Francesco Casuscelli, collaboratore di Lèucade |
Maria Teresa Liuzzo approda al romanzo
dopo aver scritto numerose poesie raccolte in diverse pubblicazioni
pluripremiate sia in Italia che all’estero. Una poetessa affermata che in una
fase particolare della sua vita sente il bisogno di espandere la sua espressività
iniziando questo percorso in prosa che mantiene una forte componente poetica
come controcanto alla storia. Il romanzo s’intitola …E adesso parlo!,
edito per i tipi di A.G.A.R editrice Reggio Calabria. Un titolo evocativo di una
reazione ad una condizione non più sopportabile. Infatti, la storia
autobiografica si sviluppa su due direzioni, da un lato la narrazione dura,
amara del male subito nella sua vita, dall’altra invece una storia parallela frutto
della sua mente con una figura chiave che sostiene il personaggio principale
del libro. Ed è proprio questa a mio avviso una delle forze del libro
l’intreccio narrativo tra la realtà di una vita difficile in cui la cattiveria
umana assume forme inaspettate e l’immaginazione declamata con un lirismo
passionale pregno di colorazioni emozionali. Scrive nella prefazione Mauro
Decastelli “ non è possibile raggiungere Dio, né farne conoscenza, senza l’esperienza del fuoco dell’amore che
immola la nostra esistenza egoistica trasformandoci in cenere, dalla quale
l’anima immortale risorge con una nuova vita.” E’ sorprendente che una
bambina così bistrattata e maltrattata abbia potuto maturare risorgendo dalle
ceneri della sua vita e mettere a frutto un talento speciale. Il personaggio di
Mary ha dell’incredibile, si fatica a capire come sia potuto succedere che dei
genitori e dei familiari abbiano esercitato forme di torture e sfruttamento
senza che altri siano riusciti a impedire questa spirale del male. In questa famiglia
non si salva nessuno, il padre, la madre, i nonni paterni, le sorelle e i
fratelli ma anche la figlia ben presto assumono atteggiamenti da tiranni e
carnefici pretendendo servigi speciali, solo per il gusto di tiranneggiare e
sfruttare la predisposizione al bene di Mary. Solo la nonna materna la protegge
e l’aiuta ma ben presto esce di scena e quindi la bambina è costretta a subire
e trovare in sé la forza di fronteggiare il male. La povera Mary sempre aperta
e disponibile ha visto mal riposta la fiducia e anche quando pensava che le
persone fossero cambiate ecco che si verificano altri casi di sopraffazione e
di macchinazioni per approfittarsi delle sue capacità e disponibilità
economiche. Ecco perché Mary dopo essere stata indotta e aver poi tentato il
suicidio costruisce una vita parallela con la fede in Dio e con Raf il suo
Daimon che la sostiene e la consola curando tutte le ferite. Socrate ci insegna
nel suo discorso a chi lo stava condannando a morte “Evitare la morte non è difficile, molto più difficile è evitare il
male: il male infatti può ghermire ben più rapidamente e più velocemente che
non la morte.” Ed è quello che accede a Mary, il male la colpisce più volte
ed ogni volta con maggiore ferocia fino a svuotarla dell’energia vitale. Una
sorta di sfida tra Eros e Thanatos che ogni giorno si
fronteggiano in una battaglia continua che è la vita. Da questa vita di dolore
la protagonista combatte contro il male non riuscendo a fronteggiarlo
fisicamente allora lo sfugge in modo platonico ossia con la scrittura sua
fedele compagna che oltre a funzionare come strumento di sfogo emozionale
costituisce la forma di dialogo con il mondo. Scrive infatti “ Le pagine dove annotava i suoi versi erano
la sua carne, l’inchiostro il proprio sangue.” La resilienza di Mary è
encomiabile perché con la sua fede e con il sostegno platonico di Raf riesce a
elaborare il male e generare bellezza con la poesia e con il perdono. Ed è in questo
il valore supremo del romanzo la testimonianza della bontà d’animo la purezza
che deriva dal bene, sempre disponibile e presente ad aiutare e sempre pronta suo
malgrado, a subire con abnegazione per poi essere capace di regalare il perdono
a tutti.
Una menzione particolare va anche al suo
labrador che in un momento difficile è stato l’unico essere vivente ad essere
rimasto accanto a lei ad aver condiviso le sofferenze con lei, per questo
quando l’animale muore il suo cuore già provato una recisione ancora più
profonda.
Il daimon di
Maria Teresa Liuzzo in questo romanzo attraversa lo spazio intermedio tra una
discesa agli inferi e un salto in paradiso, il giardino dove al poeta è
concessa la vita, genitrice di ogni musa. Figlio del dolore e dell’amore, il
suo canto si innalza sulle vette più alte del firmamento con parole che sgorgano
dalla loro unica e sublime esperienza. Un viaggio carsico nei percorsi
interiori, che penetrano nelle pieghe più segrete dell’animo umano.
Il
bene che trionfa nella catarsi che questo romanzo esercita e la condizione del
perdono, difatti essere stati perdonati non vuol dire bonificare la loro
condotta ma la condizione per raccontare la sua storia rivelando la ferocia dei
suoi carnefici. Un esercizio narrativo come denuncia di riscatto con valore
terapeutico per superare le figure d’ombra che ancora l’avvolgono.
Nelle pagine dense di efficacia narrativa,
si dipana il filo della matassa espressiva, dove il dramma è consumato nella costrizione
al dovere di figlia e di sorella e lo spazio chiuso in cui viene imprigionata è
quello dell’io sottomesso che non può portarsi al di fuori della sua missione,
del suo fato.
L’autrice accompagna magistralmente i suoi
lettori lungo il viaggio omerico che la donna bambina intraprende nel mare
dell’anima; la sua penna incide sul foglio con il sangue, ma con uno stile
squisitamente poetico dosandolo con un linguaggio fluido che sostiene la
narrazione. La sua scrittura cavalca le onde del dolore supera la tragedia di
una esistenza perseguitata e trasuda di vita e di poesia.
“Quest’opera è proprio la dimostrazione di
come si possa divenire strumento della volontà divina, di come in fondo al
tunnel si possa riuscire, sostenuti dalla fede, a intravedere la luce e a fare
della propria vita una rosa di infinite possibilità.”
Maria Teresa Liuzzo è
nata a saline di Montebello e risiede a Reggio Calabria. Ha pubblicato numerose
raccolte di poesie e collabora con importanti riviste letterarie, con poesie,
racconti, saggi teatrali e testi critici. Della sua poetica si sono occupati
Antonio Piromalli e Vincenzo Guarracino. Nel 2000 ha
fondato con Paolo Borruto, il bimestrale per il mondo dell’Arte e della Cultura
“Le Muse”, della quale è anche direttrice.
Un libro come quello di cui ci parla Francesco - lo dico perché l'ho letto - è un'esperienza cui bisogna rapportarsi con delicatezza ed assoluta partecipazione. Direi - se mi è concesso - che è la storia di un'anima prima ancora che di una donna.
RispondiEliminaCondivido perciò in toto quanto asserisce l'amico nella sua nota: "Il daimon di Maria Teresa Liuzzo in questo romanzo attraversa lo spazio intermedio tra una discesa agli inferi e un salto in paradiso, il giardino dove al poeta è concessa la vita, genitrice di ogni musa.", e mi complimento con lui,
Sandro Angelucci