lunedì 4 maggio 2015

N. PARDINI: LETTURA DI "ATTRAVERSANDOMI" DI ANGELA GRECO



Angela Greco: Attraversandomi. Editrice Limina Mentis. Villasanta (MB). 2015. Pg. 58. € 10

“… interminati spazi di là da quella, e sovrumani silenzi, e profondissima quiete, io nel pensier mi fingo.. e mi sovvien l’eterno…” (G. Leopardi).
Perché questa citazione. È presto detto: in questa silloge la prima cosa che salta agli occhi e all’anima è un’aspirazione alla totalità, alla plurivocità, all’assoluto del potere umano. Ad un mare che tanto significa estensione, lontananza irraggiunta e irraggiugibile;  porto di un sogno improbabile per la navigazione umana: l’eterno. Ma possiamo avvicinarcisi con slanci di cuore, con sentimenti potenti, con realizzazioni sovrumane, con fusioni di pathos e parola; abbrivo e scalpello; emozione e tela; sentimento e note; fino al punto di di dire ad una scultura: “Perché non parli?”:

Roma è bella ogni momento che passa e che passi nel suo utero
materna di secoli che scorrono in ognuna delle sue acque libere
nonostante la forzatura del tempo inesorabile che arrugginisce
ma non ferma le stesse mani da sempre costruttrici di difese
fino alla sera di due numeri che sommati non danno più
la stessa cifra e la medesima importanza alle architetture
edificate in uno spazio adesso troppo esiguo per respirare:

sorprendo un gabbiano tra le ali di Sant’Antonio della Valle
e mischio i nostri cieli oltrepassando il vallo antico

È qui la ragione della nostra ricerca. Quella che parte dai nascondigli più profondi del nostro essere per approdare a sovrumani silenzi, e profondissima quiete. All’estasi di fronte a tutto ciò che è grande e che rappresenta l’altra parte di un noi utile a completarci. Quello che la Greco ottiene immergendosi totalmente nelle pulcritudini insuperabili della nostra capitale. Sì, Roma. E lo fa abbandonandosi ad un canto che convince e sconvolge. Ad un canzoniere erotico, odeporico, vòlto a superare le ristrettezze del vivere, ricorrendo a Eros, a Calliope, al Bello, a Thanatos, anche, dacché il tempo con tutta la sua portata espansiva e restrittiva ha gran voce in questa silloge dagli occhi lucenti; dal cuore palpitante; dall’anima che si avventura in un mare odisseico per proiettarsi oltre quello stretto che ne limita l’orizzonte:

abitiamo gli interstizi che piastrellano il momento
siamo fughe dalle ore di luce in rincorsa perenne
tra le maglie slargate di una rete che ci ingabbia
allora passeggiamo un metro alti rispetto agli altri
tradendo regole fisiche e lasciando che il sole colori
mentre attraversiamo col semaforo rosso
e riguardiamo quei passi dedicati di cui siamo esiti:

non voltarti adesso che ti ho raggiunta con l’ansia dei miei anni

 “... Il mistero del sonno e della morte è l’unico tema della grande arte..” affermava De Chirico. Sì, Il tempo. Quel tempo che significa spazio, riflessioni ontologiche, azzardi escatologici, estetici, mélange di terra e di cielo. E si sa quanto l’uomo si senta a disagio di fronte al pensiero della clessidra e della morte. È esso che ci misura, che dà il ritmo all’orchestrazione della nostra vicenda. E è esso che fa da spia sulla precarietà del nostro esserc-ci. Sulla durata della nostra storia. Ma la Greco, con uno spartito ampio e articolato, atto a concretizzare tutti gli input emotivi della sua esistenzialità, riesce a fermarlo, questo tempo; e lo fa ricorrendo all’unica arma di cui l’uomo sia in possesso: il volo nell’iperuranio platonico; quello delle idee pure; là dove fioriscono barbagli e implosioni che si traducono, con  agilità, in statue, affreschi, monumenti, poemi, romanze, templi; in un impeto di estasi, in uno slancio verso l’alto, il superlativo; là dove comanda il potere della Bellezza; un potere che supera quello di Κρόνος, dacché su un’isola in cui si avverano le foscoliane dolci illusioni; su cui passato presente e futuro si vincolano indissolubilmente per dar forma alla vita del poièin; ad un presente che resti tale, inchiodato e pietrificato, ma vivo, umanamente disumano, ed eterno, senza possibilità di attuare le sue sottrattive intrusioni, le sue perenni incursioni sugli uomini e i loro affetti:
 
(…)
il trascorrere delle ore trattiene le crepe a dire passato
ma tu, tu
sei l’imbiancata di calce viva che disinfetta l’abitudine

 “Nec morti esse locum, sed viva volare sideris in numerum atque alto succedere caelo (“Per la morte non c'è spazio, ma le vite volano e si aggiungono alle stelle nell'alto cielo”. Virgilio, Georgiche , IV, 226-7). Quella è l’idea da tramandare ai posteri; se poi i posteri non la seguiranno pagheranno alla Storia lo smacco delle loro decadenze estetiche, e quindi etiche. E quale scelta migliore poteva fare la Nostra se non quella della Città eterna. Così, prendendoci per mano, ci fa leggere le meraviglie che i nostri avi hanno saputo partorire nel corso del diacronico succedersi dei secoli:

in due è un balcone colorato Piazza Navona d’arte svestita
inanimate mani a reggere marmi bagnate di fiumi e sguardi
(…)
mi perdo in un barocco di ricordi coloratissimi come quelle petunie
e petalo a petalo raccolgo anni per infiorare il tuo petto immacolato
mentre spieghi ali e pagine di noi a chi non comprende il volo
a gioia radente d’essersi accorti della bellezza di un respiro comune

Un libro aperto le cui pagine si sfogliano fino al tempo del suo ultimo compleanno. Un’anima che si prende giorni di festa per scorrazzare per la Città; per fondersi con marmi annosi, con effigi ridenti; per imbersi delle sue straordinarie immagini, per zupparsi di mura, archi, fontane, prodigi che tanto ci parlano di arie, di fatti, di storie che vanno oltre lo steccato del tempo. Poi rientra l’anima; dopo il suo vagolare torna e rincasa, portandosi dentro il suo patrimonio (un patrimonio che qui è valorizzato da foto artistiche che bene si associano al “Poema”).  E lo fa pretendendo che questa ricchezza si tramuti in versi. È così che nasce questa poesia: versi vibranti, folti, generosi, espansi; di un linguismo poematico, narrativo, adatto a raccontare, a dire di emozioni immediate e schiette; che chiede ampiezza, tanto è grande il sentire; un dire ipermetrico, nuovo, zeppo di metaforicità, di figure iperboliche in uno stile urgente, esondante, spontaneo, sinestetico. D’altronde non esiste ricchezza più preziosa, più esaltante; e questo ci vuole dire la Greco con il suo poetare che agguanta le corde più intime della nostra coscienza. Parlare di ecfrasi non è di certo improprio. È sufficiente leggere e raffrontare versificazione ed immagini. Mi viene a mente l’Ode su un urna greca di Keats; quei versi immortali che bene concretizzano la stendhaliana sindrome di cui ci sentiamo preda ammirando la fontana di Trevi, o quelle di piazza Navona… Un sogno. Il sogno. E il sogno è vita; è l’altra parte del nostro ego. Quella che vorremmo attuata, completata, finalizzata; cosa che non può avvenire del tutto nella realtà, considerando le deficienze del nostro essere umani: “Aucun ne pourra atteindre completement son but”, afferma La Rochefoucauld. Possiamo avvicinarcisi con l’ebbrezza che ci procura la Poesia: dato che è quella parte di noi che più si avvicina all’inarrivabile. “La vita è l’arte dell’incontro” diceva il poeta brasiliano Vinicius de Morales; e vita e poesia sono la stessa cosa. Sì, vita e poesia; e qui la vita della Greco c’è tutta, tutta  intera con i sogni, le fughe, i ritorni, le illusioni, le speranze; ma soprattutto col patrimonio del memoriale e con quello della sensibilità che ti fa salire al cielo con una scala i cui gradini sono di cose semplici e reali; una vetta che puoi scalare solo con un animo votato all’azzurro; cosciente delle magrezze del quotidiano e dello splendore di un faro su un mare senza confini:

(…)
siamo affinità elettive che non si sottraggono per questione destinica                  
ché così vogliamo dare a questa speranza d’oltrevita a noi riservata
intrecciandoci all’unisono e passeggiando già eterni in questo istante.

Nazario Pardini




2 commenti:

  1. Ammetto la commozione nel leggere tanto dedicato ai miei versi...ed è gioia trovarsi qui, in questo luogo che eleva e apre ad orizzonti nuovi. Grazie di cuore. Grazie ^_^

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  2. https://ilsassonellostagno.wordpress.com/2015/05/12/nazario-pardini-lettura-di-attraversandomi-di-angela-greco/

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