’ha composto. Io penso che il critico sia un poeta additus poetae, un
artifex additus artefici. E che invece di perdersi nei rocamboleschi giochi dei
formalismi, dovrebbe far proprio un contenuto, viverlo e ri-viverlo; non credo
alla neutralità della diegesi: “Lasciatemi
morire/ della poesia che più mi piace.”, afferma la poetessa nel
suo grido liberatorio, dacché la poesia è vita, tormento, inquietudine, storia
su storie, un piccolo tesoro fatto di poche glorie e molti affanni; e “Se fame è l’officio di poeta,/ voglio
digiunare/ da un umile piatto scheggiato”.
Quindi non si aggiunga a questi “il
vostro cicaleggio”, riferito ai critici. Sì, un urlo liberatorio in difesa
del canto, quello nostro, quello unico, che parla di noi, della nostra vicenda,
fatta di volontà, di lavoro e soprattutto di humanitas: “Lasciatemi morire/ della poesia che più mi piace.”.
Nazario Pardini
Ai critici
Mille
spade taglienti
e
veleni potentissimi.
Lasciatemi
morire
della
poesia che più mi piace.
Se
fame è l’officio di poeta,
voglio
digiunare
da
un umile piatto scheggiato.
Dove
già hanno pranzato
i
tanti padri
che
m’hanno generato.
Pietra
dopo pietra
è
poca cosa il tesoro.
Poche
le glorie
e
molti gli affanni.
Non
s’aggiunga a questi
il
vostro cicaleccio.
Si
è mai buttato un uomo
dal
ponte senza volerlo?
Lasciatemi
morire
della
poesia che più mi piace.
Michael Crisantemi
Nessun commento:
Posta un commento