Paolo Bassani, collaboratore di Lèucade |
ENIGMI E
LEGGENDE
La
lettera di frate Ilaro
Poiché
sono affettivamente legato
al
Monastero di Santa Croce del Corvo
ho
ritrovato con piacere questo scritto
Paolo Bassani
I frati che stavano sull'uscio del
convento camaldolese di Santa Croce del Corvo, sui monti presso la foce del
Magra, videro un giorno giungere un pellegrino. Pallido e severo, il viaggiatore
osservava le mura del convento; un monaco gli domandò che cosa cercasse, ma
dovette ripetere due volte la domanda. Infine l'uomo distolse gli occhi dalla
muraglia e rispose che cercava la pace. V'era qualcosa di strano, nello sguardo del
pellegrino, e frate Ilaro senti il desiderio di conoscerlo piú a fondo. Lo fece
entrare nel convento, si appartò con lui in parlatorio e seppe che l'uomo era
un esule fiorentino, si chiamava Dante Alighieri, era in cammino per Parigi;
seppe anche che era un poeta, e che aveva scritto un poema sul mondo ultraterreno.
Proseguendo nella conversazione, il
monaco si conquistò d'acchito la fiducia dell'Alighieri, il quale gli affidò il
manoscritto dell'Inferno che portava con sé pregandolo di volerlo consegnare a
Uguccione della Faggiola, cui era sua intenzione dedicarlo. Cosa che il monaco
puntualmente fece, accompagnando il manoscritto con una lettera che, oltre a
descrivere l'episodio suddetto, commenta i versi della cantica e spiega perché
il poema sia stato scritto in volgare e non in latino. La lettera di frate Ilaro
è giunta fino a noi, tra le pagine di un antico codice dantesco. Sennonché il
documento, che manco a dirlo fu studiato e ristudiato dai critici danteschi, è
chiaramente un falso. Prima di tutto, in quel periodo (1308-1309) l'Inferno non
poteva essere già finito, semmai era appena incominciato. E poi, Dante non
avrebbe mai consegnato la sua opera, di cui conosceva il valore, ad un monaco
qualunque; d'altro canto, non si vede perché, volendo recapitare il manoscritto
a Uguccione, non abbia provveduto egli stesso prima di mettersi in viaggio. E
se voleva davvero dedicare la cantica al condottiero ghibellino, perché lasciar
l'incombenza al frate, senza scrivervi almeno un biglietto, una dedica di suo
pugno? Quanto alle chiose esplicative di fra' Ilaro, le avrebbe egli scritte su
invito di Dante? E come avrebbe potuto il poeta, proprio lui cosí fiero e
scontroso, fidarsi non solo della lealtà, ma anche della preparazione culturale
del frate sconosciuto? Caso mai, non sarebbe stato piú logico che commentasse
egli stesso il suo poema? Non solo, ma il commento è indubbiamente opera di un
erudito, risente di studi, confronti e meditazioni: come avrebbe potuto il
povero frate improvvisarlo di punto in bianco, per mandarlo ad Uguccione?
È assai probabile che l'impostura
sia stata architettata proprio per dare maggior credito a quel commento esplicativo
dell'Inferno, che un ignoto autore, forse un frate Ilaro del Convento dì Santa
Croce del Corvo, mise insieme con chissà quanti anni di diligente e acuto
lavoro.
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