Sandro Angelucci, collaboratore di Lèucade |
IN QUESTA ETERNITÀ CHE MAI SI SVELA
Tu, almeno tu pittore
nel conquistato istante
dammi luce
tu, che conforto cerchi al par di me
alle sopraffazioni della sorte
che d’infelici assenze
spense il cuore.
È la penultima strofa della lirica Tu, pittore che
apre la raccolta. E non poteva che iniziare così una pubblicazione come questa:
poesia e pittura che cercano conforto - mi sia consentito dire - l’una nell’altra.
Basta soffermarsi sul corrispondente
figurativo che segue e completa l’ispirazione poetica: Big
bang è una tela che esprime il desiderio dell’uomo
di trovare la scintilla primordiale per fare ordine - attraverso il caos dalla
stessa generato - nei propri pensieri e nella propria vita.
Ecco, quindi, ciò che dalla poetessa Pinella Gambino
viene richiesto e dal pittore Stefano Donati
prontamente elargito: un’esplosione di luce originaria e originante l’universo
del tempo e l’universo dell’arte che - in fin dei conti - rappresentano un
unico spazio.
C’è un altro dipinto che, subito dopo,
riprende il sovra esposto concetto: mi riferisco a Pesco
in fiore dove l’astrattismo e la sovrabbondanza di colori,
seppure dominati dal rosa, nulla pregiudica; intensifica, invece, tanto l’idea
della fioritura quanto quella - più maestosa e imponente - dell’espansione
dello spirito primordiale in forma e sostanza.
Così, la citazione dei versi, tratti da
Quiete e voluti in calce, bene ne esprime
il significato: “… Sereno è il suo pulsare e nel battito distanzia / il vuoto
ripieno di materia / di quel niente che l’universo insegue…”.
Una lirica, Quiete, che tanto ed immediatamente rimanda al Vuoto Santo di
turoldiana memoria: padre David Maria
Turoldo molto si era soffermato sulla convinzione che il Nulla
non esiste in quanto tale ma è rivelazione del divino, del suo alito, della sua
successiva e precedente presenza. Certo, successiva e precedente perché
esistente a prescindere dalla materia che ne colmerà o ne ha già colmato lo
spazio; “… ma spazi nuovi attendono / parabole di rondini e crepitii di vento”,
recita la chiusa; e saranno quei voli, quelle folate a riempirli finché le
rondini e il vento non avranno terminato, come tutto il vivente, il loro ciclo
vitale. Anche allora, tuttavia, il vuoto resterà e sarà nuovamente pronto ad
accogliere nel suo grembo nuovi germogli.
È questa l’eternità, se fosse altro
sarebbe solo illusoria aspettativa e dogmatica o scientifica - non v’è
differenza - costruzione mentale.
L’incipit della poesia seguente, Ci saranno ancora, ribadisce, senza mezzi
termini, la volontà dello spirito di crescere, di spingersi verso qualcosa che,
troppo grande per noi, non possiamo concepire: “Ci saranno ancora / albe da
ritagliare / e silenzi in cui perdersi / mentre il tutto nell’eccesso si spande
/ e l’ansia confisca l’anima?”.
Versi straordinariamente coinvolgenti,
tanto quanto l’espandersi dei colori sulla tela del quadro di Donati, Bagliori cosmici. In fondo è proprio così:
è l’ansia che non permette all’anima di espandersi; se vivessimo senza paura ci
espanderemmo all’infinito; non è forse questo che siamo? Bagliori cosmici,
appunto.
Una poetica - quella che lega i due
artisti - fatta di parole e colori che cercano all’unisono di deflagrare
spandendo le schegge in spazi indeterminati. Un big
bang che vuole
fecondare (in molte delle tele qui riprodotte sembra di scorgere degli
spermatozoi luminescenti; così come in molti testi si ripropone la speranza di
una nuova fioritura: “… in questo tempo bruciato nell’attesa / della nuova
stagione / ci saremo ancora…” (Ci saranno
ancora).
Saremo ancora “immortali e fragili”,
fino alla prossima Implosione, “in questa
eternità / che mai si svela” (L’attesa di
un re).
Sandro Angelucci
Pinella Gambino, Stefano
Donati. FIUMI DI COLORE, Guido Miano Editore.
Milano. 2019. mianoposta@gmail.com
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