Pietro Rainero collaboratore di Lèucade |
Lo
specchio dello spazzacamino
28
dicembre 1780. Salisburgo, Austria.
“Prego,
si accomodi, signor Conte. Il Maestro la riceverà immediatamente”.
Detto
ciò Petra, la governante di casa
Saliera, chiamò il padrone “ Signor Maestro, nella sala vi attende
il Conte Ofizio, da parte di Sua Eccellenza l’Arcivescovo”.
Antonio
Saliera, Maestro di Cappella, si precipitò nella saletta pensando “ meglio non
farlo attendere,
è un tipo piuttosto impaziente”.
“Buongiorno,
signor Conte, in cosa posso servirla?”
“Buongiorno,
caro Maestro, si tratta di questo: Sua Eccellenza, il nostro amato Arcivescovo,
vuoleche
prepariate un dramma scherzoso per il concerto che si terrà a Vienna a
Capodanno, come consuetudine”.
“Capodanno?
Quale Capodanno?”.
“Come
quale Capodanno! Tra quattro giorni!”.
“Quattro
giorni? Un dramma in quattro dì? Non è possibile! Vi pare una cosa fattibile?”.
“La
cosa è arcipossibile” tagliò corto il Conte “ e deve andar così. Ricordatevi
che è un ordine dell’Arcivescovo,
arrivederci” e senza aggiungere parola uscì.
Saliera
dapprima si sentì un po’ gelare. “Ma
come!” pensò “ dovrebbe essere arcipossibile fare un lavoro
in quattro giorni solo perché lo dice un
Arcivescovo?”.
Gli
venne invece la pelle d’oca quando pensò (anzi, non osò pensare) a dove lo
avrebbe trasferito l’Arcivescovo
se avesse fallito.
Saliera
si trovava benissimo a Salisburgo ( d’altro canto, dove una persona con tale
cognome potrebbe
star meglio che nel Borgo del Sale? ) ma l’ordine ricevuto lo aveva spaventato
a morte perché,
diciamo la verità, egli non era un talento musicale nato ( potreste forse
pensare, e non sareste
lontano dal vero, che nonostante un tale cognome non avesse tanto pepe in zucca
).
Era un
buon compositore, nulla più.
Nulla
perlomeno se confrontato con Wolfgang Zartmo, emerito Maestro addirittura di
Cattedrale, genio
musicale per consenso unanime, dall’incredibile facilità di composizione, di
cui si narravano i
più
incredibili aneddoti e autore di melodie fantastiche, brillanti, scoppiettanti.
L’unico
suo difetto, secondo Saliera, era che abitasse pure lui a Salisburgo.
Quando
il conte Ofizio lo aveva messo al corrente dei desideri del loro amato
Arcivescovo, egli aveva
semplicemente risposto, prima di salutarlo “ Certamente, benissimo! Mi metto
subito al lavoro”. Aveva raccattato da terra qualche
foglio intatto di spartito e si era messo di buona lena a
macchiarlo di note, note che si disponevano in armoniosi disegni, corredati dai
necessari diesis e bemolli
( e collocati nei punti giusti, per di più ).
Ora
capirete perché il buon Saliera tremava
all’idea di cimentarsi al cospetto di
tale talento.
Cosa
avrebbe inventato Zartmo in quattro giorni?
Probabilmente, lavorando giorno e notte, qualcosa
di stupendo, mentre lui, che doveva cancellare per correggere una nota ogni tre
che scriveva,
quale orrore avrebbe messo insieme, ammesso di riuscirci, in così poco tempo?
No,
non avrebbe potuto presentare i propri sforzi a Vienna!
Era
disperato. Prese un foglio di spartito
e lo guardò, lo guardò a lungo: era ancora bianco.
Non
gli veniva uno straccio di idea, non una! Di
colpo fece capolino un’intuizione: si ricordò di una cosa che aveva notato
molti anni prima.
Qualche
minuto dopo era nuovamente di umore perlomeno accettabile.
Ma
alla sua idea mancava qualcosa: l’occasione.
Doveva
inventarsela, oppure approfittare degli eventi.
E
l’occasione, per fortuna sua, arrivò.
Tre
giorni dopo, giorno di S.Silvestro, seppe da alcuni amici che il suo rivale
aveva terminato lo scherzo
musicale e che un noto violinista sarebbe passato in serata presso la sua
abitazione per una prima
prova.
Alle
sette di sera del 31 dicembre 1770 tre spazzacamini ( o meglio, tre individui
vestiti da spazzacamino
) suonarono alla porta di casa del Maestro di Cattedrale.
Aprì
il Maestro in persona. Saliera, che
come avrete già capito era uno dei tre personaggi, tirò un sospiro
di sollievo e si disse “ Menomale che Wilfrida, la domestica, non è in casa;
lui è così distratto
che non riconoscerebbe neppure una mosca vestita da elefante”.
“Siamo
venuti per l’ultimo controllo alla canna fumaria prima delle ferie” disse
Saliera.
“Ah..
ma sì, certamente, da questa parte, bitte”.
Wolfgang
Zartmo li accompagnò nelle grande sala e lì li lasciò, perché suonarono
nuovamente alla porta. Poco dopo i nostri tre furfanti erano
già sistemati su per il camino ad origliare quanto si diceva
nella sala.
Introducendovi
il nuovo arrivato Zartmo disse “ Che piacere, per questo scherzo si scomoda addirittura
il famoso Skiascianòcccici !”( un cognome russo che in tedesco potrebbe essere
tradotto in
qualcosa del tipo “ Noce di cocco africana spiaccicata” ).
Zartmo
aggiunse nel caminetto due ceppi di legno e si accomodò beatamente in poltrona.
Il
fuoco, ravvivato, indirizzò verso il camino una nube di fumo nero e polvere
fuligginosa, che investì
i tre compari facendoli tossire ed inveire.
I due
uomini prezzolati da Saliera maledirono l’aver accettato tutti quegli scellini,
mentre il musicista,
semisoffocato, aveva perlomeno il proprio fine da perseguire.
Ivan
Skiascianòcccici interpretò in modo sublime quella divertente partitura, tra la
gioia di Zartmo e l’ammirazione
incondizionata dei tre spazzacamini, uno dei quali era attentissimo a non
perdersi una
sola nota ed a memorizzare alla perfezione i vari brani.
Quando
la prova finì Zartmo congedò, complimentandosi, il violinista russo e ritornò
nella sala, dove
trovò i tre neri come il carbone e mezzi affumicati.
“Ecco
fatto: abbiamo finito” disse Saliera.
“Bene,
vedo che siete molto sporchi, probabilmente allora il mio camino sarà molto
pulito” gli rispose
il Maestro di Cattedrale, accompagnandoli all’uscita.
“Potete
ben dirlo, Maestro” commentò l’abbronzato Saliera, che poi aggiunse “ a
proposito, ho notato
entrando che nella porta di ingresso vi sono quattro buchi, li avete fatti
voi?”.
“Sicuro,
la mia gatta ha dato alla luce una settimana fa tre micini: i tre fori più
piccoli sono per loro e quello più grande per la madre” spiegò il
genio.
Saliera,
uscito dalla casa del collega, pagò il compenso pattuito ai due compagni e si
precipitò alla propria
abitazione: non aveva molto tempo.
Lo
attendeva una nottata insonne. Aprì uno spartito ancora intonso e, equipaggiato di penna di oca,
inchiostro ed un buon caffè caldo, si mise all’opera.
Riscrisse
tutto il lavoro musicale appena sentito come se lo vedesse riflesso in uno
specchio posto esattamente
a metà dei due pentagrammi, quello superiore nella chiave di violino e quello
sotto nella
chiave di basso, uno specchio che tramuti il basso in alto e viceversa.
Scambiò
il LA con il MI, il SOL con il FA e il SI con il RE.
Ed il
DO?, chiederete voi. Bene, il DO lo
scambiò con se stesso, lasciandolo invariato!
Si era
accorto, molti anni prima, che questo modo di procedere produceva una musica
certamente non così
piacevole come l’originale, bisognosa di qualche arrangiamento qui e là, ma
tuttavia abbastanza
orecchiabile, accettabilissima.
L’alba
del nuovo anno sorprese il Maestro di Cappella che ammirava, con malcelata
soddisfazione, l’esito
dei suoi sforzi.
Canticchiando
sottovoce la sua creazione, arrotolò la partitura, allegò una missiva di
presentazione, aprì
la gabbia, ne estrasse un piccione alla zampa del quale legò il tutto e lo
liberò nei cieli austriaci.
Qualche
ora dopo, nella capitale, fra sfarzosi vestiti, bellissime dame incipriate e
brindisi beneauguranti
furono eseguiti, a conclusione del tradizionale concerto, i due scherzi
musicali dei nostri
amici.
Entrambe
le composizioni furono salutate da un fioccar di battimani, anche se quella del
genio ventiquattrenne
finì con una vera ovazione.
Due
sere dopo i due migliori compositori austriaci si ritrovarono insieme a cena in
un antico maniero
di proprietà della contessa di Innsbruck.
Saliera,
consapevole che la composizione ricopiata (forse dovremmo dire riflessa) non
era certo all’altezza
dell’originale, era tuttavia molto soddisfatto di essere riuscito ad
accontentare l’Arcivescovo,
di aver letto critiche positive sui quotidiani e, più di tutto, di aver
conservato il posto di
Maestro di Cappella con relativo stipendio.
Zartmo,
che invece era stato presente al concerto per il nuovo anno, aveva subito
capito chi era il vero
artefice della musica di Saliera e cosa era accaduto, fin dalle prime battute
musicali.
Non
provava comunque nessun astio per il rivale, sia perché sapeva quale fosse il
proprio talento e quanto
Saliera tenesse al proprio posto di lavoro (vi era pure una famiglia da
sfamare), sia perché dopotutto
la musica del Maestro di Cappella non era affatto disprezzabile ed era molto
divertito dall’espediente
utilizzato per ottenerla: era stata una buona idea.
“Ero
presente a Vienna, caro Maestro,” esordì Zartmo sorridendo “e vi devo fare i
complimenti per il
vostro lavoro che ho trovato gradevole e decisamente con un che di FAMILIARE”.
“Vi
ringrazio moltissimo” gli rispose Saliera, pure lui sorridente “non ho potuto
ascoltare il vostro pezzo
per impegni che mi hanno trattenuto a Salisburgo, ma non dubito che sia stato
sublime e non mi
stupisce che la mia musica la riteniate, dopo tanto tempo che ci conosciamo,
così FAMILIARE”.
“Vi
assicuro, Maestro,” concluse il genio ormai ridendo apertamente “che il vostro scherzo musicale
aveva un’aria molto ma molto FAMILIARE, anzi ascoltandolo con attenzione ho
avuto la sensazione
di sentire addirittura le MIE note, come se io stessi suonando al pianoforte la
mia composizione
e la musica venisse riflessa nella grande SPECCHIERA che ho nel salone di casa:
veramente
uno SCHERZO pregevole”.
E si
accomiatarono con un cenno di capo.
Pietro Rainero
Nessun commento:
Posta un commento