martedì 14 settembre 2021

EDDA CONTE: "QUELLA PANCHINA VERDE"

 

Edda Conte- Giugno 2021

Quella panchina  verde

 

Edda Conte,
collaboratrice di Lèucade

Ritorna da un altrove, da altra vita, altro tempo, altre cose.

Nessuna conoscenza, nessun ricordo. .

 Cammina nel vento. Ha un brivido, si copre. Poi cambia il vento. Ora è un fiato caldo...

 Lo stradello fa una curva, passa al di sopra di un canalone; non c'è acqua  ma è ricco di vegetazione,  con qualche fiore qua e là.

Lei  non conosce quei fiori ma ne è attratta. Scende la breve scarpata con sassi che si muovono sotto il passo.  Risale tra i cespugli per cogliere un fiore bianco che sembra un ventaglio di pizzo e.. ah! ..

il piede  scivola  sopra una pietra coperta di muschio..,  precipita in basso, fino al letto asciutto e sassoso.

-Sono una stupida, dice a voce alta. Si rende conto di trovarsi in difficoltà.

Non è facile risalire in mezzo ai sassi e ai cespugli.  Il fiore continua a splendere più su, sembra irraggiungibile; sullo stradello non passa nessuno..

*

E' vestito leggero: pantaloni con la piega, una camicia sportiva dello stesso colore, le maniche arrotolate sulle braccia coperte di peluria  bruna: sono le prime  cose che Lei nota della persona che pare comparsa dal nulla. Le ha allungato un braccio senza una parola, con un sorriso sul viso pallido. Lei afferra la mano tesa e la trova piacevolmente fresca e asciutta. Si sente leggera, come in volo, infatti quasi senza accorgersene  è al di sopra del canalone e lì, ecco, c'è la strada!

Si volta a ringraziare lo sconosciuto, ma con immensa sorpresa non vede nessuno. Sbatte gli occhi, gira la testa da ogni parte... , non c'è davvero nessuno!

Lei viene da un altrove. Non ha  memoria. non ha conoscenza.

La breve avventura non l'ha turbata.  Riprende a camminare seguendo gli istinti vitali.

 

*

E' un borgo di epoca medioevale. Le strade strette, vicoli quelle più interne, a lastre di pietra ben conservate, portano alla piazza centrale, dove  una costruzione  di importante architettura ricorda sulla facciata gli stemmi dei "Capitani" dell'epoca. E' il palazzo del Comune, con tante bandierine  colorate a ricordo  di un antico gioco  tra le contrade.  Il nome del borgo ricorda come mito  un personaggio dell'antica Roma esiliato per ordine imperiale, tra questi monti rifugiatosi nell'accoglienza dei semplici abitanti della montagna.  Attraverso le varie vicende il borgo è giunto  ai nostri giorni senza perdere le primitive caratteristiche di una sincera ospitalità.  La gente ha  innata gentilezza, i negozi non mancano.

 Sotto un piccolo arco di pietra, quasi coperto dagli intrecci dell'edera, si apre  la porta di  una  osteria.

Lei istintivamente entra, seguendo un invitante profumo di cucina toscana.  Si guarda intorno, saluta, si siede. L'uomo, con un vistoso  lungo grembiule , le si avvicina, come per prendere l'ordinazione, invece  apre un largo sorriso e :

-Bentornata! dice,  -che piacere rivederla... anche se purtroppo  noto che è sola,   aggiunge con fare mesto.

-Ah..  sì.. grazie..

*

E' sorpresa, non sa cosa aggiungere. Sorride  anche lei,   e chiede cosa c'è da mangiare. Annusa, annusa a lungo; dalla cucina si espande  nella saletta un odore di cibo che insiste  nelle narici come qualcosa che Lei  non sa spiegarsi, ma che insiste e le penetra dentro, fino a quella parte che dorme in una sana incoscienza. E' un odore  che non ha nome ma ha un suo significato, e fruga, fruga dentro di lei.  L'oste torna col piatto fumante, è tutto un sorriso:

-Era  il vostro preferito..  dice ammiccando.

Lei si confonde. Ancora una volta ringrazia e comincia a mangiare la polenta con i funghi, specialità della Casa.

 

 

Ogni cucchiaiata ha il sapore di una domanda muta, profonda, misteriosa, senza risposta.

Il pranzo si conclude  con le chiacchiere leggere dell'oste che la invita a tornare.

 Fuori ci sono  altri odori  che aggrediscono  con forza. L'acquazzone recente ha risvegliato le siepi, gli orti, la selva... Lei respira a pieni polmoni e si guarda intorno , con interesse nuovo. Qualcosa si  sta risvegliando nel suo io profondo. ..

Va,  senza un pensiero,  senza programmi.

 

*

A metà di una faticosa salita che porta alla stazione della Funivia, l'insegna di un Hotel a tre stelle richiama fortemente  la sua attenzione. Ha la sensazione di vedere sulla porta la figura dello sconosciuto  che al mattino è scomparso senza parole, ma tutto è un lampo...la figura non c'è più.

Si sofferma ad ammirare il giardino pieno di piante fiorite, con due  altissimi ippocastani  che creano piacevole ombra sulla facciata  di quella che sembra una villa stile liberty.

 Quel luogo Lei lo conosce, ne è sicura, potrebbe dirne alcuni particolari: le scale con la guida rossa un poco consunta, la camera col balconcino, le porte interne  laccate di verde mare e...la sala, con molti commensali ridenti... Sì, sembrano ricordi, ma ricordi muti, impersonali e incompleti.

  Decide di fermarsi lì per la notte.

*

Dal giorno seguente le si presenta una realtà nuova: pranzi in compagnia simpatica, piacevoli e vari, passeggiate , riposo in un letto singolo , privo di qualsiasi ricordo.

 Ogni mattina fa una lunga camminata, sempre con la stessa meta: una piccola fonte con acqua perenne freschissima, di sorgente.  Quando passa davanti al canalone coperto di bassa vegetazione si ferma qualche secondo, inconsciamente  si aspetta di rivedere il personaggio misterioso che le è rimasto impresso nella memoria.  Se è un abitante del borgo  un giorno o l'altro  lo rivedrà.  Ma i giorni passano e la cosa non succede, mentre quel pensiero si fa sempre più insistente. Si sorprende a richiamare alla mente i tratti della figura, l'abito, il braccio teso , soprattutto  quella mano fresca , asciutta.. ma le sfugge il volto, ne ricorda solo il pallore. La sua memoria è ancora una trama bucata, anche se certi luoghi, certi particolari del borgo non le sono nuovi.  Ma  le persone, la vita di un altrove dove sono?

 In Albergo viene trattata come persona conosciuta, anzi, con una simpatica forma di familiarità.

- L'abbiamo trasferita nella camera  N... ,  è  più grande, ci starà più comoda.

La ragazza le sorride con simpatia mentre le consegna la chiave della nuova camera.

 Lei sale al secondo piano, apre la porta, vede il balconcino, il grande letto  a due piazze.

Qualcosa le sobbalza nel petto... forse è per lo sforzo di avere fatto le scale.

*

Sono giornate strane, con acquazzoni pomeridiani improvvisi, l'umidità penetra nelle ossa, i muscoli ne risentono. Le passeggiate sono meno piacevoli. Lei trascorre molto tempo nella  camera da letto, ama l'ambiente, ama il balconcino che le consente di affacciarsi sulla valle.  I tetti rossi  delle borgate, la lussureggiante  vegetazione intorno all'Hotel, la  punta aguzza del campanile della Chiesa, con le campane  che suonano a lungo a  mezzogiorno e  all'Angelus... Le sembra tutto un mondo ritrovato.

Fa lunghi sonni nel lettone matrimoniale, finché  cominciano i sogni  a turbarle il riposo.  E' Lui, Lui che le parla, le sorride... ,poi scompare, senza che lei  possa ricordare niente di quei  sogni che la turbano profondamente.

 Una sera accade l'imprevedibile: si sorprende ad allungare  la mano  verso l'altra parte del letto, come faceva  abitualmente una volta, alla ricerca  della mano di Lui che gliela stringeva  con calore  nel saluto della buonanotte.

Tutto, tutto  all'improvviso  ritorna, come per un lampo che  misteriosamente illumina la mente  sulla vita trascorsa.

Quasi  si fosse scottata, la sua mano si ritrae...l'altra sponda del letto è fredda.

E' vuota.

*

Ora il puzzle è completo, ogni pezzo, ogni ricordo al suo posto.

 Lei riprende a vivere una vita dimenticata, soffre e gioisce riconoscendo  luoghi e persone.

L'oste è quell'amico che raccontava la sua vita avventurosa di cuoco sulle navi. Aveva  visto il mondo ma era tornato lì, tra i monti  dove era nato, per un richiamo forte della sua natura  generosa e mite.

 Lei e Lui, l'amato compagno perduto, lo ascoltavano rapiti, dopo avere gustato il suo favoloso piatto  forte, la polenta  ai funghi porcini.

E tornano anche i volti, le voci degli ospiti dell'Albergo, amici abituali di anno in anno, e le passeggiate  alla scoperta del Borgo Vecchio, tra le case di pietra grigia  con i gerani rossi  sui davanzali delle finestre.

 Infine  ricorda la  Festa di Mezzo Agosto,  con la sfilata dei personaggi storici in costume, e il suono allegro delle chiarine...

*

E' vicina l'ora del tramonto. Lei si avvia sul sentiero del bosco alla ricerca di quella panchina di legno verde affacciata sulla valle.

Attende il momento che il Sole, tramontando, lasci filtrare  tra gli alberi della cima del monte più alto un raggio  di luce  che traccia una striscia dorata su quel prato  al di là del fiume  che divide la valle.

Un momento magico che Lei, insieme con Lui, non volevano mai perdersi.

 

 

Ecco la panchina verde, c'è ancora , al solito posto, oggi invecchiata e un poco scolorita, ma  Lei la riconosce subito.

Là va a sedersi e si mette in attesa.

 Improvvisamente le è vicino  lo sconosciuto,  come comparso dal nulla, anche questa volta...

                                                                                                                                                                                                                                                              Allunga una mano verso di lei.

E' una mano fresca e asciutta...

 

Edda Conte .

(Racconto scritto a Cutigliano  nel mese di Luglio 2021)

 

2 commenti:

  1. Mio straordinario Lillà, intingendo la penna nel realismo magico che ti è tanto congeniale, hai composto la fiaba di Toc ad eden e del suo amore. Se così non
    fosse permettimi di viverla a modo mio. Una vicenda ricca di suggestioni, di sentimenti, di
    vuoti e pieni d'aria. Sei in luoghi amati, ma il presente diviene velo di Maya e ti impedisce
    di riconoscerli. Senti la spinta. Hai improvvisi flash -back e, tramite essi, arrivi alla completezza
    della visione, del ricordo. Tutto si compie. Un testo permeato di incredibile Poesia. Il dolore sa elargire momenti di sublime felicità, mio Tiglio adorato. Scrivi, amica d'anima, non fermarti mai. Il mondo attende!
    Io applaudo. E sono sul tuo cuore....

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  2. RICEVO E PUBBLICO

    Questo racconto è pura poesia, veicolo di profondi sentimenti d’amore sia nella felicità che nel dolore, nel ricordo come nella realtà ed è, in modo inequivocabile, autobiografico. Fotografa le nitide immagini che hanno scolpito le emozioni, che via via riemergono nei ricordi dell’Autrice, di una serena vacanza vissuta insieme al compagno amato, in un ameno borgo medioevale dei monti della Toscana. Cutigliano è il nome di quel luogo e, per l’Autrice è, ora occasione di un nuovo soggiorno, purtroppo da sola, perché Lui non è più.
    Inizialmente, l’inconscio dei suoi latenti ricordi la portano a non riconoscere quei luoghi, poi, gradatamente, giorno dopo giorno, quei sopiti ricordi e ogni aspetto di quel borgo antico, si concretizzano in una realtà viva. I suoi vicoli lastricati di pietre, le case con le tegole rosse dei suoi tetti, un oste dai modi cortesi, i profumi della sua cucina, una stanza d’hotel a tre stelle con un letto a due piazze e un balconcino con vista sulla valle e, ancora, mani che si stringono nel saluto usuale della buona notte, ecco che tutto contribuisce a rendere limpido quel ricordo. E ancor, limpidi, esplodono nella realtà di una panchina, da sempre posta lungo il sentiero del bosco, quella panchina di legno dipinta di verde, oggi invecchiata e un po’ scolorita, dove Lui, essenza non più sconosciuta, rinnova il suo gesto d’amore tendendo la sua mano fresca e asciutta a cercare quella di Lei.
    Edda, amica gentile, ho letto più volte questo “racconto” che definisco un diario dove ogni parola è scritta con la penna dell’amore e confesso di averne interrotto la lettura per l’emozione che mi ha provocato. Grazie di questo dono e grazie al nostro Condottiero Nazario che ci consente di incontrarci sul nostro ambito Scoglio

    Lino D’Amico

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