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Il ponte del diavolo sul Serchio |
Una poesia compatta, fluente, chiara e corrente
come le acque di un fiume che scivolano portandosi dietro memorie, e feste paesane; tradizioni che la storia
inventa e cancella; riscopre e abbandona; ripesca e trasmette, facendone lirica
di epica nostalgia (il mio Serchio, quello di Mariani, quello dei poeti, quello
che rifletteva gonne di fanciulle intente al gioco); una poesia in cui l’animo
si affida ad una rapsodia di classica plasticità; di armoniche perfezioni; di
eufonici assalti emotivi. La struttura delle 5 quartine, formate, ciascuna, da
tre endecasillabi ed un quinario, danno l’idea, ictu oculi, di una composizione
meditata e costruita; inanellata nel suo corso da una sapiente mente prosodica.
Ma si sa che la poesia vive di slanci emozionali, di sperdimenti panici, di
incontrollate vertigini passionali, di assalti memoriali, di nostos e saudade; insomma
di vicissitudini, che, riposate in un terriccio fertile, sbocciano, col tempo, in
immagini sapide di poesia. Ed il verbo sta lì, in attesa; matura esso stesso
coi giorni e con le ore, con le gioie e le peripezie, con le primavere e gli
autunni, pronto a liberare quel crogiolo di abbrivi dandogli visività e concretezza;
un verbo che, fedele e mansueto, vario e articolato, si inventa, si moltiplica,
si fa nuovo in binari sinestetico-allusivi, ma soprattutto si mantiene integro
in tutta la sua semplicità per fare da stampella a tanto sentire. La ragione
no! Semmai frena, richiama all’ordine; non permette voli che azzardano mete irrazionali; che,
sbrigliati e liberi, toccano il cielo con le loro impennate. Ed eccoci a questo
connubio artisticamente equilibrato, e umanamente suasivo; i due fondamentali della
poesia si combinano in una simbiotica fusione di perfetta armonia consonantica:
forma e contenuto. Fanno il resto i maliziosi accessori stilistici che, con
rime e assonanze, si traducono in veri strumenti musicali a ricamare il
sottofondo dell’opera: coro nella “boca serrada” della Butterfly: emozione,
brio creativo, spazio liberatorio; uno spartito dagli argini ben solidi, costruiti per evitare
esondazioni, e da cui poter godere il passaggio di una storia paesana; di un
Serchio che Gorgoglia e increspa in crepe schive sotto il suo ponte.
Nazario Pardini
GORGOGLIA IL SERCHIO
Gorgoglia il Serchio sotto il vecchio ponte
la corrente lambisce luoghi e storie
ormai perdute e coglie da ogni monte
morte memorie.
Epopee da osteria, fittili glorie
di faide paesane ormai scordate
vicende incerte e flebili vittorie
dimenticate.
Fu quel greto di pietre levigate
testimone di contrastati amori
di farse e di tragedie interpretate
da ignari attori.
Sa di antico l’aroma degli allori
là tra le fratte in alto sulle rive
trasfonde l’eco degli antichi onori
che in essi vive.
Già cala il sole. Nuvole elusive
inghirlandano il rosso d’orizzonte.
Gorgoglia il Serchio e increspa in crepe schive
sotto il suo ponte.
Tullio Mariani
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