martedì 22 gennaio 2019

NAZARIO P. LEGGE: "VOCI" DI G. CECCAROSSI


Giannicola Ceccarossi: VOCI. Ibiskos-Ulivieri. 2018

Giannicola Ceccarossi si misura con una nuova esperienza letteraria: il poemetto; l’epillio; il componimento di ampia narrazione  e di particolare epicità. Tre le composizioni: Barche nel cielo; Noi siamo i giovani di questo tempo distorto; Pace. VOCI, il titolo della plaquette; voci che si danno alla flessibilità di una versificazione ampia e compatta, significante e incisiva, ora con afflato lirico ora con irruenza propositiva. E quello che ne deriva è una appassionata confessione di un Autore non più in sintonia con “questo tempo distorto”. Dalla lettura  emergono, in tutta la loro interezza, la vis creativa del Nostro, il suo modus scribendi, la sua partecipazione emotiva ai fatti che lo riguardano. Il verso è sempre – pur facente parte di stesure quasi narrative – costruito su basi di effettiva incisività. Le figure retoriche usate con parsimonia e intelligenza costruttiva non sono mai eccessive: appaiono con una certa personale rilevanza la sinestetica  intrusione metaforica e la tendenza ad una versificazione di ontologica consistenza. Sempre presente l’io poetico a guidare il ragionamento a volte parenetico a volte sbrigliato da ogni condizionamento teorico. E il verbo segue con tutta la sua valenza strutturale e con tutta la sua architettura significante gli input di un’anima tutta volta a seguire un cammino di etica portata. Giannicola ama la vita, il mondo che lo circonda, ma lo vorrebbe più pulito, meno aggressivo,  più a dimensione umana: insomma un ambiente in cui vivere in pace e in cui potersi guardare in faccia senza alcuna devianza materialista: schiettezza, sincerità, amicizia, fratellanza, pace, amore... Anche perché la vita è breve e l’Autore è cosciente della precarietà del tutto, della fugacità dell’ora, e poco è il tempo che ci resta per tramandare ai posteri la nostra permanenza sulla terra:

Dov’è quella terra che ha generato tanto caos?
Dove ricercheremo le radici delle nostre culture
se tutto è stravolto per una tempesta d’astri?

Anche se il verso supera la positura di tradizionale  impostazione, mantiene, comunque, quella armonia euritmica che contraddistingua la poetica di Giannicola. Non si deve certo confondere la sua sete di spazi con la sperimentazione prosastica che tende ad annullare la presenza dell’io poetico, del memoriale, del sentimento. L’espansione metrica è un’esigenza del poeta.  Egli ha bisogno di ampiezza dacché il suo animo è sovraccarico, è ipertrofico; la sua è una ricerca di verbi e iuncturae che coi loro significanti possano concretizzare gli abbrivi emotivi.

Allora preghiamo quel Dio di tutti gli uomini
che di colpo appaia nelle nostre vite
indicandoci finalmente il cammino per la pace.

Poesia de l’homme, delle radici; apologo, passione, narrazione di una storia che fra le righe racconta una vita. Questo è Ceccarossi. Questo il suo canto epico, umano, pieno di interrogativi che ne fanno un vivente turbato dalle aporie della società.

E se ci stringeremo in un girotondo di mani
colmando quei rumori che ci hanno diviso
sarà l’amore a unire le nostra fede
e a non avere più paura della grandine.
Ora in questo caos di guerre e morti
vorrei svanire nel cielo color cobalto
dimenticare me stesso
e disperdermi
in un mare burrascoso.
E non esistere più !
Figli miei.

Il poeta è nel bel mezzo dei minimalismi di un esistere fatto di materia e conflittualità. Ne soffre. E per questo desidererebbe azzardare voli vero cieli cobalto, per annullare il dolore che  prova. Ma sa anche che il suo posto è qui  fra la gente, i figli, e coloro che ama per dare il suo contributo; per cambiare il mondo. In che modo? Scrivendo e diffondendo voci che gridino fratellanza e amore; e magari insegnando, anche, che la semplicità della vita è il grande bene che ci resta:
e
di nuovo canteremo
e canteremo a voce alta la gioia degli uccelli
ascolteremo in silenzio le preghiere dei morti
benediremo con la croce la fronte dei fratelli
e con la leggerezza del cuore
assaporeremo la brezza del giorno.
Noi siamo i giovani di ieri
Noi siamo i giovani di oggi
Noi siamo i giovani del domani
Che Dio ci benedica!
Sempre

È qui, in questi sprazzi di pieno lirismo, di totale coinvolgimento empatico, che il verso si fa breve, scattante, apodittico, conclusivo per dar voce alla franchezza di un uomo innamorato della vita e memore di un tempo in cui “E avevamo la gioia fra le dita!”.  

Nazario Pardini

1 commento:

  1. pasquale balestriere22 gennaio 2019 alle ore 16:26

    Qualche anno fa Giannicola Ceccarossi affidava la sua poesia a versi brevi, a un linguaggio rastremato ed essenziale, quasi scolpito. A giudicare dai versi che l'ottimo Nazario propone in citazione nella sua attenta e puntuale lettura, sembrerebbe che ora la poesia di Giannicola si esprima in ritmi molto più ampi e verbalmente generosi. E forse anche più aperti alla commozione.
    Complimenti e auguri
    Pasquale Balestriere

    RispondiElimina