sabato 9 gennaio 2016

INCONTRO CON GLI AUTORI: G. FRISINA E C. BIGAZZI

Invito 
Martedi 19 gennaio, ore 17.30
via San Gallo 25/r FIRENZE

Incontro con gli Autori
della collana 'Dedali Liberi' 
(terza parte)

Due autrici nel Labirinto
Poesia
GIUSY FRISINA - Dove finisce l'amore
CATERINA BIGAZZI - Tempeste (historia et unda)

GIUSY FRISINA
DOVE FINISCE L'AMORE - Poesie
Edizioni Teseo - I minotauri 2015
 «L’amore cantato da Giusy Frisina si dispiega in un ininterrotto susseguirsi di innumerevoli “misteriosi scenari del desiderio” che compongono lo spazio onirico, visionario e il tempo ondivago e straniante di un’erranza senza fine. La sua poesia diviene allora un intermittente, frammentato, eppure eloquente diario di bordo di un viaggio che è peregrinazione ed esilio, navigazione senza approdi, senza ormeggi, che traccia percorsi effimeri e tortuosi in un altrove in cui terra, cielo e mare si confondono. [...] Per Giusy Frisina, l’amore, questo suo amore sospeso, è “eterno”, è “per sempre”: sottratto alla storia, al futuro, al divenire, è migrato nell’eterno presente di un poetico delirio. “Il dolore, come l’amore, / scorre a fiotti nelle vene / dove ti ospito, ormai, per sempre. / Volevo esserti rifugio nelle notti nere / ed invece sei solo, ora, / nella mia luce più profonda / dove non sai neppure di esistere. / Dove non so nemmeno se io sono più io”. (dallaPrefazione di Gavina Cherchi)
Un amore può finire. Ma può davvero finire  l'Amore? Una domanda che ci proietta in un labirinto di risposte, in un'infinita ricerca di significato e di significati da dare al desiderio e alla sofferenza di chi continua a vedere nell’amore,nelle sue misteriose sfaccettature, il senso più autentico dell’esistenza. La quête amorosa di Giusy Frisina è come un viaggio errabondo che sfugge alle logiche della ragione alla ricerca di quell’Isola senza tempo, là dove l'amore finisce, lontano, smarrito, eppure reso eterno dalla poesia.

CATERINA BIGAZZI
TEMPESTA (HISTORIA ET UNDA) - Poesie
Edizioni Quaderni dell'Ortica - Forlì 2012
 «Di fronte alla natura infuriata l’uomo è da sempre considerato come un misero verme o come un granello di sabbia sperduto nell’immensità. Ne La Tempesta Shakespeare scriveva: “… e allora, in sogno, sembra che le nuvole / si spalanchino e scoprano tesori / pronti a piovermi addosso; / ed io mi sveglio / nel desiderio di dormire ancora”. A sua volta, in Tempeste, Caterina Bigazzi scrive: “L’acqua ha in serbo un fuoco che ti dona / e poi disperde. / Hai paura del naufragio? / Ma se tutto all’acqua affidi / come all’amore / non sarà mai il vuoto…”. Le definizioni relative all’acqua, al mare, alle tempeste, sono disseminate nell’intero libro. Articolate o implicite contribuiscono a rendere quest’opera obiettiva nei confronti del lettore il quale, come il marinaio di un veliero, nella vita è pur sempre alle prese con le bonacce e con le tempeste…” (dalla Prefazione di Luciano Foglietta).

Da sempre le Tempeste sono metafora della storia di ciascuno. Il canto della bellezza dell’acqua, nel suo fluire mobile e sempre diverso, principio di vita e di creazione, si associa al canto delle mutevoli vicende della vita, ai ritorni d'onda di amori e abbandoni, ai naufragi di approdi  e nuove partenze. Quest’opera, che ha vinto il Premio ‘Città di Forlì 2012', organizza in una struttura simmetrica e tripartita le varie possibilità del liquido elemento, costituendo un "diario di bordo", un "portolano" poetico ed emozionale.




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