Il cardo innamorato
Tristezza ammutolisce, non ti
dice
che il fior di cardo nasce dal
dolore
e non ha petali per morbide
carezze:
ama il silenzio amaro delle
pietre
dimentiche di chi non diede
amore.
Dio povero del campo, tutto
solo,
cuce con gli aghi storie a fil
di vento
da regalare agli occhi della
sera
e infine si addormenta tra gli
sterpi
cullato da una vecchia
ragnatela
bagnata da perline di rugiada
con cui potrà lenire la sua
sete.
Di notte,
sotto la cupola del cielo con
le stelle
perfino un cardo forse può
sognare
che all'alba qualche maga lo
trasformi
nella bellezza pallida di un
giglio
affinché giunga nella brezza
una farfalla
che di lui si
possa innamorare
La linea che
congiunge terra e cielo
Ti separò un
soffitto dalle stelle,
e un quadro di
finestra non bastava.
Chissà se
immaginavi la bellezza
in forme
sconosciute a noi mortali
o se piangevi
lacrime non viste
nel caos che
scompigliava le tue carte
mentre sbiadivano
i contorni
e lentamente il
tempo smemorava.
Madre mia dolce e
cara ed infinita
che tendi le tue
braccia giù dal sole
per diradare
l'ombra sui miei passi:
non trovo alcuna
cosa al tuo cospetto
che possa
sostenere il paragone
con te che sei la
luce, la sorgente
che si alimenta in
seno all'universo
e inventa nuove
sillabe sui fiori
che io raccolgo in
forma di pensieri
per porgerteli in
dono, quale segno
dell'infinito
amore che continua.
Tu che sparivi
dentro le tue nebbie
cercando come un
faro la mia voce
perché nel buio ti
facesse luce
mi appari adesso
nitida e serena
nel luogo dove Dio
è l'Assoluto
laddove non c'è
posto per il male
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