martedì 1 gennaio 2019

N. PARDINI LEGGE "LA DISTRUZIONE DI ARIANO. MELODRAMMA..." DI ANTONIO BOLOGNA


Premessa

Ecco il  melodramma, che sarà messo in musica quanto prima, di Antonio Bologna. L’Autore qui usa la metrica e il linguaggio dei librettisti dell'Ottocento, volutamente. Tutta opera di fantasia. Bologna ha scritto un importante saggio intitolato Manfrdedi di Svevia. Impero e Papato nella concezione di Dante. Fu pubblicato nel 2013 dall'Università Salesiana dove insegnava Composizione Latina e Metrica Latina e Greca. Ad Ariano Irpino ha tenuto diverse conferenze su Manfredi. Per cui è stato pregato di scrivere un libretto.

Titolo e trama:

ORAZIO ANTONIO BOLOGNA
L A  D I S T R U Z I O N E D I  A R I A N O
MELODRAMMA IN TRE ATTI

Il dramma si svolge nel 1255. Manfredi di Svevia, figlio di Federico II, si prepara a cingere di assedio Ariano Irpino, che, di orientamento guelfo, costituiva un serio pericolo nel cuore del Regno. L’importante centro, che occupa una posizione strategica di primissimo piano, non si arrende alle proposte di Manfedi e viene distrutta dalle truppe saracene al comando di Federico Lancia. 

Dopo la lettura

La trama è ben condotta ed equilibrata, presuppone conoscenza, studio, ricerca, ma soprattutto creatività. I personaggi emergono ben distinti con le loro caratteristiche comportamentali e il loro apporto allo sviluppo dell’azione. L’opera è congegnata per un eventuale progetto musicale, dacché il linguaggio, estremamente docile e armonico, strutturato in prevalenza su una base di sonorità settenaria, si presta a tale funzione in quanto risultato di un acuto lavoro di scavo storico e di adattamento alle esigenze culturali del periodo basilare del melodramma in questione.
1255, Manfredi, l’assedio, le truppe saracene al comando di Federico Lancia.  Tutto si amalgama in una visione di elastica trasposizione scenografica. Mi sembra già di assistere alla trama sulle note di un grande compositore che dà il meglio di sé in romanze centrali dal sapore austero verdiano, o lirico pucciniano, tipo Coro a boca cerrada, o morbido chopiniano, tipo Tristezza e Notturno, ad accompagnare, ora, l’avanzata verso la chiesa di un fitto coro di donne, che, vestite a lutto, invocano l’aiuto della Vergine, cantando in direzione del centro della piazza; ora, quando quasi all’alba, da un angolo esce Angelica.

Angelica
       Deserto è questo luogo,
       cupo deserto regna.
       Spero che qui vegna
       l’amore mio diletto.

Goffredo
       Vedo nel dolce aspetto
       la fiamma che il cor m’arde,
       l’ore, sebben sien tarde,
       rallegrino il mio spirto.

I momenti di passione si alternano a quelli di epica levatura in un mélange di forte connotazione umana; di forte soluzione storico-ambientale: dal trambusto di folla (donne, ragazze, anziani e, in prima fila, qualche soldato armato fino a un silenzio cupo, dove immagini contrastanti danno senso e movimento all’insieme), fino al lamento di Angelica che tanto sa di Tosca pucciniana a Castel Sant’Amgelo:

Angelica
       Hanno Goffredo preso.
Breve processo tenne
il Capitan crudele.
Ora a la trave appeso
pende senz’alma il corpo.
Or l’amor mio fedele
perduto piango e gemo.
Venia per questi calli;
insieme queste valli
scrutar m’era concesso.
Rapìa d’amore i sensi,
il suo de la sua voce,
vedeva i cieli immensi,
lontan sì morte atroce.

Per giungere, infine, alla tragica soluzione come ben si addice al melodramma: si odono rumori sinistri, voci concitate, grida di aiuto. C’è molta confusione. Il popolo nella piazza si divide in due cori, con le mani alzate. Angelica con il  Capitano sono davanti a tutti:

Primo coro
       Preda siamo dell’ira nemica,
       che le torri ne abbatte e le mura,
       salva tutti: con anima amica
       sopportiamo la trista sventura.
       Manda l’angel dal cielo e ci dica
       là nel cielo la sorte futura.
       Se ribelle il mio core ha peccato,
       da Te, Padre, ne sia perdonato.

Secondo coro
       Nostri pargoli in lacrime vedi,
       queste vergini forte proteggi

Da evidenziare la funzione del coro che dà energia e vitalità all’azione con pensieri, commenti, suggestioni, che si fanno linfa e fil rouge dell’opera; cori che sanno tanto di tragedia greca con i loro apporto attivo, carico di pathos. Insomma un dramma di non facile realizzazione espressiva e contenutistica che fa dell’autore un generoso scrittore, dotato di particolari doti creative, alla base delle quali necessitano potenza culturale, verbale, poetica, storica e umana.

Nazario Pardini

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