Franco Campegiani, collaboratore di Lèucade |
Un saggio originale
"Ribaltamenti" di Franco Campegiani
Nella sua prefazione Nazario Pardini parla
dell’attenzione all’ambiente di Campegiani e di un “mito auspicante e
visionario”. Non esiste solo il bene e solo il male, ma convivono gli estremi.
Il prefatore si sofferma poi sulla difficoltà di accordare poesia e filosofia,
per concludere: "Colui che non coltiva le proprie origini non ha un
pensiero autonomo, ma duplicato su quello altrui". Nella prima parte del
saggio, intitolata "Il corpo e
l’anima", Campegiani osserva che il villaggio globale pone una accanto
all’altra le culture relativizzandole e scivolando nell’omologazione.
L’occasione è unica per andare alla ricerca di valori assoluti dentro noi
stessi. Si deve cercare l’individuale essenza interiore; quel pensiero che ci
pensa, dal quale siamo pensati e che è il nostro pensiero extracorporeo,
sovrarazionale al di fuori degli schemi. Nel capitolo "La grande relazione" l’autore
afferma che questa è l’unica esperienza del divino. Il Grande Artefice è implicito
nell’opera creata. Come tale va messo in pratica nell’azione quotidiana,
dobbiamo attivare un dialogo con noi stessi, “la prima delle relazioni”, base
dell’intera conversazione universale.
Segue il "discorso sul mito".
L’autore parte dalla concezione storicistica, secondo cui il mito apparterebbe
a una fase primordiale e a un modo infantile di pensare. Il mito per Campegiani
in realtà è qualcosa di sempre nuovo, cui attingere nei momenti in cui si sente
la necessità di rinnovarsi, ritornando alle fonti archetipiche. L’andamento
della storia è ciclico e non lineare, pensa Campegiani. Dopo i momenti
mitopoietici si passa alla mitologia, in cui si ripete stancamente la storia
mitica. C’è perciò bisogno di un nuovo mito sorgivo, che si rifaccia all’humanitas eterna. Il momento è propizio,
con l’approssimarsi della fine del razionalismo antico, per il recupero di un
pensiero in cui tutto viva in armonia. È possibile recuperare la mente
extracorporea, al di fuori della storia, che presiede alla nascita dei miti.
L’uomo creativo è un tramite e pensa in originale, non in fotocopia, chiamando
in causa la propria sapienza arcana.
In "Civiltà della terra"
l’autore, partendo dal mondo greco arcaico e classico, e arrivando ai tempi
nostri, fissa una serie di tappe che portano al razionalismo, che,
sovrapponendosi alle culture mitico-sapienziali, inaugurò un affrancamento
dalle leggi di natura. Ignorando che la natura è un archetipo, che non può
esser cancellato. L’uomo deve riuscire
ad abitare le megalopoli senza smarrire il senso di appartenenza al creato. Per
ritrovare l’equilibrio bisogna che gli uomini si convertano al femminismo e le
donne al maschilismo, superando così lo scontro tra maschilismo e femminismo.
I filosofi, osserva Campegiani In "La saggezza atavica", pensano
che la ragione da sola possa bastare. Tutti possono entrare in contatto con
l’assoluto. Bisogna ascoltare quella sapienza che si succhia col latte materno.
Ognuno ha dentro di sé leggi non scritte. La ragione da sola non basta. Chiusa
in se stessa piomba nel sonno. Bisogna osservare il bambino; egli parla con se
stesso grazie alla sua natura duale. Necessario recuperare la visione
mitico-sapienziale delle arcaiche culture. Occorre divenire adulti senza
uccidere il bambino che è in noi.
Una postfazione di Sandro Angelucci chiude questo interessante volume. Angelucci mette in guardia dal pericolo di considerare Campegiani un passatista: riscoprire il pensiero prelogico degli avi, rinnovantesi sempre, ci proietta anche nel futuro. E sottolinea alcuni passaggi significativi dello studio esaminato: “La ragione è un particolare tipo di intelligenza, un’intelligenza seconda". La prima è una facoltà spirituale, significa consapevolezza di vivere nel mistero. Se non riscopriamo un equilibrio, sarà una catastrofe. Cose vere profetiche direi, alla luce di quello che l’umanità intera sta vivendo. Mi piace terminare con le parole riportate in quarta di copertina: «Del mito c’è estremo bisogno per superare l’impasse di una cultura omologata e stantia, naufragata nel Nulla e priva di entusiasmi, non più vogliosa di nuove avventure. C’è un sonno del dogma e c’è un sonno del dubbio, entrambi razionalistici. Non è sufficiente che da “dogmatica” la ragione diventi “critica”. Occorre superare l’apriorismo della stessa critica. Occorre che la ragione, da “critica”, diventi “autocritica”, facendosi umile di fronte a una sfera più elevata e sapiente di se stessa, che non è Dio, ma il divino che Lui stesso le ha dato per vivere nell’umiltà, nella creatività, nella tolleranza e nella padronanza di se stessa.”
Fabio Dainotti
Mi complimento con Fabio Dainotti per l'ottima lettura di "Ribaltamenti" dell'amico Franco. Ha colto gli aspetti determinanti del pensiero di Campegiani soffermandosi analiticamente su ciascuna sezione.
RispondiEliminaUn testo di filosofia, "Ribaltamenti", che non è tanto 'amore per la sapienza' - come etimologicamente suggerisce il termine stesso - quanto ricerca di una sapienza altra, che in sintesi può essere considerata ricerca di equilibrio rifacendosi agli archetipi, alle nostre coordinate "divine", al mistero stesso che viviamo.
Complimenti al recensore (che ringrazio anche per avermi voluto citare) e a Franco per la sua opera di edificante pensiero.
Sandro Angelucci
Caro Sandro, ti ringrazio sentitamente, anche a nome di Dainotti che ha svolto un saggio esemplare, lineare e particolarmente incisivo sulla mia filosofia. Grazie anche per ciò che dici a proposito della "sapienza altra" da me cercata: una sapienza fondata sulla ricerca di equilibrio.
RispondiEliminaFranco