giovedì 10 gennaio 2019

LUCA BUONAGUIDI: "UNO STUDIO SUL NIENTE. VIAGGIO IN GIAPPONE"



Luca Buonaguidi. Uno studio sul niente.
Viaggio in Giappone.

Eccovi qui il viaggio di Luca Buonaguidi. Già la parola ci introduce in un mondo letterario a 360 gradi: Ulisse, Marco Polo, Paolo Rumiz, Bruce Chatwin, Dante, Moravia, Verne, Ryszard, Jack Kerouac....
E’ umano, immensamente umano ambire al viaggio, al nostos, noi nostoi sempre insoddisfatti del nostro essere. Ed è viaggiando, vòlti verso un ‘isola che forse non esiste, dacché quella che raggiungiamo non completerà mai del tutto la nostra sete di sapere, che soddisfiamo la natura della nostra inquietudine. Ed è il viaggio in sé, l’andare, il peregrinare, che vibra nelle nostre vene. Non importa arrivare, non importa attraccare, basta andare, viaggiare: è tutta lì l’essenza della nostra esistenza. Ed eccolo Buonaguidi sulla sua isola giapponese, ornata di fiori, architetture, e abbrivi orientali, a ricamare poesie di un realismo vivace e ontologico. Poesie che cristallizzano la sete di novità; di scoperta; di amore; di storia. L'Autore guarda, ammira, incamera, e detta. Il tutto scaturisce da un animo di forte intensità emotiva, dove persino la malinconia ci fa provare “Il piacere di essere tristi” (Hugo).

La notte è così triste
che qualcuno
si è messo a ridere.
Sumitaku Kenshin

Le immagini sono di plastica icasticità nell’accompagnare gli slanci emotivi; nel suggerire al poeta la strada da imboccare per raggiungere la Bellezza; tutto ciò che è nuovo e che incide sul nostro panorama esistenziale; ora con lo stupirsi della propria ombra:

Un grande parcheggio
vuoto accanto alla strada
lungo il fiume Saigawa.
Uno scenario comune
che qui e ora rivela
un segno mai scorto prima.
Viaggiare da soli
insegna a stupirsi
della propria ombra.
Da soli il nostro compagno
di viaggio e il fantasma
che ci cammina accanto

Ora con la visione di una bomba nel museo, mentre il fiume scorre, ricordandoci la precarietà del tempo:

(...)
Oggi il fiume e blu
e l’erba e verde,
ne rosso, ne nero piu.
Tutto e tornato al suo posto:
questa e l’acqua
e questa e la terra.
La Bomba
e nel museo, scolari
posano per le foto.

Ora con il risveglio del cosmo che veglia...

Sei una cosa
che accade
al pari di un fiore,
hai la tua stagione
migliore e un tempo
per diventare concime.
Respiri sempre entrambi
i momenti dormienti.
Li unisce il risveglio
nel cosmo che veglia
i passi che muovi
verso l’Intero.

E ora meditando sul ricordo: quando il tempo ha giocato le sue carte e le emozioni si sono riposate negli angoli dell’anima, tutto torna velato da una dolce malinconia, e tutto appare ingrandito nelle sua portata emotiva:

Questo e il ritorno
dal Giappone ancestrale:
volare e troppo veloce,
l’anima resta indietro
solo tra giorni si riunira
al corpo, il ricordo
del viaggio riempira la casa
che il viaggio ha svuotato.
Per questo sempre si riparte:
per fare spazio dentro
al tempo che ci e dato.

Insomma eccovi il viaggio di un’anima in cerca di se stessa, un viaggio in cui le cose, le persone, la natura, non fanno altro che concretizzare l’essenza spirituale di un navigatore verso l’isola della pace; di un mortale pronto a farsi vuoto dentro il tempo:

Voglio dedicare
la prossima vita
a sparire, al vento
e a farmi vuoto
dentro il tempo.

Nazario Pardini

Quarta di copertina
























"UNO STUDIO SUL NIENTE - Viaggio in Giappone" (Italic Pequod, 2018) con la postfazione di Patrick Colgan e fotografia di copertina di Andrea Lippi ,  è un diario di viaggio in versi sul Giappone, corredato  da fotografie itineranti e citazioni di scrittori, fumettisti, filosofi, monaci e viaggiatori che hanno ispirato i miei passi nell'isola di Honshū.  Il risultato è questo studio sul niente espresso in 21 cartoline geopoetiche - da cui l'opportunità del formato flipbook per l'edizione - devote alla tradizione giapponese di accompagnare parole a immagini perché, come scriveva Cesare Brandi, il Giappone “resta arcaico anche se è maestro di elettronica”. Il libro è irrorato di un un sentire noto con il nome di wabi sabi , una parola intraducibile che anima la concezione estetica giapponese, fondata sull’accettazione dell’impermanenza e dell’imperfezione delle cose, oltre che della loro ininterrotta relazione col soggetto che le osserva.  
A partire dal velo di significanze superficiali - tipico nel teatro del viaggiatore occidentale in Oriente - ho orientato il mio sguardo verso ciò che non appare eppure anima quest’isola enigmatica. Yukio Mishima soleva dire che “solo l’invisibile è giapponese” e quest’invisibile è la traccia che qui si testimonia del Giappone, di un viaggio e del niente. 
(Dalla sinossi dell’autore)

INTRODUZIONE
Al giorno d’oggi i racconti di viaggio abbondano,
forse perché avvertiamo che viaggiare potrebbe
presto diventare impossibile, tutto sarà “qui”
e “qui” non sarà nessun luogo in particolare.
Treni di notte in corsa nelle notti di Kyoto, Patrick Holland

Uno studio sul niente - viaggio in Giappone e il mio secondo taccuino di viaggio. Se in India comparsero appena trenta poesie in cinque mesi, in Giappone sono bastate poche settimane perche, come ha scritto Claudio Giunta, “in nessun altro paese del mondo la tentazione di dire la propria opinione
e tanto forte”.
Mosso dal mito del Giardino delle Quindici Pietre, da un apprendistato poetico allo Zen e da un’intera letteratura sul viaggio in Giappone, ho vagato da una parte all’altra dell’isola di Honshū come un flaneur e sono tornato con un diario diverso, con i versi a raccontare un viaggio ordinario in un paese straordinario e corredando il mio studio con fotografie itineranti e citazioni di scrittori, fumettisti, filosofi, monaci e viaggiatori che hanno ispirato i miei passi. Il risultato e questo “studio sul niente” espresso in 21 cartoline geopoetiche devote alla tradizione giapponese di accompagnare parole a immagini perche, come scriveva Cesare Brandi, il Giappone “resta arcaico anche se e maestro di elettronica”. Il libro e irrorato di un un sentire noto con il nome di wabi sabi, una parola intraducibile e che anima la concezione estetica giapponese, fondata sull’accettazione dell’impermanenza e dell’imperfezione delle cose, oltre che della loro ininterrotta relazione col soggetto che le osserva. Questo sentire si rivela per esempio nel gusto delle poesie haiku e declina l’atto stesso del viaggiare in Giappone come un “essere vivo e morto/ insieme”.
A partire dal velo di significanze superficiali - tipico nel teatro del viaggiatore occidentale in Oriente - ho orientato il mio sguardo verso cio che non appare eppure anima quest’isola enigmatica.
Yukio Mishima soleva dire che “solo l’invisibile e giapponese” e quest’invisibile e la traccia che qui si testimonia del Giappone, di un viaggio e del niente. (Dalla prefazione)



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