Ninnj Di Stefano Busà collaboratrice di Lèucade |
Valerio Magrelli, Natività, Ed.
L’obliguo, Brescia
di Ninnj Di Stefano Busà
Quella di Magrelli è una poesia
particolarissima, risente di una vena contemporanea che rifiuta l’elegia, e
riformula il concetto di una poetica quotidiana, eseguita sull’onda dell’andamento
domestico, del tempo cronologico, della temporalità. Una ricognizione a 360°
del vissuto ordinario, ma della quale, nel suo profondo si evince la riflessione
sulla vita, sull’esistente, si tocca l’amaro di un “sistema” che è ininfluente
nei confronti del bene comune, della felicità, del benessere. Travolti come
siamo da una valanga di problemi di ordine sociale, personale, culturale,
politico, congiunturale giornaliero, risentiamo dell’anestesia dell’anima e da
qui, origina l’infelicità dell’individuo, le sue assenze o defezioni, le
penurie, le contraddizioni di un vivere precario fatto a immagine di un “mordi
e fuggi” di una scontata e deprecabile vita esteriore: spersonalizzata,
umiliata, resa sterile dall’automatismo epocale, dal depauperamento morale,
intellettuale della società, cosiddetta “consumistica”.
Come nella poesia: “Natale, credo scada il bollino blu” e
poi a seguire: “E per conoscenza”, “Questo brusio, il ronzare di congegni!,
rendono l’idea immediatamente di questo
conflitto tra l’uomo e la sua estraneità al mondo, tra l’uomo e la sua immagine
amebica, anestesizzata, paranoica, che vive in un limbo di paradossali
ingranaggi fatti a immagine di asfissìa, di veleni, avvolto “in un estremo brivido/ molecolare d’onde”
/.../ questo brusio, il ronzare di
congegni/ per l’aereazione, clic di infinite valvole termostatiche, fase o
bifase, questi/ panneggi di microvibrazioni/ che avvolgono la sera in un
estremo brivido.../” così descrive l’ambiente circostante Magrelli e vi è
tutta la forza d’urto, l’urlo soffocato di non riconoscersi “oggetto” in balìa
di un meccanismo, di un automatismo sincopato che depreda l’interiorità, la
sensazione di potersi autonominare “soggetto” del mondo, senza lo
stritolamento, il deterioramento dell’essere. L’attrito rimane forte tra le
incombenze da pagare: canone-TV, Irpef, bollino blu del motorino, questo
destreggiarsi in un’epoca che non ammette distrazioni, pause, interruzioni: tra
bollette, password, codici utente, Pin, (che il poeta definisce “le nostre dolcissime metastasi”
attraversate dall’anagrafe telematica che viviseziona ogni gesto, ogni azione
umana.
Ma ecco, nel fondo spuntare la
nota amara: il riflesso del pensiero che avverte di essere umani in un ambiente
ostile, e traduciamo dal poeta: “questo
cavo artificio palpitante che è il nostro mondo”. Così non resta che
dargliene atto, non restano che parole nel vento, questo declino automatico
della coscienza è il risultato della ns. irrequietezza: “di sentire che qualcosa è andato perso/ e insieme che il dolore mi è
rimasto/ mentre mi prende acuta nostalgia/ per una forma di vita estinta: la
mia.” Una formidabile verità, una definizione di vita assente, di
menomazione, di amputazione che avvertiamo tutti, ma soprattutto il poeta, le
cui parole avvertono senza ombra di dubbio la vita parallela che ci ostruisce
la virtù dell’intelletto, dell’anima e del sogno.
Geologia
di un padre, di Valerio Magrelli, Ed. Einaudi, 2013
di Ninnj Di Stefano Busà
Come non centellinare il
contenuto di un lavoro pregevole come il libro “Geologia di un padre” di Valerio Magrelli?
È una virtù che non tutti
possiedono quella di saper sviluppare entro l’orbita stretta di un pensiero poetante un retropensiero amabile e
fresco, ma anche antico e capace di tenerezze sentimentali.
Una scrittura, che potremmo
definire antilirica quella dell’autore trattato, tendente ad un antilirismo
costituzionale che fa la differenza, sempre antitetica alla tradizione melica,
antiromantica per estrazione, incline magari al colloquio, alla riverberazione
di una luce interiore smagrita, ma raffinata, inquieta, mai retorica,
sorvegliatissima, una prosa e una poesia che hanno la raffinatezza niente
affatto studiata, mai tecnicistica, mai incantata, si potrebbe definire: un
fuoco che cova da un incendio che <è divampato>, quasi sempre realistica,
fortemente incline alla metafora, mai priva di accensioni eccedenti, ma sobria,
tout court destinata a veder chiaro oltre la cortina nebbiosa di una realtà
tragica.
Un lessico struggente senza
essere strumentalmente romantico, che smarrisce la sua malinconia melica e
porta avanti il suo realismo costituzionale, il suo refrattario barlume di
sofferenza, di dolore. Ognuno può leggere la scrittura magrelliana a suo modo,
ma tutte le letture e le chiavi di esse portano ad un piano alto di linguismo,
considerato come flusso di memoria assordante.
Il lavoro letterario è notevole
per strati memoriali, per libere e profonde associazioni di idee,
considerazioni, episodi, momenti che una capacità libera e fortemente
impregnata di lirismo, come la sua, e di grande preparazione letteraria, come
la sua, può adattare a qualsiasi scrittura. Vi sono accostamenti arditi,
metafore straordinarie, eccellenti voli, per valenza mnemonica, ma anche per
stupefacenti correlazioni amorose.
Il libro in esame è un vastissimo
dono al padre che non è più.
Stupendo il punto in cui l’autore
dice: mi vedo mentre lo sospingo nel
corridoio di casa, attaccato al girello, un Anchise a rotelle con un Enea
ortopedico. Ma ve ne sono tanti, che mostrano la particolare metodica di “un’assenza”
che vive di tenerezze, anche dopo la dipartita: un amore intatto che respira ed
è presente, oltre le cortine di nebbia della morte. Quanta storia filiale transita dalle sue vene al padre e viceversa!
Unione consanguinea che non conosce ostacoli, si fa carne di pensiero in ogni
momento, senza essere mai elegia, anzi, oserei dire che vi è da parte di
Magrelli il rifiuto del “poetichese”. Nei suoi versi vi è una tela intessuta
d’oro, senza utilizzare lamine del metallo prezioso.
Vi è in questo poeta e scrittore
ormai consolidato, la circostanza di una solida scrittura contemporanea che fa
da confine al classicismo reiterato, svetta, si prolunga in una fase di nuova
gemmazione, si trasforma, si allinea ad una contemporaneità che entra in gioco
e lo preserva da ogni senso retorico, accendendo metafisiche forme, categorie
di un gettito letterario che è celebrazione di una nuova entità.
Eccellente critica. Valerio Magrelli è uno degli autori più seguiti dalla nuova generazione. La nota esegetica di Ninnj Di Stefano Busà lo descrive nei particolari di una poetica moderna, asciutta, ai confini con la realtà quotidiana, ma lo pone anche su un piano alto di lirismo che gli fa onore.
RispondiEliminaComplimenti all'autore e al critico che ne ha saputo interpretare la caratterizzazione e la logica del cambio generazionale.
Dr. Riccardo Niccoli
Magnifica e sentita recensione. La Busà non si smentisce e Magrelli, con il suo minimalismo, diviene la prova vivente del disperato bisogno di mito e di anima delle attuali generazioni. Gli dei sono fuggiti dal mondo, ma il poeta non si compiace di questo, e anzi ne soffre. Ne sente e ne piange l'assenza, e questo è il segno certo della poesia.
RispondiEliminaFranco Campegiani
Ringrazio vivamente il Dr. Niccoli e il poeta Franco campegiani per il gradimento delle mie note critiche su Valerio Magrelli. e di averne riportato giudizio favorevole.
EliminaNinnj Di Stefano Busà
Grande critica per un grande autore. Magrelli ne esce fortemente arricchito da un giudizio tanto analitico, pertinente e dettagliato.
RispondiEliminaAlessio Meluzzi
Come sempre, la prof. Ninnj Di Stefano Busà ha saputo esprimere in una nota critica che vorrebbero ricevere in molti, la più dettagliata e analitica chiave di lettura della poetica magrelliana. Complimenti a Valerio Magrelli, una delle figure contemporanee più emergenti, il quale mostra una correlazione oggettiva di lirismo moderno all'interno di una scrittura godibile e sapientemente orchestrata.
RispondiEliminaLuigi Annigoni
Come si fa a restare indifferenti a tanta magnificenza di linguaggio, alla potenza della sua tecnica, alla preparazione scrittoria della sua penna?? Io non sono un lettore né un patito di Fb, ma per pura curiosità mi sono imbattuto nella potenza immaginifico/tecnico/verbale della sua scrittura e ne sono rimasto folgorato, sarebbe meglio dire catturato. Me ne avevano parlato alcuni amici, ma non credevo potesse davvero esserci prova migliore... mi riferisco alla Prof. Ninnj Di Stefano Busà, come giustamente osserva il poeta e critico Rodolfo Vettorello, ora alla scomparsa della Maria Luisa Spaziani, resta solo questa figura di donna a riempire il vuoto lasciato. Leggete il suo profilo su Fb. è immensa, è davvero encomiabile quello che sa dire e dare e, il tutto, condito con un linguaggio che tutti possano comprendere. Complimenti vivissimi, frequenterò più spesso Fb, per ritrovarla e godermi i suoi pensieri, le sue poesie, i suoi aforismi. Poche come lei sanno rapportarsi alla Storia delle Lettere con tale potere e analisi. Ringrazio e invio i migliori ossequi ad una grande Donna.
RispondiEliminaDr. Pierpaolo Valeri